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Quanta ipocrisia sulla Ru486

AUTORE:
Redazione
PUBBLICATO IL:
6 Aprile 2010
Editoriali //

vignetta proRu486 (facebook)
vignetta proRu486 (facebook)
Manfredonia – LO scorso mercoledì 31 marzo è partita dalla rossa Puglia del rieletto governatore Vendola la distribuzione della Ru486 negli ospedali autorizzati dalla L.194/78; ciò significa che dopo tre anni di sperimentazione all’interno delle stesse strutture, l’uso della pillola abortiva è adesso andato finalmente a regime, a disposizione delle donne che vorranno effettuare tale scelta e che rientrino nelle sette settimane di gravidanza.Di questo si dovrebbe parlare: dell’autodeterminazione della donna, cioè della libera scelta di cosa fare del proprio corpo. Invece si parla di tutt’altro: di cosa dicono le gerarchie vaticane, magari in prossimità del voto, oppure delle esternazioni dei neo-governatori (maschi) leghisti, che pagano subito dazio alla Curia, grati di quel sostegno elettorale.

COLUI che inventò nel lontano 1980 la Ru 486, l’endocrinologo francese Etienne-Emile Baulieu, ha così commentato di recente le polemiche in Italia sul farmaco: “Ho visto i titoli del quotidiano La Repubblica stamani e mi sono davvero stupito, mi sono detto: com’e’ possibile? E’ incredibile. Mi chiedo, dice, perche’ in Italia il dibattito e’ ancora cosi’ forte, e perche’ proprio ora? E’ un Paese democratico, si e’ liberi di avere opinioni diverse e poi, conclude, la scelta di usarlo é delle donne”. Già, come se fosse facile. L’orgoglio di far parte della regione apripista d’Italia, ad esempio, si è scontrato ben presto con una dura realtà.

La Ru 486 infatti non ha fatto in tempo ad arrivare in Puglia che è stata diffusa una notizia sconcertante: a Taranto tutti i medici delle strutture sanitarie pubbliche si sono dichiarati obiettori di coscienza. Ora, le ipotesi sono due, entrambe fortemente preoccupanti: la prima è che negli ospedali pubblici di Taranto non vengano effettuati aborti tout court; la seconda è che alcuni medici siano obiettori rispetto all’aborto chirurgico, ma tutti, si ripete, tutti si oppongano ora a quello farmacologico.

Se, come più probabile, l’ipotesi corretta è la seconda, non si capisce come tali medici possano opporsi ad una soluzione meno traumatica per la mente e il corpo delle donne qual è l’aborto tramite Ru 486. Le cautele predisposte dal Consiglio superiore di Sanità sono numerose e perfino superflue, a partire dall’obbligo del ricovero ospedaliero per almeno un giorno che non ha ragione di esistere considerato che: 1- l’aborto chirurgico è effettuato in regime di day hospital pur essendo più doloroso, invasivo, e psicologicamente e fisicamente devastante ; 2- nei tre anni di sperimentazione pugliese (ma al 2005 risale la sperimentazione in Toscana e Piemonte) la modalità adoperata è sempre stata quella del day hospital; 3- nei Paesi, beati loro, più geograficamente distanti dal Vaticano, dove la Ru 486 è usata da vent’anni, viene data addirittura in ambulatorio.

Cosa c’è in realtà dietro queste inspiegabili preoccupazioni? Quando si assiste a dichiarazioni che vanno contro la logica e l’evidenza, di soggetti che mentono sapendo di mentire, non si può fare a meno di notarne l’ipocrisia. La cosa peggiore è che vittime di tale ipocrisia, frutto di una inguardabile e nauseante alleanza tra la Chiesa e il centrodestra, che sia il lato godereccio del Pdl (anzi, meglio: puttaniere) o quello pagano della Lega, sono le donne.
Si specula ancora una volta sulla loro pelle: le stesse che sono costrette nel 2010 a reclamare pari diritti sociali, ad inseguire pari guadagni nel lavoro, le stesse che rivendicano il diritto a non subire violenze, a non essere vendute sulle strade, a decidere del proprio corpo autonomamente.

Si torna dunque al vulnus della questione: quell’autodeterminazione della donna, che la Chiesa ancor oggi si rifiuta di accettare, preferendo stringere patti scellerati con politici (cattolici solo di giorno) pronti ad abbracciarne le crociate antiscientifiche e soprattutto antigiuridiche non certo per sentire morale ma per volgare desiderio di incrementare il numero degli elettori. Bisogna chiedersi il perchè di tanta opposizione alla Ru 486 quando è, conformemente alla legge (la L.194/78 prevede la preferenza verso le “tecniche più moderne, più rispettose dell’integrità fisica e psichica della donna e meno rischiose per l’interruzione della gravidanza”), una modalità di aborto assai meno dolorosa di quella tradizionale. E’ inoltre meno rischiosa e dispendiosa, in quanto non necessita di anestesia, nè di sala operatoria (vantaggi dunque anche per il personale medico interessato e per i costi ospedalieri).
Ma soprattutto, si ripete, è causa di minori sofferenze e disagi per la donna.

E allora perchè opporsi?

Proprio perchè è un rimedio fin troppo “facile” e sbrigativo: la donna soffre poco, avverte solo lievi dolori (crampi, nausea e vomito); non viene sventrata, aspirata, non subisce emorragie di sangue.
E se la donna non soffre, come merita di soffrire dal momento che sta compiendo l’abominevole omicidio, non ha sensi di colpa, non ha cioè modo di sentirsi per quella che è, un’assassina e prima ancora una lussuriosa peccatrice. E’ la “volontà di punire” (copyright Natalia Aspesi) il peccato, la solita vecchia e cattiva abitudine ecclesistica a trasformare i peccati in reati, come se non vi fosse differenza alcuna tra ciò che è deprecabile eticamente e ciò che invece è antigiuridico, e quindi tra l’ordine della Chiesa e quello dello Stato.

Non si dovrebbe nemmeno ricordare che, invece, un aborto è sempre e comunque causa per la donna di sofferenza, e che costituirà per il resto della sua vita un pensiero incancellabile. Non si dovrebbe ricordare che in un Paese laico (art. 7 Cost.:”Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani»), come lo Stato non si ingerisce nella sfera spirituale e religiosa, così la Chiesa non pretende di dettare legge in quella temporale.

La Chiesa in un Paese laico e democratico ( che è dire la stessa cosa, a ben vedere: non ha senso una democrazia senza laicità) può esercitare la cd. potestas indirecta ( o mediata ) in temporalibus, cioè può influire sui fedeli elettori affinchè orientino le loro scelte nel senso da essa indicato, ma non può fare altro. Non può emettere diktat, non può pretendere che i politici seguano la sua volontà anzichè la Costituzione e le leggi. Non si dovrebbe nemmeno ricordare l’ovvio, cioè che, anzichè ai feti, le gerarchie ecclesiastiche dovrebbero pensare in primis a quello che quei feti diventano dopo qualche anno: bambini vittime dei pedofili, prelati e non, e invece sono colpevoli e complici silenzi; o adulti condannati a morte in tanti Paesi del mondo, ed ancora le scomuniche restano ben riposte.

Non si possono sprecare con facilità “scomuniche e anatemi” servono per le donne che abortiscono. In realtà, le interruzioni di gravidanza diminuiscono ogni anno. Per limitare il più possibile il numero degli aborti non si deve combattere la Ru 486, obbligando le donne a metodi più penosi e rischiosi, ma introdurre l’educazione sessuale nelle scuole, potenziare le attività cliniche e informative dei consultori, permettere la libera distribuzione dei contraccettivi di emergenza (la cd. “pillola del giorno dopo”, che in Europa è un prodotto da banco mentre in Italia occorre la ricetta medica, spesso negata), rafforzare le politiche atte a ridurre il disagio socio-economico delle donne e delle famiglie. Tutto il resto è ipocrisia, è bieca negazione dei diritti della donna. Come insegna Stefano Rodotà “laicità rinvia ad autonomia, e questa si declina come autodeterminazione”: come dire, se si nega il diritto all’autodeterminazione, si nega la stessa laicità dello Stato, e senza laicità non vi è nemmeno vera democrazia.
Italia, Europa.

O Italia, provincia della Città del Vaticano?

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“Possiamo scoprire il significato della vita in tre diversi modi: 1. col compiere un proposito; 2. con lo sperimentare un valore; 3. con il soffrire.” VIKTOR EMIL FRANKL

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