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CRIMINALITA' Foggia: pizzo negli appalti della sanità. Le dichiarazioni del pentito

Secondo quanto dichiarato il 22 febbraio dal pentito Giuseppe Francavilla Michele D’Alba inizialmente pagava una tangente di 2.500 euro.

AUTORE:
Redazione
PUBBLICATO IL:
21 Giugno 2024
Cronaca // Foggia //

FOGGIA – Secondo quanto dichiarato il 22 febbraio dal pentito Giuseppe Francavilla, considerato il cassiere del clan omonimo, Michele D’Alba inizialmente pagava una tangente di 2.500 euro. Tuttavia, ha lamentato che gli affari stavano andando male, ottenendo così una riduzione del pagamento richiesto. Queste affermazioni sono emerse durante il colloquio del pentito con la pm della Dda, Bruna Manganelli. D’Alba è un imprenditore di Manfredonia associato alle cooperative Tre Fiammelle e Lavit. La prima opera nel global service, mentre la seconda detiene un appalto di 170 milioni per il lavaggio di materassi e biancheria per le Asl pugliesi. Entrambe le cooperative sono state sottoposte a un’interdittiva antimafia dalla prefettura di Foggia, a causa del sospetto legame dell’imprenditore con la criminalità organizzata.

Il verbale di Francavilla, parte di un fascicolo chiuso ad aprile, evidenzia accuse contro D’Alba per favoreggiamento con l’aggravante mafiosa. Nonostante il suo nome sia emerso in una lista di estorsioni legate alla criminalità foggiana e nonostante intercettazioni che attestano richieste di pizzo, l’imprenditore ha negato di aver versato denaro al clan Moretti. La Dda ha pertanto richiesto che sia processato.

Le dichiarazioni del pentito supportano queste accuse, basate anche su intercettazioni della Squadra mobile di Foggia nell’ambito dell’inchiesta Decima Azione. Francavilla ha dichiarato di aver conosciuto D’Alba nel 2013 e di sapere che pagava il pizzo ai Moretti. Ha raccontato di aver pianificato con lui l’apertura di una lavanderia industriale, progetto che però è stato realizzato dall’imprenditore mentre Francavilla era in carcere per un’altra estorsione. Secondo il pentito, l’estorsione da parte dei Moretti è continuata fino al 2018, come dimostrato dai pagamenti regolari.

Il pentito ha anche menzionato il Don Uva, struttura sanitaria acquisita da una cordata di imprenditori, tra cui (all’epoca) D’Alba. Ha affermato che i Moretti hanno tentato di estorcere denaro a un altro socio, ma Francavilla li ha avvertiti del rischio di essere arrestati. Nonostante ciò, i Moretti hanno continuato con il loro tentativo e sono stati successivamente arrestati.

D’Alba, già indagato e interrogato dalla pm Manganelli nell’aprile 2020, ha modificato la sua versione a seguito delle intercettazioni dell’ordinanza Decima Azione. Ha ammesso di aver ricevuto richieste estorsive da Gatta e Tizzano, ma ha negato di aver pagato loro alcuna somma di denaro. Recentemente, Lavit ha chiesto di essere sottoposta a un controllo giudiziario, ma sia la Dda che la Prefettura si sono opposte, citando il rischio di connessioni con i clan e il fatto che la cooperativa è ancora controllata dalla famiglia D’Alba.

Lo riporta Lagazzettadimezzogiorno.it

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