Titolo: Self Entitled
Artista: NOFX
Etichetta: Fat Wreck Chords
Genere: punk
Uscita: settembre 2012
TUTTI in piedi, entrano i professori. Skateboard sotto il braccio e capelli alla vigliacca, gli NOFX salgono in cattedra per portare il verbo del punk rock con il loro nuovo Self Entitled. Una lezione di poco più di mezz’ora, veloce e diretta nel solco della tradizione del combo capitanato dal cantante e bassista Fat Mike (anche fondatore della Fat Wreck Chords, l’etichetta del disco in questione).
Trent’anni di carriera, dodici album all’attivo e una fede mai tradita per Ramones e Bad Religion fanno del quartetto californiano l’entità più rappresentativa dello skate punk anni ’90. Gli NOFX sono tra i pochi veri sopravvissuti di quell’epoca, arrivati sani e salvi al 2012 senza lasciarsi incantare dagli assegni staccati da MTV come tanti compagni di carovana (dai Green Day agli Offspring, tanto per citare i nomi più longevi).
Per sgombrare il campo da qualunque equivoco, bisogna specificare un dettaglio: in questo Self Entitled non c’è molto di nuovo. Perlomeno, nulla che i fan degli NOFX non abbiano sentito già negli album precedenti. La formula è sempre quella, semplice quanto efficace: l’energia del punk a stelle e strisce (non inglese, per carità: quella è tutta un’altra storia) mescolata con le melodie care ai surfer californiani (chi sta pensando ai Beach Boys ha colto nel segno), il tutto rivisto prendendo in prestito la velocità della tradizione hardcore e flirtando con il pop rock. Delle occasionali derive ska e reggae del passato ormai non vi è più traccia: ciò che resta in Self Entitled è puro distillato skate punk.
Lesson number 1: L’opener 72 Hookers, con i suoi 3 minuti e mezzo abbondanti è l’episodio più esteso dell’intero album (e questo la dice lunga sulla durata delle composizioni dei nostri). Una introduzione di ampio respiro lascia presto spazio a un raddoppio di tempo che mette subito in chiaro i due elementi cui gli NOFX non vogliono rinunciare: velocità e melodie accattivanti.
Dal fondo della classe, forse, si alzerà una mano: ma il punk non era rabbia e livore? Detto fatto. Lesson number 2: I believe in goddess alza i toni dello scontro.
Un breve concentrato di misantropia in appena 1 minuto e mezzo, sostenuto da una linea di basso travolgente.
Tutto chiaro? Forse sì, ma resta ancora un dubbio: e i cori in controcanto da urlare a squarciagola durante i live? Calma, questo è oggetto della lesson number 3: Ronnie & Mags offre un ritmo più cadenzato, un ritornello che è adrenalina pura e background vocals nella migliore tradizione di Fat Mike e soci. La seguente She didn’t lose her baby funge quasi da ripasso, per lasciare spazio alla lesson number 5: Secret Society. Qui i quattro sfoderano le armi già spianate nei pezzi precedenti al servizio di uno dei loro temi più cari: la politica. Del resto, a nessuno che abbia seguito le loro gesta fino a qui potrà essere sfuggita la loro viscerale avversione in particolare per George ‘doppia vu’ Bush, con una netta preferenza per personalità come Noam Chomsky.
Gli episodi si susseguono senza quasi mai deludere (si faccia un’eccezione per la lesson numer 8, Down with the ship, che sfiora il riempitivo; ma un piccolo scivolone lo si perdona senza difficoltà), fino alla lesson number 11. Qui Fat Mike urla nel microfono l’ennesimo concetto di base: mai dimenticare il passato. Il testo di I’ve got one jealous again, again è una sequenza di citazioni e riferimenti a illustri predeccessori, dai Black Flag ai Misfits. Perché nemmeno gli NOFX, a loro volta capaci di influenzare più di una generazione di punkettoni, sono sbucati fuori dal nulla. Come a dire: anche chi ha insegnato è stato a suo tempo allievo di qualcuno. La conclusione apocalittica di Xmas has been X’ed, lesson number 12, riporta il tutto sul terreno del nichilismo più sfrenato, condito con un ritornello ai mille all’ora.
Self Entitled è una lezione, appunto. Non un colpo di genio, non la vetta di una carriera, ma una ‘lectio magistralis’ frutto di anni di esperienza sui palchi di tutto il mondo. Un disco scritto e suonato con il cuore da un manipolo di professionisti che si sono già ritagliati un loro posto nella storia del rock e che non ha bisogno di dimostrare nulla a nessuno.
I duri e puri storcano pure il naso, accusando gli NOFX di essere troppo melodici e commerciali. C’è comunque chi avvertirà il bisogno di rileggere gli appunti, per il puro piacere di farlo. Schiacciando di nuovo il tasto play e stappando un’altra birra.
Tracklist
01. 72 Hookers
02. I Believe in Goddess
03. Ronnie & Mags
04. She Didn’t Lose Her Baby
05. Secret Society
06. I, Fatty
07. Cell Out
08. Down With the Ship
09. My Sycophant Others
10. This Machine is 4
11. I’ve Got One Jealous Again, Again
12. Xmas Has Been X’ed
Line up
Fat Mike – basso, voce
Eric Melvin – chitarra, voce, fisarmonica
El Hefe – chitarra, voce, tromba
Erik Sandin – batteria
Valutazione: 7.5/10