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“Ce n’est qu’un début continuons le combat!”

AUTORE:
Redazione
PUBBLICATO IL:
6 Marzo 2017
Editoriali // Foggia //

Foggia. ”Lo smantellamento del Gran Ghetto è la prima forte azione di contrasto allo sfruttamento dei braccianti agricoli Che i braccianti siano di origine extra comunitaria o comunitaria poco conta perché le organizzazioni criminali che li controllano hanno solide basi nei ghetti sparsi per tutta la nostra provincia.

Il Gran Ghetto era il ghetto più famoso perché conosciuto in tutto il mondo e diventato simbolo dello sfruttamento senza regole dei lavoratori in agricoltura, ma nel ghetto erano proliferate anche altre attività illegali divenute oggetto di indagini da parte della DDA che ne aveva disposto il sequestro con facoltà d’uso. Il “sistema ghetto” per la funzione di sostegno all’illegalità diffusa che permea l’economia agricola è il luogo dove proliferano nuove organizzazioni di tipo mafioso che oltre a controllare e fornire forza lavoro a basso costo, organizza anche altre forme di sfruttamento dei lavoratori migranti. Sfruttamento della prostituzione lungo le strade statali, controllo delle postazioni dove chiedere l’elemosina davanti agli esercizi commerciali in città, controllo dei semafori dove stazionano i lavavetri sono le attività più note e visibili da chiunque ma ci sono fondati sospetti che tra le attività meno visibili vi sia anche lo spaccio di droga..

Solo uno stolto può negare l’evidenza rimanendo legato all’idea che nei ghetti si eserciti solamente un “mutuo aiuto” tra poveri sfruttati. Solo uno stolto può non accorgersi dell’evidente collegamento tra le organizzazioni mafiose che controllano i ghetti e le mafie autoctone che, da sempre, taglieggiano agricoltori. Solo uno stolto può non rendersi conto che queste mafie forniscono non solo manodopera a basso costo ma anche manodopera scarsamente sindacalizzabile cui è impedita ogni azione di ribellione allo sfruttamento. Possibile che mai nessuno si sia accorto che durante il periodo invernale ci fossero più mezzi di trasporto che “residenti” nel ghetto? Forse qualcuno pensa che stare nei ghetti sia un segno di benessere collettivo? A chi non vuol vedere è utile ricordare la “strage di Portella delle Ginestre” avvenuta il 1 maggio 1947, di come i mafiosi hanno sempre contrastato la sindacalizzazione dei braccianti agricoli.

Nessuno potrà ridare la vita a Mamadou Konate e Nouhou Doumbia, uccisi da un incendio acceso nel tentativo di impedire lo smantellamento del Gran Ghetto. Di queste morti qualcuno dovrà rispondere e questo qualcuno è chi ha acceso il fuoco nell’inutile tentativo di opporsi al ripristino di una legalità per troppo tempo disattesa. Questa volta il Gran Ghetto non risorgerà dagli incendi appiccati per tentare di impedirne lo smantellamento, questa volta i boss del Gran Ghetto non potranno ricostruirlo velocemente per riadattarlo alle esigenze dei Caronte del lavoro..

Ora c’è bisogno d’incrementare l’offerta di alloggi temporanei per i lavoratori stagionali, e dalla Regione Puglia sono state individuate le aree dove erigere i “villaggi dell’accoglienza”, come c’è bisogno di stroncare definitivamente l’intermediazione illegale di manodopera attuando un controllo stretto del territorio per impedire il “traffico delle braccia”. Contrastare l’arrivo nelle aziende di forza lavoro sottopagata con perdita del raccolto è un deterrente ancora più forte dei controlli degli ispettori del lavoro. C’è bisogno di sostenere l’offerta legale di lavoro attivando processi che permettano l’impiego di lavoratori senza infrangere le leggi sostenendo le aziende che si affrancano dal sistema mafioso dei caporali/caponeri.

C’è bisogno di far comprendere alla Grande Distribuzione che il prezzo più basso dei prodotti agricoli non sostiene l’economia se questo prezzo basso vuol dire stipendi da fame. Pochi centesimi in più su ogni scatola di pelati possono aiutare a stroncare le nuove mafie emergenti. Ce n’est qu’un début continuons le combat era un motto della rivolta del maggio francese contro lo sfruttamento dei lavoratori e per cambiare il mondo, lo smantellamento del Gran Ghetto non è che un inizio, ora bisogna cambiare l’economia agricola”.

(Foggia 06 febbraio 2017, a cura di Giorgio Cislaghi – Circolo Che Guevara Foggia)

FOTOGALLERY ENZO MAIZZI

3 commenti su "“Ce n’est qu’un début continuons le combat!”"

  1. Ghetto San Severo-Rignano, Borraccino (SI): “Serve lavoro regolare, un errore lo sgombero violento”

    Una nota del consigliere Cosimo Borraccino, presidente della II Commissione

    Lo sgombero del Gran Ghetto di San Severo-Rignano è terminato, ma con esso non la situazione di emergenza per centinaia di migranti.

    Nonostante i ripetuti avvisi operati da associazioni, sindacati e anche da Sinistra Italiana, è stata condotta un’operazione di polizia molto dura nella quale testimonianze parlano di bombole del gas e macchine fatte saltare in aria e di una situazione tesissima tra i migranti e le forze dell’ordine in tenuta antisommossa, la presenza di caporali ha contributo ad accendere gli animi.

    Il fatto più grave, però, è che non si regista un reale piano per evitare che nel prossimo futuro vengano creati nuovi ghetti: ossia un intervento finalizzato ad offrire un’alternativa lavorativa ai braccianti della Capitanata.

    Ribadiamo ancora una volta, rivolgendoci al presidente Emiliano, al dirigente del settore competente Fumarulo e all’Assessore Di Gioia, che la Regione Puglia deve immediatamente, in vista dell’imminente inizio della stagione dei pomodori, procedere all’attivazione degli indici di congruità e alla riattivazione dei controlli con INPS e Guardia di Finanza.

    Chiediamo, inoltre, di conoscere l’ubicazione di tutte le strutture che stanno accogliendo i migranti.

    Contratti, diritti e lavoro regolare sono le uniche armi per impedire quanto accaduto in questi anni in Capitanata. /com

  2. Si faccia chiarezza sui morti di Rignano Garganico
    Lo chiedono, in nota congiunta, Arci Puglia e Arci Foggia

    La fretta con la quale si è definita la tragedia di Rignano Garganico, come evento non doloso, e il conseguente abbattimento di tutte le strutture, mal si sposa con quanto sta avvenendo in Capitanata, dove le forze dell’ordine sono bersaglio di spari e i caporali dettano legge su spostamenti e ripristino della legalità.
    Abbiamo chiesto più volte di sanare una situazione degradata e pericolosa e la morte di due ragazzi riteniamo sia organica ad una situazione di criminalità diffusa che vede i migranti presenti come merce di scambio di cui nessuno si fa carico, un luogo dei diritti negati e soprattutto un luogo dove le persone possono morire bruciate in situazioni poco chiare e si pensa si possa archiviare il caso come fortuito. Noi crediamo che dietro quelle morti vi sia altro, probabilmente una ribellione ai caporali che li trattenevano ancora o chissà cosa.
    Vogliamo chiarezza perché due perone morte non sono archiviabili, perche sono stati trattati da invisibili per troppo tempo ed ora che sono morti reclamano giustizia per loro e per tutti i loro fratelli che in ogni stagione vengono sfruttati nei campi senza garanzie, senza sicurezza, solo perché lo Stato italiano li costringe spesso in una situazione di irregolarità di cui, si sa bene, approfittano coloro per cui quelle donne e quegli uomini solo carne da lavoro.
    La nostra richiesta è che si faccia chiarezza e si scopra come e perché due lavoratori stranieri sono morti bruciati mentre era in atto lo smantellamento del ghetto e mentre le forze dell’ordine erano nella zona a presidiarlo.

    Davide Giove – Pesidente Arci Puglia
    Anna Caputo – Responsabile Asilo e immigrazione Arci Puglia
    Domenico Rizzi – Presidente Arci Foggia

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