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Sinfonie del razzismo e il nuovo feudalesimo che avanza

AUTORE:
Redazione
PUBBLICATO IL:
8 Febbraio 2018
Cultura // Editoriali //

I fatti di Macerata dimostrano che la nostra società sta scivolando pericolosamente verso una nuova deriva xenofoba. Non è il caso di soffermarsi in piena campagna elettorale sui mandanti morali di quel gravissimo episodio. Ma fanno paura, e pertanto vanno censurati, i commenti di consenso verso un atto criminale compiuto probabilmente da chi, forse a torto, si ritiene un folle.

Così come non vanno più tollerate quelle trasmissioni televisive che dalla mattina alla sera sembrano aver l’unico scopo di fomentare odio e di contrapporre, ad esempio, i terremotati italiani ai migranti, mentre alcune multinazionali indisturbate continuano la loro azione di accumulazione capitalistica ai danni dei paesi del terzo mondo da cui provengono gli stessi migranti.

Ed è ancora possibile e accettabile che sia tanto consenso intorno al concetto di “razza bianca” da difendere dall’invasione dei migranti? Una concezione dell’uomo e dei suoi valori che ha portato storicamente l’umanità sull’orlo del baratro.

Possibile che i tanti, che commentato in termini positivi l’atto scellerato di Macerata, non si sognino neppure per un attimo di analizzare le ragioni economiche ed etiche di quella che definiscono invasione. 

Nelle parole di tanti, troppi, che magari non vogliono essere definiti razzisti, suonano le sinfonie del razzismo puro quando si accostano alla parola migrante. Quei migranti arrivano sui nostri lidi – pochi lo sanno, molti fingono di non saperlo – ancora per le conseguenze dell’imperialismo e del colonialismo inglese e francese nel Medio-oriente e altrove, iniziato nel 1880, sempre alla ricerca del petrolio. Non tanto diversamente, poi, da come milioni di meridionali sono approdati a lidi settentrionali italiani ed esteri.

Chi pretende di vivere sulla propria terra senza l’intrusione di poveri che arrivano dal mondo intero può non definirsi razzista?
No, fino a quando non vi è coscienza che i poveri fuggono dalla propria terra a causa delle politiche economiche e delle logiche tuttora imperialistiche dei paesi più “ricchi”. Hitler, persino nell’ultimo giorno di vita, si vantò di aver compiuto il suo progetto di eliminare gli ebrei dalla Germania. Ebrei e quanti altri non erano di “razza ariana”. È la stessa logica con la quale tanti vogliono costruire recinti. E invece questi tanti, troppi, non dovrebbero prendersela con i migranti poveri, non dovrebbero inneggiare ad atti inconsulti e criminali, non dovrebbero parlare di buoni cristiani e di cattivi musulmani, non dovrebbero farne, pericolosamente, una questione di religione. 

Dovrebbero, invece, studiare, leggere, e allora potrebbero dire in maniera corretta ed etica: non vogliamo migranti perché lo spostamento di masse povere da un’area sottosviluppata e degradata in aree ricche e sviluppate, è il frutto, da sempre, di logiche coloniali e imperialistiche che si avvalgono di manodopera quasi a costo zero aumentando la loro rendita e la loro accumulazione capitalistica con conseguenze economiche e sociali negative per le stesse masse popolari dei paesi ricchi: diminuzione dei diritti, abbassamento dei salari, mancata integrazione di culture, possibilità di atti terroristici. 

Non è quanto tutti temiamo?
Certo, cerchiamo solo di non sbagliare parole e bersaglio, allora. Cerchiamo di contrastare la causa, non l’effetto. E le logiche neo coloniali e neo imperialistiche non hanno un’anima, non rispondono né materialmente né eticamente dei guasti che procurano nel mondo intero con quella avidità che ci fa pensare ad un liberismo che sempre più prende i contorni di un nuovo feudalesimo.

Prima che sia troppo tardi, impariamo a contrastarle queste logiche.
E, soprattutto, evitiamo di diventarne strumento.

A cura di Michele Eugenio Di Carlo

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