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Timbra cartellino collega, “non è reato sostituzione di persona”

AUTORE:
Redazione
PUBBLICATO IL:
20 Febbraio 2013
Casi e Sentenze //

Medici (St)
Medici (statoquotidiano)
Foggia – LA Suprema Corte non smette di “stupire” con sentenze davvero originali: “farsi timbrare il cartellino dal collega non comporta il reato di sostituzione di persona, ma solo un procedimento disciplinare carico del lavoratore”. La condotta di chi fa riportare sul cartellino marcatempo nella sua dotazione la presenza, non corrispondente alla realtà, sul proprio posto di lavoro, producendo effetti solo nell’ambito della sfera relativa al rapporto di diritto privato tra il dipendente ed il suo datore di lavoro, non è idonea ad integrare il reato di falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici (art. 479 c.p.), né integra il reato di sostituzione di persona (art. 494 c.p.), difettando l’attribuzione al soggetto attivo e la conseguente rappresentazione nei confronti dei terzi, allo scopo di indurli in errore per far conseguire a sé o ad altri un vantaggio ovvero per arrecare ad altri un danno, di connotati che, pur non appartenendogli, appaiono idonei a definirlo come una persona diversa da quella che egli effettivamente è ovvero rivestito di
uno stato o dotato di una qualità a cui la legge riconnette effetti
giuridici, che egli in realtà non possiede.

La Cassazione è, dunque, recentemente intervenuta su quei consueti, ma illeciti, “scambi di favore” che avvengono tra colleghi, quando si deve timbrare il cartellino di presenza. ( così Cass. 31/01/2013) Secondo i giudici in tale condotta non sono ravvisabili gli estremi del reato di sostituzione di persona. Si parla di reato di sostituzione di persona quando un soggetto, per ottenere un vantaggio, fa cadere qualcuno in errore, sostituendosi ad altri, attribuendo a sé o ad altri un falso nome o una falsa qualità.

Ad esempio si ha sostituzione di persona quando ci si attribuisca il nome di persona immaginaria; oppure si crei e utilizzi un “account” e una casella di posta elettronica servendosi dei dati anagrafici di un diverso soggetto, inconsapevole, con il fine di far ricadere su quest’ultimo l’acquisto di beni mediante la partecipazione ad aste in rete. Secondo i giudici della Corte timbrare il cartellino del collega, per farlo risultare presente, non rientra in questi casi. Infatti, seppur è vero che il datore di lavoro è caduto in errore, è anche vero che il collega non ha assunto l’identità del dipendente assente, limitandosi a timbrarne soltanto il cartellino.

Nel caso di specie, il lavoratore furbetto si è limitato a simulare un fatto inesistente (la presenza del dipendente assente sul posto di lavoro), attraverso l’utilizzazione della scheda magnetica del compagno.

Il fatto però che tale comportamento non costituisca reato
di sostituzione di persona, non significa che esso non sia un illecito comunque punito. Infatti, oltre ad essere un illecito disciplinare, potrebbe ricorrere l’ipotesi del reato di truffa. Dipendente avvisato, mezzo salvato!!!

(A cura dell’Avv. Eugenio Gargiulo di Foggia)

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