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FESTA PATRONALE Manfredonia. Una festa patronale scomoda. Il controcanto di Maria

Da quello che si vede, invece, la festa patronale sembra più una macchina turistica che un'occasione per un ripensamento radicale della propria vita personale e civile

AUTORE:
Michele Illiceto
PUBBLICATO IL:
24 Agosto 2024
Manfredonia // Notizie in piazza //

E’ cominciata la novena a Maria SS. di Siponto, e con essa ci si prepara a celebrare la tanto attesa festa patronale. Ed ecco che ogni anno, puntualmente, si verifica una cosa molto strana: accade che tutti si accorgono, ad un tratto, della figura di Maria. Ignorata per il resto dell’anno, la Madre di Dio (Theotòkos, come è stata definita nel Concilio di Efeso del 431), ora viene evocata da ogni parte. Sbandierata e utilizzata come simbolo di un evento che la città aspetta di celebrare per misurare la propria tenuta.

Lo fa la politica, che deve mostrare quanto è brava nello stilare un programma che l’aiuti a rafforzare il consenso ricevuto. Lo fanno le associazioni culturali e sportive per dire alla società quanto sono attente alle dinamiche del territorio. Lo fa la Chiesa locale che utilizza una tale opportunità con l’intento di risvegliare nel popolo una fede che pare invece essere totalmente assopita.

Da quello che si vede, invece, la festa patronale sembra più una macchina turistica che un’occasione per un ripensamento radicale della propria vita personale e civile da mettere in atto alla luce della fede mariana, che altro non è che una fede evangelica.

A dire il vero non so se ci conviene prendere Maria come esempio da imitare. Maria, a guardarla bene, è un personaggio molto scomodo, poco consolatorio, una sorta di coscienza critica che trafigge tutte le nostre farse, le nostre ipocrisie, smaschera i nostri sotterfugi, demolisce i nostri compromessi, e, soprattutto, ci rivela che in giro se c’è ancora un poco di religione, essa tuttavia è poco radicata nella fede.

Ma si sa, queste cose servono più per fare andare in scena una sorta di consumismo religioso che con la fede popolare non ha niente a che fare. La vera domanda allora è un’altra: “che cosa, dopo la festa, resterà di mariano e di evangelico nelle famiglie, nella vita personale di ciascuno, nella vita di coppia, nelle relazioni sociali, nella psicologia dei nostri giovani, nella distribuzione della ricchezza, nel modo di fare impresa, nel nostro modo di rapportarci all’ambiente e al prossimo, nel nostro essere e fare comunità, nel rispetto delle regole? Quale cambiamento apporterà la celebrazione della festa patronale nella coscienza individuale e collettiva? Quale insegnamento Maria lascerà a questa città?  Cambierà il modo di pensare? Cambieranno gli stili di vita? O tutto resterà come prima, se non peggio?

Che cosa può insegnarci Maria alla luce del Vangelo?

Anzitutto Maria ci chiede di fermarci e di guardarci dentro, per fare un bilancio della nostra vita e verificare su quali basi la stiamo costruendo: se, come dice il Vangelo, sulla sabbia delle cose facili o futili, sulla banalità, sugli interessi privati e sull’egoismo, oppure sulla roccia che è dato dall’insegnamento e dallo stile del Nazareno?

Maria ci chiede di cambiare dentro di noi, alla radice, e non rifare solo la facciata, cambiare il cuore, che nella Bibbia indica il luogo dove si formano i pensieri e si prendono le decisioni, sede delle scelte, spesso anche difficili e solitarie. Significa cambiare totalmente direzione e stile di vita, per vivere alla luce della sobrietà e soprattutto alla luce della logica dell’amore: “Chi non ma non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore (agape)” (1 Gv4,8). Un amore non possessivo ma oblativo.

Ecco il cuore del Vangelo che la festa patronale dedicata a Maria dovrebbe risvegliare nei nostri cuori.

Chi segue Maria non sta dalla parte dei potenti ma dalla parte degli ultimi, di quelle persone invisibili. Sceglie unavita semplice come segno di quella libertà interiore che ci rende liberi dall’egemonia delle cose. Significa rompere tutte le forme di dipendenza che oggi ci impediscono di dare a Dio il primato che gli spetta.

Ci insegna a liberarci dai tanti idoli ( eilprio idolo oggi è il nostro io) che ci impediscono di vivere fino infondo la più alta vocazione dell’uomo: amare. Ma, soprattutto, significa fare nostro il motto di Maria che di sé ha detto “Eccomi sono la serva del Signore”. Solo che per servire ti devi spogliare del tuo Ego. Devi uscire dal tuo narcisismo e abbandonare quel delirio di onnipotenza che ti fa fare scelte sbagliate per te e per gli altri.

Siamo disposti a fare questo cambiamento? Passare dall’atteggiamento di chi si sente padrone e onnipotente, rispetto a tutto e a tutti, a quello di chi invece sceglie di vivere come un servo inutile per amore. “Servire voce del verbo amare”, diceva il vescovo di Molfetta don Tonino Bello. Per costruire la fraternità sociale e la comunità in ogni suo aspetto. E farlo con gratuità e sincerità. Sena alcun tipo di interesse.

Siamo disposti a scegliere gli ultimi posti? E, soprattutto, siamo pronti a fare nostro il dolore degli altri in una logica di reciproca ospitalità e condivisione? Insomma, riprendendo un famoso episodio del Vangelo, molto scomodo: siamo disposti a lavarci i piedi gli uni gli altri? A deporre le vesti del potere e assumere le vesti della cooperazione e della responsabilità personale e collettiva?

Poi è chiaro che da qui, e solo da qui, scaturiranno tutte quelle belle categorie di cui ci riempiamo la bocca, e che spesso sbandieriamo in circostanze puramente cerimoniali: giustizia, solidarietà, legalità, volontariato, cura, attenzione, prevenzione. La festa patronale è un’occasione per risvegliare le radici di una fede che sia capace di rimettere a posto le cose nella nostra vita, per dare un senso nuovo alle nostre giornate, al nostro lavoro, al nostro stare insieme. Per una fede che deve essere pensata e pensosa, dialogica e incisiva.

E allora, che la festa patronale sia un momento favorevole per rifarci non il look del vestito esteriore, ma per rifare l’uomo interiore, capace, sulle orme di Maria, di amare quattro realtà strettamente correlate tra di loro: amare Dio (senza il quale Maria non la si capisce), gli altri (senza iquali l’amore per Dio è falso e alienante), se stessi (perché Dio ti fa fare pace anche con te medesimo) e il creato, inmodo che la smettiamo di inquinare e violentare questa terra martoriata, per trattarla come sorella e madre che, come diceva Francesco di Assisi, ci sostenta e ci alimenta.

Perciò, buona festa a tutti! Che sia più spirituale che materiale!

1 commenti su "Manfredonia. Una festa patronale scomoda. Il controcanto di Maria"

  1. Professore che dire. Chi si sentirà “pungicato” uscirà fuori. E mi riferisco a affaristi, arrivisti, arraffatori, riciclatori, rubagalline, amici e amici degli amici

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