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British Lion – S. Harris, 2012

AUTORE:
Redazione
PUBBLICATO IL:
26 Ottobre 2012
Musica //

Steve Harris (fonte: metal-archives.com)
Titolo: British Lion
Artista: Steve Harris
Etichetta: Emi
Genere: Heavy Metal
Uscita: 24 settembre 2012


All’attenzione di
Mr. Steve Harris
c/o EMI Music
27 Wrights Lane
London

Gent.mo Steve Harris,

mi rivolgo direttamente a lei perché sono convinto che sia l’unica persona in grado di chiarire il mistero di questo British Lion. Ovvero come sia possibile che un bassista di prim’ordine, deus ex machina di quell’armata chiamata Iron Maiden, abbia potuto pensare che la scena musicale avesse bisogno delle 10 tracce che compongono questo disco.

Premetto che, in italiano, l’uso della terza persona al posto della seconda viene utilizzato in segno di rispetto. Detto questo, mi tolgo subito dall’imbarazzo principale: dirle chiaro e tondo, senza troppi giri di parole, che non mi è piacuto.

Penso di aver colto molti dei riferimenti ‘enciclopedici’ del suo ultimo lavoro. E l’idea che mi sono fatto è che abbia voluto recuperare il sound di un’epoca andata perduta. Probabilmente della stessa in cui imparava da che parte tenere il manico del basso.

Gli anni ’70-‘80, per certi versi, mancano a tutti. La freschezza e l’incoscienza che hanno dato alla luce tanti capolavori hanno lasciato un vuoto incolmabile. Andare a recuperare quelle atmosfere e quel senso di libertà compositiva poteva essere, per certi versi, un intento lodevole. Ma non credo che brani come i suoi This Are The Hands o A World Without Heaven siano il modo migliore per rendere onore a quel periodo.

Britsh Lion - cover
Spero che comprenda il mio imbarazzo nel giudicare l’operato di un musicista che considero a tutt’oggi una delle personalità più importanti per la musica dura e non solo. Ma non posso fare a meno di notare come, nonostante non manchino i buoni spunti, l’insieme risulti stanco e suonato di malavoglia. L’impressione, mi perdoni, è quella di un capogita che insiste nel far cantare i passeggeri semiaddormenti di un pullman: ha un bel da impegnarsi, ma se gli altri non ci mettono la stessa verve il risultato è sconsolante.

Lasci che le dica che la scelta dei cantanti non è mai stata il suo forte, a partire da Blaze Bayley, momentanea voce solista dei Maiden (una voce che non avrebbe sfigurato in nessuna band, tranne che nella Vergine di Ferro). Anche Bruce Dickinson, per certi versi, è un’ugola difficile da amalgamare. Ma tra gli Iron Maiden e la ‘sirena d’allarme’ di Bruce è subito scattata l’alchimia.

Questa volta, invece, no.

È proprio il vocalist, forse, la pecca più evidente di questo British Lion. Una performance che riesce ad essere indelebile nel suo totale anonimato. Mancanza di potenza, nessuna personalità, totale assenza di colore. Mi perdoni ancora una volta, ma l’accostamento con uno dei bassi più famosi del mondo non fa che rendere ancora più imbarazzante la prestazione.

Se stessi parlando della prima prova di un gruppo emergente, potrei lodare gli spunti interessanti: l’accoppiata Us Aganist The World e The Chosen One sarebbero due validissimi biglietti da visita per una giovane formazione. Ma stiamo parlando di Steve ‘Sua Maestà Che Tiene il Basso Come un Fucile’ Harris. Mica di un esordiente.

Passi per la produzione forse volutamente non troppo brillante (un tributo alle divinità dei seventies richiede i suoi sacrifici, ad esempio suoni un po’ più ruvidi rispetto a quelli cui siamo abituati); passi per la compagine non proprio ottimale; passi per un basso costantemente in primo piano. Ma sul songwriting, mi permetta, non intendo cedere di un millimetro. Stiamo parlando dello stesso Steve Harris che ha composto pietre miliari come The Number Of The Beast o Piece Of Mind?

Tutto questo per dirle che, in realtà, morivo solo dalla voglia di farle una domanda. Una sola.

Steve Harris (fonte: metalitalia.com)
Perché?

Perché il leader-condottiero degli Iron Maiden, una delle più grandi rock band di tutti i tempi e un’icona per tutto il popolo dei metallari, ha voluto dare alle stampe un disco a malapena tollerabile come British Lion? Cosa le mancava? Cosa c’era che non andava? Tutto sembrava filare a gonfie vele: certo, forse The Final Frontier non era un capolavoro, ma l’ultima formazione dei Maiden (quella a 6, tanto per intenderci) aveva sfornato dischi di tutto rispetto.
Lei ha attualmente a disposizione la miglior miscela di professionisti del metallo pesante che si possa trovare in circolazione. E sapeva (o almeno doveva averlo imparato da Dickinson e dal suo appena mediocre Tattooed Millionaire) che per i membri dei Maiden i progetti solisti non sono mai una buona idea. Eppure ha voluto mettere in piedi una band di nomi sfuggiti anche all’onniscenza di Wikipedia per dare vita a un side project del quale, lo ammetto, non sentivo per nulla la mancanza.
I Maiden sono, in tutto e per tutto, una sua creatura. A lei devo imputare tutte le colpe dei (pochi, per la verità) passi falsi, ma per contro non posso fare a meno di riconoscerle il merito per le tante ore piacevoli che mi ha fatto passare. Perché sentire suonare la Vergine di Ferro (in studio o dal vivo) è una di quelle esperienze che fa pensare ‘ecco, la musica dovrebbe essere proprio questo‘. Esperienza, passione, perizia, professionalità: tutte doti che non mancano a un solo minuto di quanto suonato dai Maiden.
E che invece scompaiono completamente in British Lion.
Le ritrovi, per favore. Un musicista come lei non si sostituisce tanto facilmente nel cuore di un fan.
Prometta che non lo farà mai più.
Che non ci lascerà mai più soli in balia dell’ultimo fenomeno da baraccone nato su youtube o in un talent show.
Che non abbandonerà più i suoi fan.
Ora la lascio. Mi è caduto l’occhio sulla discografia dei Maiden e, improvvisamente, mi è venuta voglia di rimettere sullo stereo il vinile di Killers.

Sempre suo,
F.Z.

Tracklist

01. This Is My God
02. Lost Worlds
03. Karma Killer
04. Us Against The World
05. The Chosen Ones
06. A World Without Heaven
07. Judas
08. Eyes Of The Young
09. These Are The Hands
10. The Lesson

Line up

Steve Harris – basso
Richard Taylor – voce
David Hawkins – chitarra, tastiere [tracce 1, 2, 3, 4, 7, 9, 10]
Grahame Leslie – chitarra – [tracce 5, 6 e 8]
Simon Dawson – batteria [tracce 2, 4 e 9]
Barry Fitzgibbon – chitarra [tracce 5, 6 e 8]
Ian Roberts – batteria [tracce 5, 6 e 8]
Richard Cook – batteria [tracce 1, 3 e 7]


Valutazione: 5/10


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