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EUROPEE Analisi del voto ed elezioni europee

Al termine delle due rilevanti tornate amministrative forse è possibile abbozzare un’analisi del voto in vista delle europee

AUTORE:
Lorenzo D'Apolito
PUBBLICATO IL:
13 Marzo 2024
Manfredonia // Politica //

Al termine delle due rilevanti tornate amministrative forse è possibile abbozzare un’analisi del voto in vista delle europee che si svolgeranno fra breve. In realtà non è necessario precisare che le elezioni locali, di regola, rispondono ad esigenze di ambito territoriale, ma è anche vero che la questione è più complessa e volendo si possono estrapolare alcuni dati specifici.

Innanzitutto, si può partire dal prendere in considerazione la geografia del voto stesso.

Se infatti la Sardegna risulta sintomatica delle tendenze del meridione d’Italia, l’Abruzzo è più indicativa della situazione generale, in quanto posta al suo centro e con la possibilità di incamerare le tendenze di provenienza sia dal sud che dal nord, a prescindere del valore dei singoli candidati “governatori”. Quindi, una volta estrapolato il possibile apporto di quest’ultimi, e tenuto conto del sistema elettorale di tipo maggioritario, si può sin da subito scoprire che in entrambe le due contese il valore dei due partiti populisti, Lega e Movimento 5 stelle, si è notevolmente ridimensionato, anche se non sembra così evidente. Infatti, hanno presidiato coalizioni opposte che bilanciandosi non hanno influito per nulla sull’esito definitivo delle due contese caratterizzate dal sistema bipolare.

Allo stesso tempo, vero è che il Movimento ha scarsissimo appeal nelle elezioni locali, e per certi versi lo stesso accade per la lega nei territori che non siano settentrionali, ma è anche vero che si può procedere al raffronto con le stesse tornate amministrative precedenti e il dato diventa più esauriente. Il Movimento 5 stelle scende da un 9,7% in Sardegna e un 19,7% in Abruzzo, conseguiti in entrambi i casi attraverso un proprio candidato alla presidenza nel 2019, rispettivamente al 7,8% e al 7%, in entrambi i casi ottenuti in coalizione con il campo largo.

Di conseguenza, se il far parte di una coalizione potrebbe averlo pregiudicato lasciando sul terreno un paio di punti percentuali in Sardegna, poi in Abruzzo la diminuzione è così eclatante che non può essere sottovalutata, soprattutto perché, per quanto si è detto, quest’ultimo non deve essere molto lontano dal dato nazionale.

Addirittura peggiore appare la performance della lega, che scende dall’11,4% delle regionali del 2019 al 3,7% attuale in Sardegna, e al 27,5% delle stesse regionali del 2019, al 7,6% attuale in Abruzzo.

Se queste sono le tendenze, i sondaggi che attualmente assegnano al livello nazionale al Movimento 5 stelle il 15,4% dei voti e alla Lega 8,1% (dati ultimi di SWG per La7 del 12.03.2024) sembrano alquanto generosi e con ogni probabilità entro breve saranno corretti al ribasso dagli stessi sondaggisti.

A controprova di tutto questo vi è che se si analizza il voto degli altri partiti maggiori in Abruzzo, cioè del PD e di Fratelli d’Italia si scopre che sono perfettamente in linea con la tendenza nazionale. Il primo ha ottenuto, infatti, il 20,3% dei consensi nel voto abruzzese, mentre per SWG si attesta intorno al 20,2% nel dato nazionale, mentre il partito di Fratelli d’Italia, unitamente alla lista di Marsilio Presidente che lo ha espresso, ha ottenuto all’incirca il 29,8%,
mentre si aggira intorno al 27,1% nel dato nazionale con una leggera sovrastima.

Oltre a questo, è possibile rimarcare il buon risultato che ha ottenuto il partito di Forza Italia, evidentemente a scapito dei partiti cosiddetti di centro, vale a dire Azione ed Italia Viva, visto che poi sono competitori diretti. Ciò significa che anche tale posizione si è bilanciata. Questi, ad ogni modo, i dati che appaiono più rilevanti, poi subentra l’analisi politica e naturalmente le opinioni possono divergere.

In linea generale si può dire che i temi populisti hanno fatto il loro tempo.

Prima la Brexit, poi la pandemia, poi il PNRR ed infine la guerra hanno fatto giustizia dell’antieuropeismo ad essi tanto caro. Attribuire all’Euro tutte le colpe delle deficienze economiche interne non ha retto all’avvento del PNRR, anche perché la moneta è solo il loro termometro, cioè il metro di misura del valore dei beni e dei servizi e quindi del PIL di un paese, che ha lo scopo appunto di aggregarli. Spezzarlo o sostituirlo non abbassa la febbre.

Allo stesso modo, nessun senso possono avere le battaglie anticasta quando ci si ricicla in altri partiti allo scadere dei due mandati o si introducono alleanze di governo, le più strampalate, al solo fine di conservare lo scranno parlamentare o governativo. Ma lo stesso è accaduto a proposito del vaccino AntiCovid, reso quasi obbligatorio appena sfornato, quando per anni si è tuonato contro quelli ormai vecchissimi e collaudati per i bambini. Oltre a questo, la guerra con ogni probabilità è stato il tema più ostico da affrontare e lo è tuttora. Inveire contro la Nato e in favore di Putin, votando in parlamento tutti i provvedimenti in favore dell’invio di armi in Ucraina è stato oltremodo destabilizzante.

Lo è stato per il Movimento 5 stelle con il governo Draghi, ma lo è soprattutto ora per la Lega nell’attuale governo Meloni. Dopodiché non è un caso che il partito di maggioranza relativa che esprime il presidente del Consiglio regge opportunamente, nonostante le numerose gaffes che una classe dirigente non adeguata sta accumulando, proprio perché quegli argomenti li ha abbandonati da tempo con una giravolta degna del miglior contorsionista e nel  momento esatto in cui ha guadagnato il governo del paese. Fatta questa premessa è evidente che la direzione Salvini è ormai al tramonto e difficilmente sarà in grado di superare indenne le elezioni europee.

DIRE

Ovviamente molto meglio sarebbe sostituirlo subito con l’enfant prodige Fedriga, presidente della regione Friuli, per elaborare una nuova linea politica o comunque per ritornare ai fondamentali, cioè al federalismo, alle tasse e all’immigrazione, mandando al macero le paturnie antioccidentaliste, ma così non sarà, quindi il tonfo è inevitabile.

Diverso è il caso del Movimento 5 stelle. In questi ultimi dieci anni ne ha fatte di ogni, però è anche vero che il bagno di umiltà all’opposizione, unito alle strategie comunicative di Travaglio e Casalino, stanno rallentando la inevitabile discesa. Interpretate brillantemente dal noto avvocato, rintuzza il Pd per contestarne la leadership e usando questioni puramente ideologiche come le due guerre in corso in cui l’Italia è assolutamente irrilevante per acquisire visibilità e una parvenza di spessore politico. Il problema è per quanto ancora potrà durare.

Sulla tematica antioccidentale è evidente che soffrirà la concorrenza dei partiti di estrema destra e sinistra, mentre con riferimento ai suoi due veri cavalli di battaglia, reddito di cittadinanza e superbonus, pare evidente che sono destinati all’oblio.

Quest’ultimo è ormai un lontano ricordo e comunque non è di alcun interesse per il suo attuale bacino elettorale, una volta che quello più conservatore è andato ormai perduto e riconquistato prima dalla Lega ante Papeete e poi dal partito di Meloni. Quanto, viceversa al reddito di cittadinanza esso è stato ormai incamerato furbescamente dal partito di Fratelli d’Italia, che per clientelismo ed assistenzialismo non ha nulla da invidiare a nessuno. Perché mai un attuale percettore dovrebbe rivolgere il suo sguardo al vecchio gentile concessore, quando l’attuale sembra assicurare maggiori garanzie di affidabilità?

Da questo punto di vista il partito democratico, nonostante la leadership ondivaga, non deve far altro che stringere i denti ed attendere quanto la storia dimostra ampiamente, e cioè che esiste uno zoccolo duro del partito stesso che non lo abbandonerà mai e non è di poco conto. Prima o poi l’illusione populista esaurirà definitivamente la sua spinta propulsiva ed il partito progressista egemone ne raccoglierà le spoglie. A quel punto, come sempre è accaduto, non dovrà far altro che conquistare il centro per ambire al governo nazionale.

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