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Favorirono latitanza Franco Libergolis, 14 misure cautelari

AUTORE:
Redazione
PUBBLICATO IL:
22 Giugno 2011
Manfredonia //

Li Bergolis fuori la caserma dei Cc
L'arresto di F. Li Bergolis fuori la caserma dei Cc (fonte image: Lastampa.it)
Foggia – I carabinieri del Comando Provinciale di Foggia (nucleo operativo, coordinamento colonnello Rocco Italiano, maggiore Pasquale Del Gaudio, capitano Cleto Bucci, tenente Roberto Petroli) e del Ros di Bari (colonnello Ruscigno) hanno eseguito stamane, in Puglia e Lombardia, con la collaborazione dei rispettivi Comandi, una misura cautelare emessa su richiesta della DDA di Bari (Direzione Distrettuale Antimafia, pm Giuseppe Gatti e Lorenzo Lerario), firmate dal Gip di Bari Giulia Romanazzi, nei confronti di 14 indagati per avere in concorso tra loro, con l’aggravante del metodo mafioso, favorito la latitanza di Franco Li Bergolis, arrestato lo scorso 26 settembre 2010 a Monte Sant’Angelo ( Focus arresto e Il silenzio dinnanzi al Gip di Bari). Libergolis era stato ritenuto a capo dell’omonima famiglia mafiosa egemone nel Gargano ed inserito nell’elenco dei 30 latitanti di massima pericolosità a livello nazionale nonché ritenuto responsabile di ricettazione, detenzione e porto illegale di armi da sparo e tentata estorsione. L’uomo è stato di recente (notizia del 12 maggio) condannato a 4 anni di reclusione, con esclusione dell’aggravante delle finalità mafiose, anche per la detenzione illegale e la ricettazione di una pistola calibro 7.65. Arma sequestrata dai carabinieri nell’appartamento di Monte Sant’Angelo dove Libergolis fu trovato (Libergolis era stato condannato all’ergastolo in primo e secondo grado nel maxi-processo alla mafia garganica e catturato il 26 settembre del 2010 dopo 18 mesi di latitanza). L’operazione è stata denominata Blauer, dalla marca delle camicie griffate indossate dall’ex latitante Franco Li Bergolis ad una festa di comunione.


I 14 INDAGATI GARANTIVANO A LIBERGOLIS “APPOGGI LOGISTICI E COLLEGAMENTO CON IL NUCLEO FAMIGLIARE, NONCHE’ BENI DI VARIO GENERE”
– Al centro delle indagini dei carabinieri del Comando provinciale di Foggia e del Ros, con la collaborazione “materiale” dei carabinieri del Comando Compagnia di Manfredonia, la rete dei fiancheggiatori che ha consentito al latitante Franco Libergolis di sottrarsi alla cattura garantendogli appoggi logistici, collegamenti con il nucleo famigliare e beni di vario genere, consentendo la piena operatività del clan Libergolis.


I NOMI
– I quattordici ordini di custodia cautelare – emessi dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia del capoluogo pugliese – sono stati eseguiti questa mattina dai Carabinieri del Comando Provinciale di Foggia e dai militari del Ros.

NOVE ORDINANZE IN CARCERE:
Emiliano Francavilla, 31 anni, di Foggia, a capo dell’omonimo clan (“Francavilla”), legato ai li Bergolis; Mario Clemente, 30, di Foggia; Alessandro Lanza, 32, di Foggia; Mario Lanza, 29, di Foggia, fratello di Alessandro; Enzo Miucci, 27, di Monte Sant’Angelo, sorvegliato speciale; Angelo Gioacchino Grilli, 32, originario di Manfredonia, rinchiuso nel carcere di Bologna – accusati di aver favorito la latitanza del boss Franco li Bergolis, con l’aggravante di aver agito per agevolare l’associazione mafiosa di appartenenza, denominata originariamente “clan dei Montanari”, riconducibile alla famiglia li Bergolis di Monte Sant’Angelo (art.7 legge 203 del 1991)

Emilio Franco, 55, originario del Salernitano, residente a Milano; Giulio Guerra, 21, originario di Monte Sant’Angelo, residente nel Milanese – accusati di detenzione, porto e commercio di arma illegale; Donato Bisceglia, 25, di Monte Sant’Angelo, accusato di tentata estorsione, con l’aggravante dell’art. 7 L. 203/91.

TRE ORDINANZE AI DOMICILIARI:
Umberto Buccino, 21 anni, di Manfredonia; Grazio Palumbo, 36, di Manfredonia; Antonio Lauriola, 46, di Manfredonia – accusati di aver favorito la latitanza del boss Franco li Bergolis.

DUE OBBLIGHI DI DIMORA:
Giuseppe D’Ambrosio, 27 anni, di Manfredonia; Vincenzo D’Ambrosio, 53, di Manfredonia – accusati di aver favorito la latitanza del boss Franco li Bergolis.

“GLI ELEMENTI NUOVI DEL’INDAGINE: FORTI LEGAMI CON IL CLAN DEI FRANCAVILLA-SINESI” – Dunque potrebbe non essere mai stato solo nei 566 giorni di latitanza il boss della Mafia del Gargano, Franco Li Bergolis – che sta scontando nel carcere di L’Aquila una condanna all’ergastolo per associazione mafiosa e omicidio, considerato all’epoca uno dei più pericolosi latitanti d’Italia, e catturato il 26 settembre dello scorso anno, a Monte Sant’Angelo (suo quartier generale). L’uomo potrebbe infatti essere stato sempre in compagnia di suoi fedelissimi, non solo del suo clan. “L’operazione antimafia di oggi – dicono gli inquirenti – dimostra che il boss del Gargano aveva stretto un solido legame con esponenti del clan Sinesi-Francavilla, storicamente riconosciuto come una delle batterie più pericolose della mafia foggiana che lo hanno assistito durante tutto il periodo della sua fuga. Questa la vera novità investigativa che apre nuovi scenari sulla mappa della criminalità organizzata della Provincia di Foggia, e che dimostra come il li Bergolis abbia cercato negli ultimi anni nuovi alleati”.


LE FESTE PRIVATE AI CUI PRESE PARTE L’EX LATITANTE
– Il sodalizio fra le due organizzazioni mafiose si rafforzerà al punto tale che il li Bergolis si troverà a partecipare anche a feste “private” del clan foggiano: nel giugno di due anni fa insieme alla sua famiglia il boss di Monte Sant’Angelo è presente alla prima comunione della figlia di Mario Clemente, pregiudicato foggiano legato ai Francavilla. Quest’ultimo metterà a disposizione le sue dimore per permettere al boss di non essere rintracciato durante la sua latitanza. Nel corso di questa (iniziata il 7 marzo del 2009), poi sia il gruppo di Foggia (guidato da Francavilla) sia il gruppo di Manfredonia-Monte Sant’Angelo (legati direttamente ai li Bergolis) si sono infatti presi letteralmente “cura del boss” accudendolo in tutte le sue necessità, sia di carattere pratico, sia di carattere sentimentale. Tutti gli arrestati si sono messi a disposizione del li Bergolis in modo non solo da facilitargli la latitanza fornendogli sicuri rifugi (fra Monte Sant’Angelo, Manfredonia, Zapponeta e Foggia), somme di denaro, armi, generi alimentari e di conforto, vestiti griffati, ma soprattutto garantendo al boss la possibilità di essere continuamente in contatto con la propria famiglia.

UTILIZZO CONTINUO DI SCHEDE TELEFONICHE “USA E GETTA” – IL RUOLO DEL BARBIERE DI MANFREDONIA – Il ricercato telefonava di contino a sua moglie e alla sua bambina utilizzando schede telefoniche “usa e getta”, alcune delle quali intestate anche a ignari utenti. Compito dei fiancheggiatori era anche quello di agevolare gli incontri della coppia. Va ricordato, a tal proposito, che la notte dell’arresto l’uomo si trovava proprio a letto con la propria consorte, nel centro di Monte San’Angelo, in una casa messagli a disposizione da uno degli arrestati. Identica disponibilità veniva offerta da un barbiere di Manfredonia: il suo salone era diventato una sorta di “deposito” temporaneo di pacchi che dovevano essere consegnati o ritirati dal boss, pacchi che contenevano biancheria sporca o pulita riconsegnata dalla moglie, ai viveri, ma forse anche altro. Alla propria famiglia il boss forniva non solo il sostentamento quotidiano, ma anche le somme che servivano per pagare gli avvocati. Alla moglie e alla bambina, poi, era solito inviare anche regali (un anello con diamante alla donna in occasione del suo compleanno, dei giocattoli alla piccola).


“IL BRACCIO DESTRO DI FRANCO LI BERGOLIS ERA ENZO MIUCCI, DETTO RENZINO”
I fiancheggiatori avevano, appunto, anche il ruolo di intermediari fra il loro capo e le due donne di li Bergolis. A loro toccava accompagnare la consorte del proprio capo dall’avvocato, con studio a Trani. A uno, invece, in modo particolare – secondo gli inquirenti dell’Antimafia di Bari e secondo i riscontri dei Carabinieri – toccava il ruolo di “braccio destro”: Enzo Miucci, detto Renzino, figlio di Antonio ucciso il 14 agosto del 1993, nell’ambito dello scontro tra i li bergolis e i Primosa-Basta-Alfieri. Riscontri basati sulle numerose intercettazioni oltre che sui più classici pedinamenti danno all’Autorità giudiziaria la certezza che il Miucci è stato molto spesso in compagnia di li Bergolis durante la latitanza. Così come è dimostrabile che a far compagnia al boss siano stati esponenti del clan Francavilla. “Insomma, un boss che, nei lunghi mesi di latitanza, è stato a casa, nel senso del proprio territorio – dicono gli inquirenti – ma che si è sentito anche molto a casa non solo per l’attività instancabile di favoreggiamento dei suoi fiancheggiatori, ma soprattutto per il clima di omertà generalizzata che ha caratterizzato il territorio del Gargano in quel periodo”. “L’arresto di li Bergolis, nove mesi fa, e quello dei suoi complici oggi è la dimostrazione concreta che quella cortina di silenzio e cecità che circondava la mafia garganica e foggiana si sta pian piano sgretolando”.

RICERCATO DALL’ESTATE DEL 2008 – Franco Li Bergolis, 33 anni allevatore nativo di Monte Sant’Angelo, era ricercato da oltre un anno, (7 marzo 2009), successivamente alla condanna emessa in primo grado dalla Corte d’Assise del Tribunale di Foggia. Anche se in verità i carabinieri erano dietro l’uomo da almeno due anni, dopo che nell’estate del 2008 era stato scarcerato per scadenza dei termini di custodia cautelare nel maxi-processo alla mafia garganica. La condanna a Franco Li Bergolis per omicidio, armi, droga e mafia (nonchè ad otto dei 10 imputati nel maxi processo cd Iscaro-Saburo) era stata confermata lo scorso 14 luglio 2010 dalla Corte d’Assise d’Appello di Bari, con pene complessive per 180 anni di carcere. In particolare, dalla Corte d’Assise del Tribunale di Bari ci fu la conferma del verdetto di primo grado, con assoluzione a Franco Li Bergolis “per il possesso di 13 fucili e 9 pistole che non incide sulla pena” (in primo grado: ergastolo per omicidio Mangini, 30 anni per mafia, traffico di droga, 4 per episodi di spaccio, 3 per estorsioni e 7 per episodi di armi, pena complessiva l’ergastolo – fonte: GR, GazzettaCapitanata). Nel maxi-processo contro la Mafia del Gargano Franco Libergolis è stato condannato in primo e secondo grado all’ergastolo (ad ottobre la pronuncia della Cassazione sul ricorso, fonte: gr, GazzettaCapitanata) quale mandante dell’omicidio di Matteo Mangini, il manfredoniano freddato il 2 settembre del 2001 per “contrasti legali probabilmente allo spaccio nel territorio di sostanze stupefacenti”. Un omicidio del quale sono stati accusati come “esecutori materiali” (fonte: GdM-C) Angelo Gioacchino Grilli ed Enzo Miucci, ritenuto braccio destro di Libergolis, in attesa di giudizio e coinvolti nelle 14 misure cautelari emesse stamane dalla Dda di Bari.

Come detto Franco Libergolis è attualmente rinchiuso nel carcere di L’Aquila sotto gli obblighi del regime carcerario del 41 bis. Franco Li Bergolis è figlio di Pasquale, ucciso nel giugno del 1995 nella città dell’Arcangelo causa un omicidio di faida, e nipote di Ciccillo (Francesco) Libergolis, u calcarul, patriarca della faida ucciso sempre a Monte Sant’Angelo il 26 ottobre 200. Come risaputo Franco Libergolis è stato ritenuto al vertice del clan dei montanari, con i fratelli Armando e Matteo, condannati a 27 anni e 26 anni e 6 mesi nel maxi processo contro la mafia del Gargano.

RITORNATO A MONTE SANT’ANGELO PER L’ANNIVERSARIO CON LA MOGLIE – SORPRESO NELLA SUA ABITAZIONE IN VIA VITTORIO VENETO – FATALE LA SUA VOLONTA’ DI RIAVVICINARSI AI PROPRI CARI – “Come avete fatto a trovarmi. Siete stati bravi, complimenti”. Sarebbero state queste le prime parole che Franco Li Bergolis avrebbe rivolto ai carabinieri che fecero irruzione della sua abitazione di Monte Sant’Angelo (in via Vittorio Veneto, dove l’uomo era in compagnia della moglie e dei figli, in attesa di festeggiare l’anniversario di nozze) dove il super latitante della faida del Gargano e’ stato arrestato. Nell’abitazione dell’uomo sarebbe stata ritrovata anche una pistola 7.65 con matricola abrasa e 40 cartucce, causa come detto della condanna a 4 anni di reclusione, con esclusione dell’aggravante delle finalità mafiose, per la detenzione illegale e ricettazione dell’arma.

Franco Li Bergolis: dopo il processo, oggi
Franco Li Bergolis: dopo il processo, oggi (St)
Fatale all’uomo potrebbe essere stata la volontà di riavvicinarsi alla moglie e ai figli. Una volontà forse espressa e portata a termine anche in passato. Ma in seguito alle attività di indagine dei carabinieri, intensificate negli ultimi mesi, l’uomo potrebbe aver commesso una leggerezza (in questo caso il riavvicinamento per festeggiare l’anniversario di matrimonio) così facendosi sorprendere nell’abitazione di via Vittorio Veneto. L’operazione era stata portata a termine nel giro dell’ultime 6-7 ore prima del blitz in casa dell’uomo. Dunque non sarebbero stati effettuati degli appostamenti specifici.

“REGISTA OCCULTO DEI RECENTI OMICIDI DI MANFREDONIA” – Secondo gli inquirenti, in questi due anni di latitanza Li Bergolis è stato il regista occulto degli ultimi fatti di sangue, compresi quelli avvenuti l’estate scorsa a Manfredonia. “Il pericoloso ricercato, nelle ultime ore, era tornato a Monte Sant’Angelo – dicono gli inquirenti, attraverso una nota stampa del Tenente Colonnello Rocco Italiano, comandante del reparto operativo di Foggia – perché domani, 27 settembre, è il suo anniversario di matrimonio e per questo aveva raggiunto la moglie, con la quale è stato sorpreso mentre dormivano – nella casa era presente anche sua figlia, di 5 anni – all’irruzione dei militari, pur armato di una Beretta, proprio per la presenza dei suoi familiari, non ha opposto resistenza e si è arreso”.

IL PROFILO CRIMINALE: LE ALLEANZE – Il Li Bergolis appartiene allo storico clan dei Montanari, originariamente capeggiato dallo zio patriarca Francesco che opera sul Gargano dagli anni ’70, In tutti questi anni il clan Li Bergolis ha potuto contare sulle alleanze con il clan Martino di San Marco in Lamis, il clan Ciavarella di Sannicandro Garganico, e Padula-Zimotti di Apricena, ed altri ancora. Nel 2004 il clan Li Bergolis aveva subito un pesante ridimensionamento con l’indagine “Ascaro-Saburo-Perseveranza”: numerosi affiliati erano stati arrestati. Di qui i due processi prima in Corte d’Assise a Foggia e poi in Corte d’Assise d’Appello a Bari che si è concluso solo due mesi fa.

LA FAIDA DEL GARGANO, L’ALLEANZA E IN SEGUITO DISTANZA FRA I ROMITO E I LIBERGOLIS – Il 32enne Franco Li Bergolis era stato ritenuto a capo del clan montanaro dei Li Bergolis da anni coinvolti nella cd Faida del Gargano, inizialmente alleati, nella lotta contro i Primosa/Alfieri, con il clan dei Romito di Manfredonia. In base a quanto emerso dalle indagini i Li Bergolis si sarebbero alleati con i Romito di Manfredonia per espandere le loro attivita’ economiche illecite nel territorio. Nel corso del processo, invece, è scaturito che alcuni dei Romito erano confidenti dei carabinieri. Anche per questo motivo, per gli inquirenti, sarebbe nata nell’ultimo anno un’altra faida tra gli ex amici: i Li Bergolis e i Romito. Una nuova guerra che ha causato omicidi eccellenti come quello di Franco Romito, ucciso a Siponto il 21 aprile del 2009. Franco Li Bergolis è fratello di Armando e Matteo (in carcere dopo le condanne per mafia, droga ed estorsioni – vedi Focus Corte d’Appello di Bari). Il latitante preso stamane dai Ros di Bari è il figlio di Pasquale, ucciso il 15 giugno del ‘95 davanti casa a Monte Sant’Angelo e nipote di ‘Ciccillo’ Li Bergolis, ucciso a 66 anni a Monte Sant’Angelo lo scorso 26 ottobre

Redazione Stato, riproduzione riservata

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