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Sul ponte sventola bandiera rossa. E la Gelmini…

AUTORE:
Redazione
PUBBLICATO IL:
18 Ottobre 2010
Editoriali //

La bandiera incriminata (image: essenzialeonline.it)
Foggia – CHE non rappresentasse il sogno erotico delle elite intellettuali del Belpaese lo si era intuito da tempo. Ma che la Mariastella facesse di tutto per esibire – egocentrica! – una parte di sé a coloro i quali dovrebbe avere tutti schierati dalla propria parte, è cosa da non credersi. La compìta ministra travestita da maestrina, questa volta, l’ha fatta veramente grossa. E, dopo studenti, docenti, mondo accademico e bidelli, ha mosso all’ira anche gli storici. In una domenica d’autunno, la prima d’aria frizzante; piuttosto che godersi il meritato riposo, la Ministra ha brindato al giorno di Nostro Signore facendosi scivolare in corpo le roboanti parole mattutine desunte dalla nuova Bibbia laica del governo: “Il Giornale”. Come dire: anche il Vangelo lo si produce in casa. Detto fuor da incisa, parliamo dello stesso quotidiano accusato dalla Procura di Napoli per la costruzione di falsi dossier contro l’amica-nemica Emma Marcegaglia, presidentessa di Confindustria.

La notizia è calda e croccante, golosa come i croissants serviti alla corte di Maria Antonietta nella Francia prerivoluzionaria: a Livorno – le dicono, perché, a saperlo leggere, il messaggio è tutto per lei – è in atto un nuovo caso Adro. Ma, badate bene, a parti (politiche) invertite. E se quando ci fu da agire nel paesino pede-alpino della bresciana occorsero otto giorni – otto! – affinché la macchina ministeriale si mettesse in moto chiedendo timidamente spiegazioni e passi indietro, per la città toscana sull’Arno, la Gelmini ha scomodato gli ispettori in giorno festivo ed in quattro e quattr’otto. Caffè, giornale, telefono e via, alle 12.30 gli occhi del Minculpot gelminico proiettati su Livorno, a scrutare ansiosi due drappi rossi di due partiti ormai ridotti al lumicino elettorale (Rifondazione e Comunisti Italiani), tagliati fuori dall’emiciclo parlamentare e finanche dalla rossissima giunta comunale toscana, sventolanti nei pressi della scuola materna “L’Alveare” (così recita un comunicato ufficiale stirato fino a tal punto su toni seriosi da far sbellicare dalle risate: “Il Ministero rende noto che è stata ordinata un’ispezione nella scuola dell’infanzia San Marco di Livorno. Il provvedimento si è reso indispensabile per verificare la notizia secondo cui sarebbe presente nell’istituto una bandiera del Partito dei Comunisti Italiani”).

Urgono precisazioni. Precisazione numero uno: le bandiere, malinconiche e malconce, sono state poste lo scorso 21 gennaio nel corso di una manifestazione pubblica in cui veniva celebrata la nascita del Partito Comunista Italiano. Nato, guarda caso, proprio in quel luogo, il celebre Teatro “San Marco”.

Precisazione numero due: nel suo cieco furore iconoclasta, la Gelmini – grazie anche alle goffagini cronachistiche delle sue fonti – si è fatta sfuggire un passaggio fondante. Ovvero che le bandiere con rispettivi simboli, erano poste alle spalle dell’ingresso dell’asilo, in una via per giunta transennata. Con sua buona pace, dunque, la fanciullezza livornese è da sempre a riparo dalle pericolosissime ideologie trinariciute, dal sindacalismo eversivo e dal sogno egualitario predicati dalla compagine riunita, 89 anni fa, nel “San Marco”. Non bastasse ancora, la zelante Gelmini non si sarebbe dovuta lasciar sfuggire che, a scanso di equivoci, all’asilo è stato anche cambiato il nome dall’originario “San Marco” nel già menzionato – e, siamo certi, più rassicurante “l’Alveare” – e che lo stesso teatro (in cui, narrano in testimonianze commoventi gli artefici della scissione dal Psi, già pioveva causa crepe nel soffitto nel 1921), distrutto nel corso della secondo Guerra Mondiale, non è stato più ricostruito.

Tutto materiale a disposizione del pensiero critico e delle menti funzionanti, più che bastevole a suffragare la teoria dell’abisso esistente fra Adro e Livorno. Tuttavia, non occorre un’erculea fatica per credere che, di quel luogo, di Amadeo Bordiga ed Antonio Gramsci, dei protagonisti di quei giorni e di quella scissione, di lotte e congressi, del Pci e del Psi, la Ministra non conosca uno stentoreo nulla. O, per lo meno, ne conosce la versione di qualche omologo italico dell’ignobile best seller (?), tanto caro al Capo, “Il libro nero del comunismo”.

Nella città labronica, inoltre, mai nessuno ha invocato plenipotenziari o interventi, né potenti avvocature d’ufficio o rimozioni storiche. Nessuna lamentela. Nessuna mamma spaventata. Nessun articolo prima di quello apparso sul pamphlet berlusconiano. Nessun revisionismo contro e/o anti-storico evocante la demoplutocrazia ebraico – comunista. Per di più, da titolare di Viale Trastevere, siamo portati a credere che la buona Stella del centrodestra di governo abbia sfogliato più di qualche libello al fine di informarsi delle vicende storico – politiche del nostro paese e di come, queste, si intersechino con la città di Livorno. In definitiva, il 1921 è nei programmi di storia da Aosta a Reggio Calabria…

ps. Pare che l’occhio della ministra, nei prossimi giorni, scandaglierà anche le spiagge chiedendo la rimozione delle bandiere rosse. Vietata, verosimilmente, anche la medesima segnalazione in occasione prossimi Gran Premi automobilistici d’Italia e di San Marino.

p.ferrante@statoquotidiano.it

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