La Procura di Foggia ha richiesto la condanna all’ergastolo con 18 mesi di isolamento diurno per Giuseppe Rendina, un 47enne di Trinitapoli accusato del duplice omicidio di Gerardo e Pasquale Davide Cirillo. Padre e figlio, rispettivamente di 58 e 27 anni, sono stati brutalmente assassinati nei campi tra Cerignola e Manfredonia. L’accusa, rappresentata dal pm Marangelli, ha contestato a Rendina anche l’aggravante della premeditazione, che porta alla richiesta della massima pena.
Lo riporta foggiatoday.it.
Il processo, giunto alle fasi finali, si sta svolgendo davanti alla Corte d’Assise di Foggia, presieduta da Mario Talani. Oltre a questo caso, Rendina è imputato in un secondo procedimento per l’omicidio di Giuseppe Ciociola, un agricoltore di 59 anni, ucciso nel marzo 2022 in un casolare di campagna a Zapponeta.
Rendina, attualmente detenuto, ha confessato il duplice omicidio dei Cirillo, affermando: “Li ho uccisi perché mi sono visto senza scampo.” Tuttavia, ha negato qualsiasi coinvolgimento nell’omicidio di Ciociola. Il processo riprenderà a settembre con la discussione delle parti civili, rappresentate dall’avvocato Michele Pio Pierno, e proseguirà ad ottobre con la difesa, affidata all’avvocato Francesco Paolo Ferragonio. La sentenza è attesa entro la fine dell’anno.
La tragica vicenda ha avuto origine da un debito di 20.000 euro che Rendina aveva contratto con le vittime e che queste pretendevano di riavere. Il 31 luglio scorso, i corpi dei Cirillo sono stati ritrovati il giorno successivo, nascosti sotto teli agricoli e coperti da tubi per l’irrigazione. Le indagini si sono rapidamente concentrate su Rendina, arrestato il 3 agosto nella sua abitazione di Trinitapoli, con prove video che hanno documentato il prelievo.
In aula, Rendina ha raccontato come i Cirillo gli avessero prestato denaro con un tasso d’interesse mensile del 15%. Ha descritto la minaccia ricevuta quella mattina da Gerardo: “Sono un uomo pericoloso,” gli aveva detto, aggiungendo che sapeva che il figlio Davide portava sempre una pistola nel marsupio. Queste tensioni e le minacce ricevute lo hanno spinto, secondo la sua confessione, a commettere il crimine per paura di essere ucciso.
La comunità locale è stata profondamente scossa dalla vicenda, che ha messo in luce la pericolosa rete di prestiti usurari e violenza che affligge alcune aree rurali della Puglia. Mentre il processo continua, l’attenzione rimane alta sulla giustizia che si cerca di ottenere per le vittime e le loro famiglie.
La Procura insiste sul fatto che la premeditazione dell’omicidio, evidenziata dalla meticolosità con cui i corpi sono stati nascosti, meriti la massima pena prevista dalla legge. La difesa, tuttavia, cercherà di smontare questa tesi puntando sulla presunta immediata reazione di paura e la pressione esercitata dalle vittime sul debitore.
Il caso di Giuseppe Rendina è destinato a diventare un importante punto di riferimento nella giurisprudenza locale riguardo alla gestione dei prestiti usurari e delle conseguenti reazioni violente. Mentre la giustizia segue il suo corso, la vicenda rimane un monito sulla necessità di affrontare le radici economiche e sociali che possono portare a tali tragici eventi.
Lo riporta foggiatoday.it.
Direi che sarebbe proprio il caso