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LETTERA APERTA Siro Marasco: “Un incubo al Pronto Soccorso di Foggia”

Lettera aperta

AUTORE:
Redazione
PUBBLICATO IL:
15 Luglio 2024
Cronaca // Foggia //

riceviamo e pubblichiamo.

Foggia. “Quando pensi che non ci sia mai fine al peggio, ti accorgi che la ciliegina sulla torta la puoi mettere proprio nel momento di maggior bisogno o urgenza, a seconda della situazione. Tutto è accaduto l’11 luglio 2024 quando mia madre mi ha telefonato dicendomi di aver avuto un picco pressorio piuttosto importante (224 la massima, 184 la minima). Considerato che aveva preso, a distanza di un’ora l’una dall’altra, due compresse a rilascio graduale per abbassare la pressione, abbiamo deciso, a malincuore, di seguire il consiglio del suo ex medico di famiglia di recarci al Pronto Soccorso del Policlinico Riuniti di Foggia (di policlinico ha solo il nome).

Giunti lì intorno alle 22.15, ci siamo recati al pre-triage, dove dovrebbero esserci almeno degli infermieri a soccorrere tutti i malcapitati della notte (erano in tanti in fila, oltre a una quantità di ambulanze che continuavano ad arrivare da varie parti del capoluogo). Tuttavia, c’era solo un infermiere.

Dopo aver preso i parametri vitali e le generalità, ci ha indicato di attendere nella sala d’attesa di fronte al pre-triage. Entrati lì, mi sono accorto che non c’era alcun infermiere all’accettazione, nemmeno un vigilante a cui chiedere informazioni e poche persone (circa 7/8) che probabilmente erano lì da molto tempo (una donna con ago-cannula in vena attendeva dalle 16 circa). Non mi sono fermato e sono andato verso l’ingresso delle lettighe. Quando la porta si è aperta, mi si è offerto uno spettacolo immondo:

  • una donna abbandonata su una barella per insufficienza di posti;
  • un gruppo di addetti alla vigilanza che chiacchieravano ad alta voce, prendendo in giro chi chiedeva notizie dei propri cari all’interno della struttura di emergenza;
  • un numero considerevole di soccorritori e ausiliari che, anziché andare via, bivaccavano con qualche infermiere del posto, ostacolando le operazioni all’interno delle varie stanze dove si trovavano i pazienti;
  • una pattuglia del 113 con due agenti che erano lì per un intervento precedente e quindi impossibilitati a svolgere altri incarichi;
  • un continuo via vai di pazienti e accompagnatori che cercavano informazioni dagli addetti presenti.

Nel caos di quel momento, sono riuscito a entrare e mi sono accorto che c’erano solo due medici e pochi infermieri, insufficienti per servire un’utenza vasta come quella del capoluogo Dauno e gran parte della provincia… una vera follia!

Dopo quasi un’ora dal nostro arrivo (mia madre aveva ancora la pressione alta: 200 la massima e 94 la minima), è stata chiamata solo per dei prelievi e anche lei ha subito l’inserimento dell’ago-cannula in attesa “vana” di una visita da parte di uno dei medici, impegnati nella zona rossa per i casi gravi. Ho quindi deciso di chiamare le Forze dell’Ordine per cercare sostegno, ma dopo vari tentativi andati a vuoto, il centralino mi ha risposto che le auto impegnate in servizio quella sera non potevano recarsi presso il nosocomio foggiano perché intente in altre operazioni. Al centralinista ho posto un solo quesito: dobbiamo aspettare che succeda un putiferio per ottenere un intervento di chi dovrebbe sedare controversie e litigate piuttosto animate?

Dopo aver bestemmiato in non so quante lingue contro i vigilanti, i due poliziotti impotenti di fronte a quanto stava accadendo e dopo altre due ore di attesa nel nulla, ho deciso di rivolgermi a un infermiere affinché togliesse l’ago-cannula a mia madre per andare via da quel caos assurdo e recarci presso la guardia medica locale per un consulto. Così siamo potuti tornare a casa a un orario decente.

Quella notte (come, presumo, accada frequentemente lì dentro) siamo rimasti in ostaggio di una sanità inconcludente, inqualificabile e scarsamente professionale.

Questo contravviene alle minime forme di tutela che il Servizio Sanitario Nazionale offre ai suoi cittadini nei casi di urgenza e assistenza. Accogliere i pazienti nei servizi di emergenza significa essere funzionali alle mansioni preposte, evitando così quel senso di abbandono e frustrazione legato alla mancanza di riferimenti medici e socio-sanitari ai quali rivolgersi per avere conforto in determinate condizioni.

Sappiamo benissimo che la sanità italiana è in crisi grazie ai meriti e demeriti dell’intera classe politica nazionale e regionale (essendo la sanità di competenza regionale). Ora mi rivolgo ai consiglieri regionali della mia provincia e al Presidente della Regione: sapete bene in quali condizioni è ridotta la sanità, molti di voi hanno anche delle responsabilità se tutto ciò continua ad accadere. Ma mi chiedo… qual è la vostra reale utilità sociale e politica all’interno della compagine consiliare e di governo dell’intera regione?

Mi pare di capire che lo facciate solo per meri interessi politici e non per il bene del cittadino, altrimenti disagi di questo tipo non si verificherebbero. Si fanno prevalere principi tecnici e di bilancio a danno della qualità dei servizi per consentire risparmi che invece sarebbero utili anche per salvare una vita in più.

Abbiate la coscienza e il coraggio di dimettervi e vergognarvi per quanto siete imbarazzanti. PER VOI I CITTADINI SONO SOLO VACCHE DA MUNGERE NEL PERIODO ELETTORALE”.

Siro Marasco, Global Consultant 

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