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Manfredonia, Human parla al cuore ma non sfugge alla retorica

AUTORE:
Redazione
PUBBLICATO IL:
8 Gennaio 2017
Manfredonia // Spettacoli //

Manfredonia. La neve ed il giorno festivo non hanno scoraggiato gli amanti del teatro che ieri sera si sono recati al Lucio Dalla per assistere a Human, di e con Lella Costa e Marco Baliani, con la partecipazione del giovane David Marzi e le musiche di Paolo Fresu e Gianluca Petrella.

Lo spettacolo vuol essere una riflessione sul nostro rapporto con lo straniero o più in generale colui che è altro da noi. E’ articolato in diverse scene che cercano di raccontare la migrazione con diverse voci e punti di vista. C’è il ragazzo che sul barcone guarda con un misto di pietà e sufficienza i compagni di viaggio stipati nella stiva perché “hanno pagato di meno”… I due pescatori italiani che si imbattono in un barcone di migranti: chiamare i militari ed andare via o fermarsi a soccorrere quei disperati correndo il rischio di affondare a loro volta? C’è la signora Tecla, il personaggio più ironico della galleria: veneta DOC, convinta che gli africani come i meridionali “non sono come noi”, ma i discorsi sui migranti della sua amica iscritta all’Università della terza età la fanno riflettere su “quanti mazzi di chiavi ci sono in fondo al mare…” Ci sono il soccorritore, la reporter sempre alla ricerca della foto più sensazionale, l’ambulante che si rivende gli oggetti appartenuti ai migranti che il mare restituisce. Ci sono Ero e Leandro, amanti sfortunati della mitologia classica, divisi dalle acque tempestose dell’Ellesponto, c’è l’Italiano medio che magari mangia tutti i giorni ma lotta con la precarietà del lavoro, la solitudine, la malattia e c’è l’immancabile amarcord dell’emigrazione italiana in America del primo Novecento perché “siamo stati anche noi migranti”.

Difficile giudicare lo spettacolo in maniera netta. Human parla al cuore e alla pancia e a tratti fa riflettere e commuovere, ma alcune delle sue voci sono topoi fin troppo ricorrenti del dibattito e della letteratura sull’emigrazione, e questo le rende a volte retoriche e finanche banali. Tuttavia allo spettacolo va il merito di aver provato a raccontare anche il pregiudizio, la paura, la diffidenza nei confronti dell’altro, senza giudicarle semplicisticamente come “razzismo”, ma mettendo in evidenza la loro complessità e umanità. Ogni scena propone spunti di riflessione giusti e veri sulla migrazione e la diversità, ma nega risposte e proposte concrete di azione fermandosi un attimo prima di essere costretta a darle. Ma forse se Costa e Baliani avessero risposte e proposte concrete sulla questione migranti farebbero i politici e non gli attori.

(A cura di Annapina Rinaldi, Manfredonia 08.01.2017)

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