Il processo d’appello a Gerardo Leone, maresciallo protagonista dell’accusa contro Alessandro Cataldo, dovrà essere ripetuto. La Cassazione, nella sua sesta sezione, ha annullato con rinvio la condanna di un anno e sei mesi inflitta al militare per tentata induzione indebita. L’accusa sosteneva che Leone avesse cercato di estorcere 40.000 euro a Sandrino nel 2015, all’epoca sotto indagine per presunti appalti truccati dell’ex Provincia di Bari.
Il ricorso presentato alla Cassazione si basava su due motivi: uno di natura procedurale riguardante il trattamento orale del processo di appello, che non è stato concesso nonostante la richiesta della difesa a causa delle restrizioni dovute alla pandemia; il secondo motivo verte sulla qualificazione giuridica del fatto, con Leone che nega di aver mai chiesto fisicamente il denaro.
Il caso è particolarmente rilevante perché Leone è stato cruciale nell’indagine che ha coinvolto Alessandro Cataldo, attualmente ai domiciliari per presunta concussione. Nel 2021, Leone registrò un incontro con Armando Defrancesco, ex consigliere circoscrizionale e stretto collaboratore di Cataldo, in cui è stata menzionata la pratica del “metodo Sandrino” riguardante la compravendita dei voti. Questa registrazione è stata fondamentale per avviare l’indagine della pm Savina Toscani, che ha portato agli arresti domiciliari (ancora in corso) sia Cataldo che Defrancesco, insieme ad altre persone.
Il collegamento tra i due casi è complesso: durante l’arresto, i carabinieri hanno sequestrato a Cataldo una chiavetta USB contenente una registrazione del colloquio con De Francesco, dove quest’ultimo si scusava con Sandrino per aver parlato con Leone solo per pagamento. Tuttavia, sia la Procura che il gip hanno respinto l’ipotesi di un complotto orchestrato da Leone contro Cataldo, nonostante l’accusa.
Leone, originario di Triggiano come Cataldo, era stato arrestato nel luglio 2015 per tentata concussione e rivelazione di segreto d’ufficio, accusato di aver richiesto 40.000 euro a Sandrino per informazioni sulle indagini in corso su di lui e sua moglie. Nonostante la condanna in primo grado a due anni, successivamente ridotta a un anno e sei mesi in appello, è stato ritenuto che Leone non avesse effettivamente preso i soldi, poiché le informazioni erano già di dominio pubblico.
La difesa di Leone continua a sostenere che il militare non ha mai completato il presunto piano e quindi non dovrebbe essere punito. L’inchiesta su Cataldo per corruzione elettorale a Grumo e Triggiano sta giungendo alla sua fase conclusiva, con gli elementi raccontati da Leone in Procura che dovranno essere attentamente valutati.
Lo riporta Lagazzettadelmezzogiorno.it