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Come si uccide una professione

AUTORE:
Redazione
PUBBLICATO IL:
19 Maggio 2010
Editoriali //

Giornalismo e scrittura (media.panorama.it)
Giornalismo e scrittura (media.panorama.it)
Manfredonia – MENTRE cupe nubi si addensano sul futuro del giornalismo in Italia e le cronache raccontano del drammatico stato di crisi in cui versa la professione, è giunta la notizia dell’ennesima morte di un fotoreporter in servizio: Fabio Polenghi, 45 anni, free lance molto conosciuto nell’ambiente, dopo aver girato attravero settanta Paesi alla ricerca dei suoi reportage, era in Thailandia da tre mesi per conto di una rivista europea. Polenghi è morto questa mattina a Bangkok durante l’assalto finale dell’esercito all’accampamento delle camicie rosse, ucciso mentre era intento al lavoro che amava e che svolgeva da una vita. Polenghi rappresenta il dodicesimo professionista dell’informazione morto sul campo dall’inizio del 2010 (fonte: Reporters sans frontieres); gli altri erano impeganti come lui nelle zone calde del globo, dall’Afganistan all’Iraq, dallo Yemen al Pakistan, dalla Somalia alla Colombia. Erano lì per permettere al resto del mondo di conoscere cosa stava avvenendo, per assicurare ad ogni lettore il pieno godimento del diritto di essere informato.

IL DDL INTERCETTAZIONI – Ciò avviene, come dicevamo, mentre Governo e maggioranza lavorano alacremente per mettere il bavaglio all’informazione con il famigerato ddl intercettazioni, ora all’esame della Commissione Giustizia del Senato.

VERSO UNA MOBILITAZIONE NEL SETTORE – Sul piede di guerra contro il provvedimento sia i giornalisti, che nella riunione odierna della FNSI potrebbero decidere per lo sciopero, sia i magistrati dell’ANM, che non lesinano critiche alla riforma. Il commento più incisivo è stato forse quello di Ezio Mauro, per il quale si tratta di “una legge vergogna, è il potere che non vuole rendere conto all’opinione pubblica”. E’ una legge che, rendendo estremamente difficili, se non impossibili, le intercettazioni telefoniche ed ambientali, impedisce ipso facto le indagini della magistratura. Viene fatto credere che si vuole l’interesse generale, quando in realtà si vuole preservare i propri interessi particolari di Casta.

Viene propagandato come fine la tutela della privacy dei cittadini italiani, ma la verità è che, per salvaguardare se stessi, si immola, insieme alle indagini giudiziarie, la libertà di stampa e il diritto dei cittadini di essere informati, fondamento di ogni democrazia. Infatti il ddl non si limita a legare le mani ai magistrati, ma rende anche impossibile ai giornalisti fare il loro lavoro, ovvero informare: nessuna notizia potrà essere pubblicata su atti, nomi e verbali che riguardino inchieste in corso. I giornali sono obbligati al silenzio sino alla chiusura delle indagini preliminari (che in Italia arriva dopo 4-6 anni).

IL PROBLEMA OCCUPAZIONE, DENUNCE COORDINAMENTO GIORNALISTI – Ma ai giornalisti oggi non viene negata soltanto la libertà di stampa, bensì anche il diritto al lavoro. Lo dimostrano le cronache degli ultimi giorni. Il Coordinamento giornalisti precari della Campania ha denunciato l’esistenza di corsi per diventare cronisti ed ottenere l’agognata iscrizione all’albo: peccato che non si tratti affatto dei corsi ufficiali tenuti dalle scuole di giornalismo regolarmente riconosciute dall’Ordine nazionale.

PER FARE UN GIORNALISTA CI VUOLE UNA RACCOMANDAZIONE – Si vuole diventare giornalista? Allora bisogna pagare, anzichè essere pagati. Una vera e propria truffa, in grado solo di creare false aspettative ed ulteriore precariato in una professione che già ne è afflitta. Si scopre poi che tale malvezzo è diffuso in tutta la penisola, Bari compresa, e che anche il web pullula di offerte di corsi on line a prezzi variabili, con attestati finali utili per il tesserino.

BRICIOLE PER GLI OPERATORI – Cosa intasca il collaboratore, aspirante giornalista professionista? Solo una ricevuta fiscale dei compensi fittizi percepiti, una ricevuta “pro forma” che servirà a documentare il tirocinio; ma il malcapitato in realtà vede pagati i suoi articoli solo “su carta”, con compensi inesistenti su cui gli viene anche chiesto di versare la ritenuta d’acconto del 20%. Da 260 euro per un corso on line ai 5900 per uno di giornalismo radio-televisivo: come si vende il sogno di un lavoro in tempi di crisi.

LA RICERCA – Non meno sconvolgente è la realtà svelata dalla ricerca “Smascheriamo gli editori”, presentata ieri nella sede romana dell’Ordine dei giornalisti. Testate locali e nazionali, piccole e grandi (l’ Ansa, La Nuova Sardegna, Il Foglio, Il Riformista, Il Giorno, Libero, La Repubblica, Il Messaggero, Il Tempo, Il Tirreno, persino il giornale della Confindustria, ovvero Il Sole 24 Ore), tutte accomunate in un quadro drammatico: quello dello sfruttamento sottopagato dei giornalisti precari.

Si scopre così che un quotidiano paga un articolo 2,58 euro, a prescindere dal numero delle battute, e che un altro ha pagato un collaboratore con 20 euro forfettarie per decine di pezzi, per poi non pagarlo più. La “vergogna delle retribuzioni”, l’hanno chiamata, una piaga che affligge i free lance, vale a dire i precari dell’informazione, di tutta Italia.

C’ERA UNA VOLTA L’ORDINE (O FORSE NON C’E’ MAI STATO) – Pagati poco o nulla, oppure in ritardo di oltre un anno, o ancora con riduzioni del compenso con efficacia retroattiva. L’Ordine ha accertato la presenza in Italia di 5mila precari, pagati in media 8 euro ad articolo, con pagamento minimo di 2 euro. Se è vero che il precariato è un male che colpisce ormai ogni settore, è anche vero che il pagamento di un giornalista con soli 2 euro è una realtà mortificante e preoccupante per le sorti della libera informazione. Come può infatti un cronista in situazione di tale dipendenza economica a non essere debole e dunque ricattabile? Lo svilimento e l’enorme danno alla professione non possono che portare ad una pessima qualità dell’informazione e ad un servizio caratterizzato dalla fine del pluralismo e dell’autonomia personale, un quadro che si aggiunge a quello a tinte foschissime che si profila all’orizzonte qualore dovesse diventare legge il ddl intercettazioni.

5 commenti su "Come si uccide una professione"

  1. E’ veramente incredibile come il lavoro del giornalista, sia sottopagato in questo modo, davvero deplorevole, una professione che per chi la ama, ti fa morire purtroppo di fame…
    Io in ogni modo sono ottimista, credo che qualcosa cambierà, ora c’è la rete, c’è internet, infondo infondo chi vuole conoscere la vera verità la trova su internet, girando diversi siti, confrontando le notizie, e capire così qualcosa in più!
    L’importante è farsi una reputazione e con il mondo del web è facile avere un riscontro, cosi quando non ci sarà più la carta stampata che sarà destinata a scomparire, allora addio ai vecchi giornali che avevano il monopolio, saranno travolti da tanti siti che come il vostro sono imparziali e non hanno PADRONI alle spalle!

  2. a tutela della libertà di stampa riguarda tutte le classi sociali e professionali.. dopo ciò ci potrà essere solo la dittatura del deficiente del presidente del consiglio…. bisogna organizzare una protesta e dare solidarietà a chi farà lo sciopero… sensibilizziamo la popolzione.. NOI..I GIOVANI.. perchè il futuro è il NOSTRO… non facciamo solo parole e non pensiamo che non ci riguardi .. UN Pò ALLA VOLTA … MASCHERANDO MASCHERANDO CI STANNO FREGANDO… A TUTTI… per qualsiasi iniziativa noi siamo a disposizione….saluti

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