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VIOLENZA Aggressione ai Riuniti, Caporaletti: “Ho preso botte anch’io. Nei reparti come in trincea”

La direttrice del Pronto soccorso: "Strattonata, hanno cercato di prendermi a pugni, sono stata colpita a un braccio"

AUTORE:
Redazione
PUBBLICATO IL:
8 Settembre 2024
Cronaca // Foggia //

FOGGIA – Ha preso botte anche lei, Paola Caporaletti, direttrice del Pronto soccorso del Policlinico Riuniti di Foggia. Come altri colleghi. Ma non si arrende.

«La porta dell’ospedale è sempre aperta, l’unica che il cittadino trova a disposizione h24. Siamo il punto più esposto».

E non ha paura?

«Per quel che viviamo tutti i giorni, provo piuttosto demoralizzazione, rabbia. Tutti i giorni accadono diverbi e conflitti con i parenti dei pazienti.

Aggressioni fisiche. Prima di quella di cui tutti parlano oggi un’altra è avvenuta 3 mesi fa, mentre soccorrevamo una familiare di un paziente. Offese e botte, sono intervenute le forze dell’ordine. Siamo sempre il bersaglio, ora anche sul web».

Una giovane morta, medici barricati in una stanza, altri aggrediti, la polizia. Scenari da Far West arrivano dall’ospedale Riuniti di Foggia. Come vi sentite?

«Un disagio quotidiano per tutti noi, aggressioni fisiche e verbali, la maggior parte poi non viene segnalata dagli operatori. Io stessa sono stata ripetutamente vittima, come gli altri.

Tre mesi fa strattonata, hanno cercato di prendermi a pugni, sono stata colpita a un braccio.

Non era la prima volta. Non ho riportato un danno paragonabile a quello appena causato ai miei colleghi, ma non è pensabile si alzino le mani su chiunque».

Ne ha viste tante. Stavolta il peggio?

«Mai un’aggressione così importante. Anche noi ne usciamo sofferenti, provati quando si perde una vita.

Non ci si abitua mai alla morte, pur incontrandola tutti i giorni. Serve un’alleanza, l’unico modo che abbiamo per salvarci.

Medici e pazienti tutti hanno lo stesso fine: la cura della persona. Dovremmo camminare insieme. Chi aggredisce un medico, aggredisce se stesso».

AGGRESSIONE MEDICI, FOGGIA - SCREENSHOOT
AGGRESSIONE MEDICI, FOGGIA – SCREENSHOOT

Non sembra rassegnata. Ma come si spiega ciò che sta avvenendo?

«Con un problema di alterazione e di inesistenza di un sociale, che ha già ricadute. C’è chi ha studiato per prendersi cura degli altri e viene trattato così. C’è una svalutazione completa degli studi e delle competenze. La magistratura farà il suo corso, fermo restando la categorica condanna verso qualsiasi forma di violenza nei rapporti professionali e umani, non giustificabile anche davanti al dolore».
Quale è lo scenario?

«La ricaduta è quella di una nuova generazione che sempre più non sceglie di fare il medico e se lo fa non sceglie di fare l’ospedaliero, nelle categorie più specialistiche ed esposte a emergenza e urgenza».

Si evitano criticità e patologie complesse.

«Mi chiedo che medicina è, non avremo risposte ai nostri pericoli di vita, alle patologie che ci portano in pronto soccorso e nei reparti. Nelle nostre strutture c’è un 40% di medici di pronto soccorso in meno ma si sta chiedendo di continuare a lavorare come nulla fosse. La verità è che i ragazzi se ne vanno, non solo loro. Stiamo svuotando il sistema sanitario nazionale».

Come invertire la rotta?

«Quello avvenuto è un caso gravissimo ma la punta dell’iceberg di un quotidiano menato e aggredito, penso alla collega di Massafra, agli ultimi casi dei miei due infermieri di Foggia. Eppure la salute interessa tutti noi, tutti possiamo avere necessità.

Ma tutti nei reparti hanno difficoltà.

È cambiato il concetto e la cultura della malattia e della morte.

Assistiamo sempre più a richieste che non tengono conto della storia naturale della malattia e della stessa morte come fenomeno naturale.

Si vive di più, siamo abituati a trattare le malattie croniche, i modelli culturali di oggi ci propongono un corpo sempre giovane, negando vecchiaia e malattia».

Da qui il corto circuito. Come se lo spiega?

«O mi curi ora e subito, anzi decido io come ti aggredisco o ti denuncio. “Ho letto su dottor Google, ho sentito la vicina”.

Poi sono anni che segnaliamo la carenza di organico, i medici sono in difficoltà specie a portare avanti i pronto soccorso. Mi duole che non ci sia stato ancora nei cittadini un movimento di ribellione che abbia detto: muoviamoci, sta crollando un bene comune che tutti ancora ci invidiano. Non c’è stata una presa di coscienza, si continua solo a pretendere e lamentarsi di inefficienze reali o presunte».

Cosa è cambiato e cosa la spaventa?

«Sono convinta sia saltato un patto sociale di cura, come del resto per gli insegnanti. I medici curano, accolgono chiunque ma manca il riconoscimento della professionalità e del ruolo.

Non lavoriamo serenamente, ci sentiamo costantemente messi in discussione e contestati nelle scelte diagnostiche e terapeutiche. Ogni giorno compiamo scelte, questo clima non favorisce la serenità mentale che dobbiamo avere specie nell’emergenza».

Lo riporta ilmessaggero.it

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