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Abolite le tariffe agevolate per la stampa

AUTORE:
Redazione
PUBBLICATO IL:
13 Luglio 2010
Editoriali //

Abolite le tariffe agevolate per la stampa (immagine fonte: speculummaius)
Abolite le tariffe agevolate per la stampa (immagine fonte: speculummaius)
Manfredonia – SCRIVE Giovanni Sartori nel suo Homo Videns “la televisione, il video sta trasformando l’homo sapiens prodotto della cultura scritta in un homo videns nel quale la parola è spodestata dall’immagine”. Nella metafora di Sartori, sembra vincere pertanto l’immagine, un prevalere del visibile sull’intelligibile che porta a un vedere senza quasi capire. La televisione da sola non agevola l’informazione e la formazione del cittadino, ma impoverisce, al contrario, la partecipazione di un popolo sempre più disinteressato alla politica e alle questioni sociali. Allontanare il cittadino dalla possibilità di informarsi rappresenta una strategia pericolosa relativa alla volontà di determinare un assolutismo tanto politico quanto mediatico. In questo scenario di paradossale “taglio all’informazione” il decreto interministeriale entrato in vigore dal 30 al 31 marzo scorso, ha colpito duramente la spedizione di riviste, agenzie di stampa, lettere circolari, giornali del terzo settore e delle istituzioni no-profit, revocando le tariffe agevolate da sempre in vigore e imponendo che le spedizioni editoriali siano pagate a tariffa piena, come per tutti gli altri “prodotti postali”.

La Presidenza del Consiglio ha stanziato per questa spesa sociale appena 50 milioni di euro, cifre bastati solo per il primo trimestre di quest’anno, e l’ex ministro Scajola si è affrettato ad emettere un decreto per abolire le agevolazioni esistenti dal secondo trimestre in poi, provocando un insostenibile aumento dei costi, a carico di organizzazioni ed enti impegnati nel sociale. Mentre a numerose testate, con la stessa emissione del decreto, è stata “soppressa” la parola e la possibilità stessa di sopravvivere, questo perché sembrano quasi “non esistere diritti assoluti”, come affermato anche dal Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Ora però troneggiano i diritti negati, messi al bando in nome del profitto a discapito della libera informazione. Aumentare i prezzi della comunicazione tra persone e culture esprime la segreta e sottile intenzione di interromperla. “Siamo profondamente indignati per un provvedimento improvviso, non annunciato e che per la sua applicazione immediata sconvolge tutte le pianificazioni commerciali del mondo dell’editoria libraria”, commenta il presidente dell’Associazione Italiana Editori (AIE) Marco Polillo.

Anche l’Unione Stampa Periodica Italiana (USPI) ha espresso il suo disappunto e l’ha fatto in una lettera indirizzata ai Sottosegretari Gianni Letta e Paolo Bonaiuti, in cui si definisce l’approvazione del decreto “un fatto di inaudita gravità e potenzialmente idoneo a decimare concretamente un settore già in grave crisi come quello dell’editoria medio – piccola“. In aprile un tentativo di accordo tra Scajola, il sottosegretario alla Presidenza Gianni Letta, il vice ministro con delega alle telecomunicazioni Romani e l’amministratore delegato di Poste italiane, Sarni si rivela un fallimento. Poi uno spiraglio di luce quando un emendamento del 28 aprile ripristina in parte le agevolazioni per le riviste di associazioni no profit e che non usufruiscono degli spazi pubblicitari, per tutto il 2010. Nel 2011 entrerà in vigore la liberalizzazione dei servizi postali, mentre ora le tariffe sono ancora pubbliche. Le Poste non nascondono il disagio che senza il sostegno dello Stato, le tariffe non potranno ritornare come prima.

Obiettivo del Governo attuale è di risparmiare 250 milioni di euro eliminando le agevolazioni postali alle riviste e ai libri. Tutti questi provvedimenti deteriorano il “mercato” dell’informazione, col grave rischio di cadere in una voragine della libertà di stampa “condizionata” non solo da una crisi economica ma anche di vita democratica. Non esiste neanche una libertà assoluta, quella che gira intorno a poche testate editoriali che operano tra Roma e Milano, vicino ai Palazzi della politica, dell’economia e della finanza.

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