Un breve squillo, seguito da una chiamata interrotta: il numero proviene dall’estero e l’utente, curioso o ignaro, richiama, precipitando nella trappola della truffa del wangiri.
Questa frode persiste da anni, con un aumento significativo dei casi recentemente. L’inganno si basa su un concetto apparentemente semplice: i criminali informatici chiamano gli utenti, interrompendo immediatamente la chiamata. “Wangiri” in giapponese significa, infatti, “uno squillo e giù”. Se la vittima decide di richiamare, viene dirottata verso un numero a pagamento che addebita costosi servizi telefonici e abbonamenti a servizi premium.
Gli esperti ritengono che questa truffa abbia avuto origine in Giappone, estendendosi poi a livello globale. Alcuni truffatori, per incentivare il richiamo degli utenti, lasciano messaggi nella segreteria. Spesso, le chiamate avvengono di notte o durante l’orario di lavoro per ridurre le possibilità di risposta. La truffa riesce solo se la vittima decide di richiamare, momento in cui l’obiettivo dei criminali informatici è far durare la chiamata il più a lungo possibile.
Le risposte possono provenire da assistenti virtuali o messaggi preregistrati, ma potrebbe esserci anche personale di un falso servizio clienti o di un’azienda che, con varie artimanze, cerca di prolungare la chiamata. Le tariffe aumentano in base alla durata della chiamata: più a lungo la vittima rimane in linea, più i cybercriminali guadagnano. La truffa del wangiri si dimostra semplice e redditizia, con costi minimi per i criminali che necessitano solo di un numero a tariffa maggiorata, l’accesso ai contatti mirati e la tecnologia per gestire l’inganno su larga scala.
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