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Assoluzioni processo Enichem, D’Angelo: “subordine al profitto”. Renato: “beffa”

AUTORE:
Redazione
PUBBLICATO IL:
18 Marzo 2011
Manfredonia //

Tribunale di Foggia (image: Tavoliereweb.it)
LA SENTENZA – Dunque, assolti anche in appello 10 ex dirigenti dell’Enichem Agricoltura (con riferimento anche a 3 deceduti), oltre a 2 esperti di medicina del lavoro, tutti accusati a vario titolo dei reati di disastro colposo e 17 omicidi colposi (fonte: Gazzetta di Capitanata). In base a quanto verificato e redatto alla Procura di Foggia e dalla Procura generale di Bari 17 dipendenti dell’ex stabilimento petrolchimico di Manfredonia erano deceduti di tumore nel corso degli anni a causa dell’esposizione prolungata all’arsenico, dispersosi nell’ambiente dopo lo scoppio di una torretta dell’impianto con successiva fuoriuscita di “10 tonnellate di materiale pericoloso”.

In base alla ricostruzione giudiziaria, sott’accusa non l’esplosione del lontano 26 settembre 1976 “ma quelle che la Procura riteneva insufficienti e/o inadeguate operazioni di bonifica dell’area inquinata“, possibile causa del disastro ambientale con conseguenti tumori e decessi.

IL VERDETTO – La terza sezione della Corte d’Appello di Bari ha dunque assolto i 12 imputati, confermato in modo integrale il verdetto del giudice monocratico Michela Valente della sezione distaccata di Manfredonia del Tribunale di Foggia, emesso il 5 ottobre del 2007. Una sentenza contro la quale c’era stato il ricorso dell’accusa. La Procura generale, dopo la richiesta respinta di riaprire l’istruttoria dibattimentale per la disposizione di nuove perizie, aveva chiesto di riformare la sentenza di primo grado e di condannare i 12 imputati, ora assolti definitivamente.

Nel processo d’appello hanno insistito nella costituzione di parte civile con la richiesta di condanna di alcuni imputati, fra i quali la Regione Puglia, il ministero dell’ambiente tramite l’Avvocatura dello Stato, Medicina Democratica, la Confederazione Unitariadi base e i familiari di Nicola Lovecchio, il dipendente dell’Enichem Agricoltura, addetto al magazzino, deceduto per una neoplasia polmonare il 9 aprile del 1997. Come detto, fu proprio la denuncia di Lovecchio nel settembre del 1996 ad originare l’inchiesta della Procura con il successivo rinvio a giudizio di 12 imputati nel gennaio 2002. Come riporta la Gazzetta di Capitanata, il collegio difensivo (avvocati: Michele Curtotti, Vincenzo Tizzani, Raul Pellegrini, Maurizio e Gianfranco D’Andrea, Angelo Giarda, Mario Russo Frattasi, Antonio Caruso e Giuseppe Carboni) aveva sollecitato la conferma della sentenza di primo grado, del giudice Valente, e in subordine “il non doversi procedere per prescrizione” dei reati.

Dunque, in base all’accusa i 12 imputati – secondo la Procura – avevano omesso di adottare una serie di contromisure per la limitazione dei danni causati in seguito alla fuoriuscita delle 10 tonnellate di arsenico, dopo lo scoppio di una torretta dell’impianto dell’Enichem Agricoltura. La dispersione nell’ambiente della sostanza avrebbe infatti determinato la morte di 17 persone (omicidi colposi, nonchè disastro colposo) a seguito della prolungata esposizione (6 anni – dal settembre 1976 al 1982 – il tempo di permanenza nell’aria) della sostanza. Da qui ai danni degli operai “una serie di tumori a polmoni, laringi e colicisti” con 17 decessi e 6 casi di lesioni. Complessivamente 1900 gli operai che sarebbero stati esposti all’arsenico nell’arco di tempo indicato.


LE ACCUSE
– Secondo la Procura gli operai dell’Enichem “non furono informati al tempo dei rischi causati dall’esposizione all’arsenico“. Inoltre “non furono impiegati operai specializzati nelle opere di bonifica dell’area” e “non si assicurò che i dipendenti usassero maschere protettive con filtri cambiati quotidianamente e tute impermeabili a tenuta stagna; non fu monitorato cicliclamente l’ambiente per verificare i livelli di concentrazione dell’arsenico nei terreni“, nè tantomeno “fu ridotto al minimo indispensabile il numero di persone alle quali consentire l’accesso nello stabilimento“. Ma tutte le accuse – secondo la ricostruzione giornalistica – “non hanno retto al vaglio dei giudici di primo grado” ed ora in appello.

Parole fine dunque per una vicenda partita 15 anni fa (denuncia 1996 Lovecchio) a meno che “la Procura generale non insista ricorrendo in Cassazione (anche se raramente la Suprema Corte ha annullato le sentenze d’appello che confermano i verdetti di primo grado, come nel caso di questa vicenda)

FOCUS, GLI IMPUTATIMario Campelli, classe 26, di Piacenza, deceduto, già direttore dello stabilimento Enichem Agricoltura di Manfredonia quando nel settembre 1996 ci fu l’esplosione della torretta con conseguente dispersione di 10 tonnellate di arsenico; Massimo Monti, 73 anni romano, “assistente per la sicurezza” dal 1974 e responsabile della sicurezza, protezione e igiene ambientale dello stabilimento di Manfredonia dal 6 aprile 1976. Paolo Visioli, 78 anni milanese, direttore dello stabilimento dal 2 maggio 1979 al 28 febbraio 1982; Marcello Fulgenzi, 69 anni di Manfredonia, responsabile della sicurezza e igiene ambientale tra il 1979 e il primo dicembre 1982; Mario Lanfranchi, 88 anni di Milano, direttore generale Petrolchimico Anic, ad poi presidente dal 23 dicembre 1981. Armando Mortara 80 anni di Milano, già responsabile della gestione produzioni chimica inorganica (cui faceva capo il direttore dello stabilimento di Manfredonia) ed in seguito direttore della divisione agricoltura; Luigi Farris, 83 anni milanese, responsabile di sicurezza, igiene ambientale e protezione ecologica; Annibale Del Bue, classe 1910, milanese, deceduto. Amministratore delegato dell’Anic dal 10 maggio 1976; Italo Ragni, classe 1916 deceduto, romano, presidente dell’Anic dal 10 maggio 1976; Gino Pagano, 90 anni, presidente dell’Anic dal 12 settembre 1980 al 10 dicembre 1981. Inoltre: Luigi Ambrosi, 81 anni barese, Vito Foa, 77 anni milanese, in qualità di “esperti in medicina del lavoro che prestarono la loro autorevole consulenza sulle misure di carattere sanitario” da adottare nella bonifica secondo quanto recitava il capo d’imputazione iniziale.

Complessivamente, nel processo di primo grado la Procura aveva chiesto 8 condanne per complessivi 23 anni e 8 mesi (con pene tra 2 anni e 4 anni di reclusione). 4 le assoluzioni: Visioli, Fulgenzi, Farris e Pagano.


LE VITTIME
– Fra le 17 vittime (fonte: GdM-Capitanata) contestate dalla Procura, tra ex dipendenti del petrolchimico ed operai dell’indotto: Nicola Lovecchio, operaio del magazzino insacco, deceduto per una neoplasia maligna polmonare il 9.04.1997; Michele Bottalico, addetto alle tramoggie e al controllo pesi, deceduto per neoplasia polmonare 23.08.1991, Michele Palumbo, addetto alla manutenzione meccanica, deceduto per neoplasia polmonare vescicale il 30.05.1989; Michele Ciuffreda, turnista, deceduto per carcinoma laringeo e polmonare il 23.10.1998. Elio Amicarelli, impiegato addetto al magazzino insacco deceduto per carcinoma polmonare il 14.05.1995; Raffaele Scapicchio impiegato addetto alla gestione dei programmi deceduto per carcinoma polmonare il 09.03.1993; Natale Suriano, cooperativa di facchinaggio L’Arcangelo, adibito alle attività di bonifica, deceduto per carcinoma polmonare l’01.08.1990, Luigi Trotta, saldatore elettrico ditta Imes, deceduto per carcinoma polmonare il 14.06.1989; Vito Antonio Montano, operaio insacco, adibito alle attività di bonifica, deceduto per carcinoma al polmone il 14.05.1992; Gaetano Bevilacqua, operaio saldatore turnista, deceduto per carcinoma colicistico il 24.06.1993; Rosario Pampina, manutentore meccanico adibito alle operazioni di bonifica, deceduto per carcinoma polmonare il 23.07.1989; Giuseppe Rinaldi, dipendente ditta Collicelli, adibito alle attività di bonifica, carcinoma polmonare la causa del decesso il 22.03.1997 Sebastiano Guerra, socio coop. facchinaggio Cap, deceduto per epatocarcinoma deceduto il 23.07.1997; Antonio Croce, dipendente Somit, dal 10 marzo 1971 al 16 novembre 1979, deceduto per adenocarcinoma del polmone il 21.09.1998; Attilio Maria Casagni, tecnico strumentista della Somit, adenocarcinoma al polmone deceduto il 09.05.1997; Carlo Mezzanzanica, tecnico della manutenzione adenocarcinoma al polmone deceduto il 05.03.2000; Gennaro Cascella deceduto nel luglio 2001

FOCUS, L’OPERA DI LANGIU, IL SACRIFICIO DI LOVECCHIO, GLI INDENNIZZI Focus

FOCUS, BONIFICA AMIANTO, RITARDI, MANFREDONIA E MESOTELIOMA MALIGNO Focus

DISASTRO ENICHEM, POLEMICHE PER LA “FONTANA DELLA VERGOGNA” Focus


LE AZIONI DI BIANCA LANCIA
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IL CONVEGNO Focus

Redazione Stato, gdf, riproduzione riservata

7 commenti su "Assoluzioni processo Enichem, D’Angelo: “subordine al profitto”. Renato: “beffa”"

  1. Non ci si deve stancare mai di sottolineare che sono spesso le stesse amministrazioni che agiscono in nome del profitto, autorizzando la costruzione di nuovi impianti nocivi (è il caso dell’inceneritore di Borgo Tressanti) strategicamente ai confini di altre comunità. Ed è anche il caso quando avviene la revoca della costituzione di parte civile al processo Enichem da parte dei comuni di Manfredonia (300.000 euro), Mattinata e Monte Sant’Angelo (75.000 cadauno), accettando gli indenizzi di Enichem. La maggior parte dell’indennizzo di Manfredonia l’amministrazione guidata da Paolo Campo aveva deciso di spenderla per un monumento a forma di ciminiera.

  2. e al posto della ciminiera cosa è stato fatto con quei soldi? Campo è ancora molto attivo in politca provinciale (?) perchè non si fa sentire? che fine ha fatto la pubblicazione sui tumori di quindici anni fa?

  3. Che gentaglia. Che persone ci rappresentano? Questo non è sdegno. Questo è vero schifo. E non mi riferisco agli imputati. Mi riferisco ai nostri politici, alle nostre “associazioni attive”. Non sono mai servite a niente. Siete solo capaci di esprimere il vostro sdegno tramite giornali. Ma ci siete andati a sentire la sentenza? In questi anni avete collaborato con la famiglia Lovecchio per affrontare meglio il processo? Vi lamentate della sentenza… Siete solo opportunisti. Quando è il momento di lottare sparite tutti. Legambiente, wwf e tutti gli altri… DOVE SIETE? Dove siete stati in questi anni? Paolo Campo qualche anno fa disse che è stato sbagliato il tipo di processo. Non ci si doveva appellare agli omicidi ma alla tragedia ambientale. Sig. Campo sono morti e stanno morendo centinaia di persone a causa dell’Enichem. E le bestie che hanno causato questo dovevano pagare. Dov’è lo sdegno dei manfredoniani? Dov’è questo popolo di addormentati eterni? Dov’è Riccardi? Dov’è Giandolfi? Dov’è il rispetto verso un operaio che ha dato la vita per tutti questi porci? Lovecchio affermava di avere un debito verso la società. Io mi sento di dire che gli unici ad avere un debito siamo noi, ma soprattutto politici e associazioni attive. Vergogna, vergogna e ancora vergogna su questo popolo di menefreghisti!

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