Un gruppo di giovani costringeva i loro coetanei a subire umiliazioni, lavandoli con la pompa di un autolavaggio o costringendoli a eseguire capriole. Questo è quanto è emerso durante il processo per la morte di Marco Ferrazzano, un giovane foggiano di 29 anni che si suicidò il 22 gennaio 2021 gettandosi sotto un treno in corsa.
Le indagini rivelarono che il giovane era vittima di bullismo, umiliazioni e abusi, i quali venivano registrati con un telefono cellulare e successivamente condivisi su una pagina social.
“Cinque ragazzi sono stati imputati nel processo: Antonio Bernardo (27 anni), Antonio Pio Tufo (24 anni), Francesco Paolo Paoletti (25 anni), Dario Pio Vacca (25 anni) e Giuseppe Apruzzese (26 anni). Le accuse spaziano da atti persecutori aggravati a cyber-bullismo, dalla truffa alla diffamazione”.
Lo riporta Luca Pernice sul “Corriere del Mezzogiorno”.
Bernardo e Tufo erano già noti alle forze dell’ordine, avendo precedentemente ricevuto condanne in secondo grado di 27 e 25 anni per la rapina al bar “Gocce di Caffè” di Foggia, in cui il proprietario, Francesco Traiano, rimase ferito e successivamente morì per le ferite riportate.
Durante l’ultima udienza del processo, un conoscente di Ferrazzano testimoniò di conoscere gli imputati perché frequentavano la zona di San Ciro, alla periferia della città, dove si verificavano gli episodi di bullismo. Questo testimone confermò che oltre a Ferrazzano, altri ragazzi vulnerabili erano vittime di tali abusi. Egli dichiarò di aver visto due video in aula: uno mostrava giovani coetanei lavati con la lancia a pressione di un autolavaggio, mentre nell’altro Marco veniva costretto a eseguire capriole in cambio di regali. Non conoscendo i nomi degli imputati, il testimone confermò che erano gli stessi ragazzi che frequentavano regolarmente la zona di San Ciro ogni sera.
Lo riporta Luca Pernice sul “Corriere del Mezzogiorno”.