MANFREDONIA (F0GGIA), 17/08/2022 – “Oggi ricorre l’anniversario della morte di Pino Rucher. Ho conosciuto il maestro in una situazione molto particolare: per circa una settimana è stato ricoverato nella stessa camera d’ospedale con il mio papà, a San Giovanni Rotondo.
Ricordo molto bene quel signore gentile che chiamava mio padre “Lilino”. Loro si conoscevano, erano nati a distanza di poche settimane uno dall’altro in case che erano a poche decine di metri una dall’altra. Ma io non sapevo proprio chi fosse. Sapevo che era il padre di Matteo, che conoscevo per le mie frequentazioni al Municipio, e col quale ho trascorso lunghi periodi nella sala d’aspetto antistante l’ingresso del reparto. Ma nulla del suo grandissimo passato artistico. Fu mio padre, successivamente, a raccontarmi la sua storia.
Lui parlava poco, e quando apriva bocca era sempre parsimonioso, ma quella volta mi sembrò proprio esagerare. Papà era un grande appassionato di musica, opera lirica e sinfonica principalmente, ma aveva una cultura musicale sconfinata. Pensai che gli elogi sperticati per quell’amico fossero frutto dell’affetto, o magari del naturale orgoglio campanilista verso un figlio di Manfredonia che ce l’aveva fatta. Poi invece un po’ alla volta mi documentai, e così scoprii che davvero ero stato a contatto con un mito.
Ebbi modo di incontrare ancora Pino Rucher, sempre in ospedale; lui riuscì a operarsi, papà no, e dovette fare chemio e radio. Una volta eravamo nel lungo corridoio di Casa Sollievo, lui ci vide e ci venne incontro per chiedere notizie, ricordo ancora la risposta di mio padre: “agrodolce, Pinu'”. “Prendiamo quello che viene” fu la replica compassata di Pino, che lo abbracciò per consolarlo. Mio padre morì circa un anno e mezzo dopo quel ricovero, a maggio del 1993, Pino ad agosto del 1996. Mi piace pensare che entrambi si incontrino, ogni tanto, in cielo e che il maestro intoni, con la sua chitarra, qualcuna delle melodie che tanto piacere davano a mio padre”.
Lo riporta Matteo Borgia su Facebook.
Forse all’epoca l’ospedale funzionava…oggi…entri nel poliambulatorio di Manfredonia e trovi un ragazzo in canottiera e pantaloncini, qualcuno vestito ordinariamente dietro a qualche computer…molte sale chiuse…sporcizia…nessun responsabile della struttura e chiunque sà usare un pò il computer può fare di te ciò che gli pare…
Manfredonia irriconoscibile…drammatica…scandalosa…una vergogna assoluta i suoi amministratori…che vergogna per parentele e collegati…
Comunque…in onore della pèrofesionalità…cosa è stato fatto a Manfredonia? C’è qualche memorial…istituto di musica dedicato…qualche concorso…qualche progetto a suo nome…per esempio per andare a San Remo?Ci dovrebbe essere qualche erede che ha anche ereditato il dono della musica…Cosa gli fanno fare?…almeno ciò che vorrebbe la mamma…
Per fortuna S. Giovanni R. e a pochi chilometri.
La mitica chitarra nelle musiche della “Trilogia del Dollaro” di Sergio Leone.
Indimenticabile
Me lo ricordo molto bene. Bravo chitarrista più del maestro Trotta (Giacomo-viale dell’Arcangelo),,tanto che meritó un posto nell’orchestra di San Remo di quegli anni. Era un amico di famiglia, distinto, sempre con la barba fatta e capelli a posti. Abitavamo in corso Roma a modesta distanza. Che fosse taciturno lo metto in dubbio anche perché il suo soprannome era “Chiacchiaróne”