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Istigazione o aiuto al suicidio? La Corte chiede al Parlamento. Che non risponde

AUTORE:
Paolo Cascavilla
PUBBLICATO IL:
11 Settembre 2019
Cultura // Editoriali //

Il 28 febbraio 2017 Marco Cappato si presenta ai carabinieri per dire che nei giorni precedenti si era recato in Svizzera per accompagnare a morire Fabiano Antoniani (dj Fabo), che tetraplegico grave non desiderava più vivere.

Il processo a Cappato è fermo. La Corte di Assise di Milano, chiamata a giudicarlo, il 14 febbraio del 2018 ha investito la Corte Costituzionale affinché si pronunci sulla legittimità dell’articolo 580 del Codice penale risalente al 1930; articolo dove si mette sullo stesso piano l’istigazione al suicidio e il sostegno offerto a chi per libera convinzione sceglie di morire. Per i giudici della Corte di Assise occorre distinguere tre comportamenti. Il primo è l’istigazione: si fa sorgere l’idea del suicidio là dove non c’è. Il secondo consiste nel rafforzare una scelta là dove vi sia un’intenzione flebile e blanda. Tali comportamenti invadono la sfera decisionale del soggetto, viziandone l’autonomia e la spontaneità. Entrambe queste condotte possono essere dovute anche a quelle sofferenze aggiuntive derivanti da carenze di assistenza e dall’assenza di cure palliative… Le persone che si sentono sopportate e poco amate non hanno in sostanza idea del suicidio, ma si rassegnano a questa eventualità per le condizioni materiali e le circostanze di vita. Il terzo è l’aiuto che agevola una morte desiderata, perché la vita non è più tale. Una morte che non può essere cercata con mezzi propri, ma attraverso un percorso che escluda ulteriori sofferenze.

La Corte Costituzionale ha esaminato la questione il 23 ottobre dello scorso anno, ed ha invitato il Parlamento a legiferare in merito, dando immediatamente notizia con un comunicato stampa, e rinviando, pertanto, la decisione sulla costituzionalità dell’articolo 580 al 24 settembre del 2019; una data probabilmente concordata con il governo, nella ragionevole speranza che il Parlamento italiano nel frattempo legiferasse. Il giudice costituzionale, infatti, è “legislatore negativo”, può cancellare una norma, ma non può disciplinare ex novo. La Corte Costituzionale riconosce che il divieto assoluto di aiuto al suicidio sacrifichi valori quali la dignità e l’autodeterminazione della persona, ma, come sottolineato dal Comitato nazionale di Bioetica, solo il Parlamento è in grado di regolare i temi delicati di fine vita: la differenza tra assistenza medica al suicidio ed eutanasia, le modalità per verificare la scelta libera e informata della persona, la difesa dei valori professionali del medico, le cure palliative.

Il Parlamento in un anno non si è mosso. La Costituzione italiana esprime una nuova concezione del diritto alla vita, l’inviolabilità della libertà individuale (nessuno è costretto a subire trattamenti sanitari non voluti); sulla stessa linea vi sono sentenze della Corte europea per i diritti umani e la legge sul biotestamento di due anni fa, nella quale si riconosce che ogni individuo possa anticipatamente indicare la propria volontà sul fine vita. Il Parlamento, quindi, avrebbe avuto un percorso nel quale inserirsi. Nemmeno ci ha provato. Né l’opinione pubblica è stata informata (solo i Radicali e la stampa cattolica hanno prestato qualche attenzione). Stampa, televisione, governo… nessun interesse. Aspettiamo ora la prossima occasione in cui l’opinione pubblica disinformata si divide in modo schematico, con organi di informazione “famelici” ed alla ricerca di notizie e di emozioni.

C’è poi un altro aspetto. L’art. 580 prevede la stessa pena sia per condotte che istigano che per quelle che agevolano il suicidio. Una pena da 5 a 10 anni che risulterebbe non ragionevole e proporzionata per chi magari ha semplicemente accompagnato in Svizzera un malato che non vuole più vivere.

Come si vede c’era e c’è molto da discutere. Un dibattito affascinante. Di questi temi si ha bisogno di parlare, temi che riguardano la vita e la morte, il sostegno e la cura, la libertà… Avrebbe potuto appassionare gli studenti a scuola e anche il pubblico dei talk show. Invece… Un’apatia civile, un’inerzia democratica da parte del presidente del Consiglio (Conte), delle due Camere, del Pd che sui diritti civili sembrava mostrare un certo interesse.

fonte futuriparalleli.it

A cura di Paolo Cascavilla

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