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8 detenuti in 6 metri quadri

AUTORE:
Redazione
PUBBLICATO IL:
24 Ottobre 2010
Editoriali //

Carcere, muro (image: sputnik, c.parsal)GLI ERGASTOLANI – Sono 1.434 gli ergastolani nelle carceri italiane (25 sono le donne), reclusi in circa 50 istituti e sottoposti a regimi penitenziari differenziati: dalle sezioni ordinarie delle case di reclusione alle sezioni di 41 bis, passando dall’alta sorveglianza (AS). Solo una metà di essi accede alle misure alternative alla detenzione, che per molti sono giuridicamente precluse dalle norme introdotte all’inizio degli anni Novanta relativamente ai cosiddetti “reati ostativi”. Parallelamente, la liberazione condizionale è concessa in casi rarissimi. Per alcune centinaia di ergastolani, dunque, il “fine pena mai” scritto.

GLI STRANIERI IN CARCERE – Gli stranieri ristretti nelle carceri italiane sono 23.530. 13.825 sono in custodia cautelare. Il 58,75% degli stranieri in carcere è in carcerazione preventiva. Gli italiani in custodia cautelare sono invece il 43,77, ossia circa il 15% in meno degli stranieri. E’ quindi evidente che nei confronti di questi ultimi vi è una maggiore propensione all’uso del carcere anche durante la fase processuale. Guardando al numero degli ingressi degli stranieri nel 2008 sono stati 43.099 ossia il 46% del totale degli ingressi nelle carceri. In ordine decrescente le etnie più rappresentate sono: i marocchini 4714; i rumeni 2670; gli albanesi 2610, i tunisini 2499. Tra le donne vincono le nigeriane con 196 unità seguite dalle rumene con 195. 2.482 gli stranieri entrati carcere per avere in ottemperato all’obbligo di espulsione.

I BAMBINI IN CARCERE – Esauriti gli effetti dell’indulto, è tornata ad assestarsi a poco meno di 70 unità (per poco più di 60 madri detenute) la media dei bambini al di sotto dei tre anni di età presenti in carcere, più o meno quel che si registrava prima del provvedimento e prima che la cosiddetta legge Finocchiaro (40/01), che si proponeva di limitare a casi residuali le presenze di bambini in carcere, entrasse in vigore l’8 marzo del 2001. Sono sei le carceri interamente femminili in Italia e circa 60 le sezioni femminili ospitate all’interno di carceri maschili. Sono 16 gli asili nido funzionanti. Il più grande è quello dell’istituto femminile di Rebibbia a Roma, che ospita di media una ventina di bambini. Oscillano intorno alle 20-30 unità le donne detenute che sono in stato di gravidanza.

TORTURA, VIOLENZE, INCHIESTE, MORTI, SUICIDI – In Italia manca nel codice penale il crimine di tortura. Oltre a ciò, nel 2009 l’Italia è stata condannata dalla Corte di Strasburgo per violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea sui diritti dell’uomo. Nella maggior parte dell’Europa la tortura è un crimine specifico.

EPISODI DI VIOLENZA, GENOVA, CASA CIRCONDARIALE – Il 20 luglio del 2008, un detenuto del carcere genovese telefona alla nonna denunciando di essere stato violentemente picchiato. Quattro giorni dopo, la madre riceve una lettera con su scritto: “(…) mi ammazzano di botte almeno una volta alla settimana”. Il 25 luglio del 2008, il ragazzo, appena ventiduenne, viene trovato morto nella sua cella. Il giorno dopo la stampa nazionale racconta di un tossicodipendente deceduto per un’intossicazione da gas butano (…). Al contrario, è proprio la madre a dichiarare come il figlio fosse “completamente coperto di lividi su tutto il corpo, con delle chiare tracce di sangue che dal naso salivano verso la fronte e i capelli”. Inoltre, non le sono mai stati restituiti i vestiti che il ragazzo indossava il giorno del decesso.

Lecce 1 – Continua il processo contro nove agenti del carcere minorile di Lecce imputati di abuso dello ius corrigendi, ovvero di violenze, maltrattamenti e soprusi. Dal 16 luglio 2007 la struttura è ufficialmente chiusa per mancato adeguamento alla L. 626. I ragazzi sono stati trasferiti nel carcere minorile di Bari. Lecce 2 – Continuano le indagini per la morte di un detenuto del carcere leccese. I fatti risalgono al dicembre 2007, quando l’uomo, a tre giorni dall’arrivo nell’istituto, è stato trovato morto nella propria cella da alcuni agenti di polizia penitenziaria. A seguito del ritrovamento di tracce ipostatiche sul corpo del cadavere, la Procura ha ipotizzato un caso di omicidio colposo.

Suicidi in carcere. Secondo “Ristretti Orizzonti” nel 2008, a fronte di 121 decessi complessivi, 42 sono stati per suicidio. Di questi, 4 erano donne e 38 uomini. Di tutti i suicidi, 35 erano italiani e 7 stranieri. Nel primo trimestre 2009, su 36 morti, 13 i suicidi e sei casi da accertare. 4 erano stranieri, 9 italiani. Tutti uomini. In nove anni, dal 2000 al marzo 2009, all’interno delle strutture penitenziarie dislocate su tutto il territorio, sono morte 1.365 persone. Di queste, 501, oltre un terzo, per suicidio. Nel 1990 i suicidi furono solo 23. La punta si raggiunse nel 2001 con ben 69 suicidi.

Gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari – Fino al 2008, cinque del sei ospedali psichiatrici giudiziari d’Italia (Aversa, Barcellona Pozzo di Gotto, Napoli, Montelupo Fiorentino, Reggio Emilia) erano gestititi completamente dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, mentre quello di Castiglione delle Stiviere era gestito dalla Asl in virtù di una convenzione con il Ministero della Giustizia. Nel 2008, con la riforma della sanità penitenziaria, si è avuta una modifica degli assetti organizzativi. Alle Asl è stata affidata la parte sanitaria, mentre è rimasta al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria la competenza in materia di sicurezza.

I DETENUTI RITENUTI PERICOLOSI – Sono 600 i detenuti sottoposti al regime duro di cui all’articolo 41 bis secondo comma dell’ordinamento penitenziario. 8 mila sono invece i detenuti ristretti nelle sezioni di alta sicurezza. La detenzione speciale riguarda quindi oggi tra un quinto e un sesto dell’intera popolazione reclusa.”La quasi totalità del campo politico vede nell’art. 41 bis un regime detentivo peciale indispensabile per un’efficace lotta alla criminalità organizzata di stampo mafioso”. Tale uniformità di pensiero ha portato, in questi ultimi anni, a diverse proposte e modifiche di inasprimento del regime. Il regime del 41 bis è stato in diverse occasioni oggetto di giudizi di legittimità da parte degli organismi giurisdizionali nazionali ed internazionali.

SOLUZIONE AL SOVRAFFOLLAMENTO EMERSA NEL RAPPORTO ANTIGONE: EDILIZIA E DEPENALIZZAZIONE – 17.129 nuovi posti letto da realizzare entro il 2012. Questo è l’obiettivo presente nel piano carceri presentato al Ministro della Giustizia da Franco Ionta, commissario straordinario all’edilizia penitenziaria, nonché capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria. Secondo quanto si legge nella relazione illustrativa per 10.806 posti ci sarebbe una adeguata copertura finanziaria; per 6.323 posti letto invece al momento mancherebbero ancora le risorse economiche. “Si punta tutto sulla realizzazione di nuovi padiglioni da costruirsi all’interno delle mura di cinta di istituti penitenziari già esistenti. Verranno occupati, quindi, spazi oggi a disposizione del personale penitenziario o della popolazione detenuta per attività sportive o ricreative che si tengono all’aperto (giardini, campi di calcio, aree verdi)”. Per quanto riguarda la individuazione delle risorse viene confermato il ricorso ai fondi della Cassa delle Ammende. Vengono genericamente citate la locazione finanziaria, la finanza di progetto e la permuta come possibilità di coinvolgimento dei privati. Altre risorse arriveranno dai Fondi Fas (Fondo Aree Sottoutilizzate). Guardando alla distribuzione regionale delle nuove carceri o dei nuovi padiglioni in Puglia si creerebbero nuovi 400 posti e in Calabria 450 per i quali c’è già copertura finanziaria. L’intera operazione costa più o meno alle casse dello Stato un miliardo e mezzo di euro. “Mancano all’appello però ben 980 milioni di euro, quasi i due terzi dell’intera somma”. A conclusione della sua relazione lo stesso Franco Ionta riconosce quanto segue: “si rappresenta che la deliberazione di significativi incrementi di capienza, comportando oneri aggiuntivi per la gestione di servizi sanitari degli istituti erogati dalle asl terr torialmente competenti, andrebbe coordinata con le competenze della Conferenza Unificata Stato- Regioni-autorità locali.” Ma manca anche ogni riferimento a quanto costerà il personale da assumere per le nuove strutture (direttori, poliziotti penitenziari, educatori, assistenti sociali, medici, psicologi), la gestione quotidiana delle carceri (dalla luce alle tasse, dal gas sino all’immondizia e alla manutenzione dei fabbricati), per non parlare dell’eventuale costo del lavoro dei detenuti. “Oggi i detenuti crescono di 1.000 unità al mese. Ad oggi sono poco meno di 63.000 mentre la capienza regolamentare è di 43.000 posti. Per cui anche se a dicembre 2012 tutte le costruzioni presenti nella relazione del capo Dap si dovessero realizzare,anche se i soldi mancanti si troveranno, qualora il trend di crescita della popolazione carceraria rimarrà quello dell’ultimo anno, arriveremo comunque a 100.000 detenuti mentre i posti letto regolamentari saranno ad andar bene 60.000. Un gap di 40.000 posti letto”. Nella relazione non c’è traccia di riferimento alle navi prigione di cui si è parlato nei giorni precedenti. “Una parte dei soldi è stata presa, come detto, dalla Cassa delle Ammende – dice Ionta – Pochi sanno cosa è la Cassa delle Ammende. È un vecchio istituto giuridico risalente agli anni trenta oggi disciplinato dall’art. 121 del Regolamento penitenziario del 2000. La Cassa è dotata di un ampio fondo, al momento ammontante a oltre cento milioni di euro. I fondi – come si evince dalla parola stessa – derivano direttamente dalle ammende pagate dai condannati. Per legge devono essere utilizzati dall’amministrazione penitenziaria per l’assistenza ai detenuti. Ha funzionato sempre male, quasi l’amministrazione fosse poco propensa a spendere i soldi per quelle nobili finalità sociali. Nella scorsa legislatura fu tentata una riforma per snellirne il unzionamento e consentire l’uso dei fondi anche alle associazioni e allecooperative senza troppe mediazioni istituzionali. Non si fece in tempo a realizzare la riforma a causa dell’interruzione anticipata della legislatura”.

RELAZIONE: Relazione completa

QUI CARCERE DI FOGGIA – Visita generale lo scorso 30 luglio da parte della Cisl Fns, con il Segretario Generale Regionale Crescenzio Lumeri e del segretario generale Provinciale Michele Lanza, nel carcere di Foggia. Il problema principale emerso fu quello della vigilanza della Polizia penitenziaria, “con pochi operatori attivi – dice Lumieri – rispetto al numero totale dei detenuti”.

700 DETENUTI: SUPERIORI ALLA META’ DELLA CAPIENZA CONSENTITA – IL carcere di Foggia contiene circa 700 detenuti, a luglio, a fronte dei 350 previsti dalla capienza regolamentare. Il rapporto tra personale e detenuti risulta essere meno di mezzo agente per ogni detenuto. In effetti, i 302 agenti previsti in organico sono suddivisi in quattro turni o in tre e, 49 di questi, sono assegnati al Nucleo Traduzioni e Piantonamenti per le attività del Tribunale, trasferimenti, piantonamenti e visite ambulatoriali. “Una gravissima carenza di risorse umane è rilevata nella sezione femminile”, dice Lumieri. Circa il reparto femminile, la Cisl FNS evidenzia che nel carcere di Lucera c’è “ un congruo numero di agenti donne” senza tuttavia “la presenza di un reparto femminile”.

“CARENTE LA SITUAZIONE IGIENICO-SANITARIA” – La situazione igienico-sanitaria della struttura è da ritenersi “drammaticamente carente”, evidenzia la Cisl, soprattutto se si osservano i servizi igienici del block house e nel reparto denominato “transito” (per il quale si è chiesta la chiusura) e che necessita di “interventi urgenti e risolutivi”. Durante i turni pomeridiani e notturni i 700 detenuti vengono gestiti da un numero di agenti che in alcuni casi è inferiore a 20. “Una circostanza che assume rilievo sul piano della sicurezza, ma in modo negativo”, disse Lumieri. FRA GLI ALTRI PROBLEMI: il mancato funzionamento del sistema di antiscavalcamento del muro di cinta, “dove l’amministrazione penitenziaria e lo Stato hanno investito somme ingenti per risparmiare unità di polizia penitenziaria da impiegare per il servizio di vigilanza esterno”, spiegò il rappresentante della Cisl. Quello che si domandarono dunque i sindacati fu il motivo per il quale si è deciso di investire “delle risorse economiche, nonostante il servizio non garantisca l’efficacia e l’efficienza sperate “.

A FOGGIA MANCA UN REPARTO PER LA DEGENZA DI DETENUTI SOTTOPOSTI A RICOVERI – Altro gravissimo problema che affliggerebbe il Carcere di Foggia è la mancanza di un reparto per la degenza di detenuti sottoposti a ricoveri, “nonostante le promesse dell’Asl in ordine alla ristrutturazione del vecchio reparto utilizzato per i ricoveri”. “Atutt’oggi il reparto non è stato ancora restituito alla Polizia Penitenziaria per lo svolgimento del servizio di propria competenza”, disse Lumieri. A causa di questa situazione “molti ricoveri di detenuti in ospedale vengono eseguiti nei reparti ordinari, con gravi disagi ai cittadini che risultano ricoverati negli stessi luoghi, con ripercussioni e rischi per la sicurezza pubblica, oltre che sperpero di personale che non è sufficiente alle altre esigenze della struttura penitenziaria”.

IL TAGLIO DEI FONDI – Il taglio dei fondi crea gravi problemi strutturali, anche nella sede della Carcere di Foggia dove si sarebbero riscontrate delle crepe nei cornicioni delle strutture dovute a probabili infiltrazioni. “I provvedimenti parlamentari, ormai in fase di definizione, saranno indubbiamente insufficienti a risolvere i problemi emergenti dal pianeta carcere – conclude Lumieri – la preannunciata depenalizzazione o i provvedimenti alternativi per tutti quei detenuti che devono scontare una pena fino ad un anno, produrranno un alleggerimento dell’attuale affollamento che ritornerà, però, alla stessa situazione, nell’arco temporale di sei mesi, massimo un anno”.

n.marchitelli@statoquotidiano.it

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