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”Il ponte borbonico sulle Tremiti e il sogno di ricostruirlo” (di Raffaele Vescera)

AUTORE:
Redazione
PUBBLICATO IL:
20 Settembre 2015
Isole Tremiti // Manfredonia //

il 19 settembre 1844, esattamente 171 anni fa, Ferdinando II di Borbone re del regno delle due Sicilie, era a Tremiti per verificare l’andamento della costruzione del ponte di collegamento fra le due isole maggiori, San Domino e San Nicola, attraverso l’isolotto del Cretaccio. Una visita lampo diremmo oggi, di poco più di tre ore, dalle 4 del pomeriggio: giusto il tempo di una ispezione su San Nicola abitata da circa cinquecento “coloni”, di ascoltare messa nella badia di Santa Maria di Tremiti, di impartire ordini e risalire a bordo del “real legno a vapore Celere”, per far ritorno a Napoli.” Così esordisce l’ingegnere Manfredoniano Michelangelo De Meo, nel raccontare la sua scoperta, ben suffragata da documenti d’archivio e da immersioni sottomarine fotografiche che documentano il ritrovamento dei pali di fondazione.

“La cronaca dettagliata di tale visita è contenuta nel rapporto inviato dal sottointendente del distretto all’Intendente della Provincia di Capitanata nel quale descrive con accuratezza di particolari, la ricchezza di “commestibili di ogni qualità” ed anche del “superfluo”, di botteghe e di attività artigianali varie operanti sull’isola” – prosegue il suo racconto l’ing. De Meo: “Il grande poi, e magnifico, si è la costruzione di un Ponte di Legno che unisce l’isola del Forte (San Nicola, ndr), con l’isoletta detta Cretazzo per facilitare l’accesso su di esso all’isola Grande Boscosa e coltivabile di Santomino”. Anche qui non mancano i particolari: “il primo braccio da S. Nicola al Cretazzo è completato interamente, è alto dieci palmi dalla cima dell’acqua” profonda “da dici a dodici palmi ed a consimile profondità si conficcano i travi che lo compongono; la sua lunghezza è di passi geometri centoventi e più, è solido tale da potervi farvi transitare pezzi di artiglierie”.

Dagli studi archivistici compiuti da De Meo, l’utilità del ponte era data dalla colonizzazione delle isole da parte di detenuti, che lì avrebbero svolto lavori (pagati) utili al loro reinserimento sociale. La colonia penale, infatti, più che un penitenziario era un illuminato esperimento sociale d’avanguardia, tipico della dinastia Borbone, altro che regno della negazione di Dio come millantavano a Londra e Torino. Il sagace ingegnere ha un sogno, ricostruire quel ponte per valorizzare le isole, e per recuperare la memoria storica e culturale del vecchio ponte. A tale scopo ha predisposto un progetto per eliminare le barriere naturali ed architettoniche e rendere accessibile il territorio attraverso percorsi e strutture idonee per disabili, portatori di handicap ed anziani; per consentire una maggiore fruibilità, abitabilità e aggregazione sociale tra isole e sia fonte di guadagno per il Comune e residenti:

“E’ una costruzione reversibile”- commenta l’ingegnere- “nel senso che se si decidesse di smontarlo si tornerebbe allo stato iniziale senza danni e tracce residue sull’ambiente come è successo in precedenza per il vecchio ponte già realizzato; incrementerebbe il valore scenico e panoramico consentendo una lunga e piacevole passeggiata panoramica tra le isole; creerebbe occupazione ai Tremitesi e destagionalizzerà il turismo, allungando le presenze anche ai mesi primaverili e autunnali; valorizzerebbe l’isola di San Nicola abbandonata a se stessa e in totale degrado; produrrà un introito economico e visibilità al Comune delle Isole Tremiti; ridurrebbe i costi di gestione sulle isole (basta una sola sede Comunale, un solo ospedale, una sola guardia medica, un solo eliporto, ecc…); possibilità di trasporto di merci anche in condizioni avverse del mare; non si impone sul paesaggio perché ecocompatibile e di dimensioni esigue; consentirebbe l’eliminazione dei costi di traghettamento che la Regione Puglia e il Comune delle Tremiti sostengono ogni anno pari a 55.000 euro per collegare le isole tra di loro con un numero di corse limitato“.

(A cura di Raffaele Vescera, facebook)

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3 commenti su "”Il ponte borbonico sulle Tremiti e il sogno di ricostruirlo” (di Raffaele Vescera)"

  1. Francesco, a differenza di tanti giovani, e giovani professionisti Manfredoniani che si vendono alla politica e non inseguono i propri obiettivi cercando di raggiungerli, da uomini liberi l’Ing. De Meo “combatte” per le proprie idee e per i propri obiettivi da vero professionista e non da servo. Avesse leccato il culo hai politici il Ponte l’avrebbe già realizzato ma lui vuole essere apprezzato per la sua professionalita’ e per il suo ingegno. Non per essere un leccasedere. Vedrai che prima o poi qualche paese straniero serio e non “buffone” come noi ce lo fottera’ l’Ingegner De MEO, poi tutti andranno a leccargli il sedere politici compresi. Tanto noi siamo così. Servi sciocchi della politica, senza personalita’, e siamo professionisti solo nell’asservilismo.
    Altro esempio di grande professionalità ispirata alla LIBERA informazione senza mai vendersi a nessuno e’ proprio la testata giornalistica che stai leggendo, Stato Quotidiano ed il suo Direttore che da uomo libero e’ riuscito ad imporre al mercato dei lettori il giornale raggiungendo dei numeri importanti di gran lunga superiori alle altre testate giornalistiche on line della provincia e forse anche della regione.
    Il servilismo non paga Francesco. Certo cio’ che ho scritto non ha nessuna attinenza con la tua persona.
    Grande Michelangelo, combatti sempre per le tue idee e per l’esecuzione delle tue opere frutto dell’ ingegno di un vero professionista non da servo.

  2. @Antonello se ci crede perché non investe i propri soldi oppure si trova un finanziatore che supporti la sua idea?
    una volta ogni tanto la vogliamo finire di chiedere all’amministrazione pubblica di fare qualcosa.
    Abbiamo dimenticato una regola molto importante:
    La PA deve soddisfare il bisogno delle persone e non della persona.

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