Manfredonia-La Bottega degli Apocrifi, compagnia stabile del Teatro Lucio Dalla di Manfredonia, si è rimessa in gioco ieri sera, nell’ambito della stagione di prosa “Io esco” reinventando il suo stesso spettacolo Lorenzo Milani, uscito la scorsa primavera e molto apprezzato da critica e pubblico, anche fuori dal nostro territorio.
Lo spettacolo è stato anzitutto ridotto nella durata, passando da oltre due ore ad un ora e mezza, scorciamento salutare nella ricezione della piece che è risultata più densa e a tratti dirompente, oltre che più vicina allo spettatore, coinvolto persino in una sorta di intervista con Don Milani (Salvatore Marci) su case, mobili e… feste di prima comunione.
Il don Milani, o meglio il Lorenzo degli Apocrifi e il suo messaggio sono stati “focalizzati”, come ha precisato lo stesso regista Cosimo Severo, ma non hanno perso nemmeno una scintilla del loro fuoco. Anzi il Lorenzo “focalizzato” di questa seconda versione dello spettacolo appare più sicuro di sé e della sua vocazione “scomoda” e meno ossessivo nel cercare l’approvazione della Chiesa e della madre l’ebrea Alice Weiss (Nunzia Antonino), di cui quasi sfida il caparbio agnosticismo, per un attimo sopraffatto dall’amore materno, mentre si chiede se sarà in grado di accompagnare suo figlio in “porto”.
Ha tante domande Lorenzo, sulla Madre Chiesa, sulla giustizia divina, sulla politica e la storia del suo tempo, e ai ragazzi, poveri fra i poveri, non insegna risposte, ma le parole e lo spirito giusti per porsi a loro volta quelle domande. L’unico scatto di superbia don Milani lo ha nei confronti del suo male, che semplicemente ignora, continuando a vivere la sua vocazione di educatore come se non esistesse.
Anche il ruolo dei GAC i guerrieri dell’azione cattolica, funamboli dall’inconfondibile mitra, caratteristici dello spettacolo (Livio Berardi, Adriana Gallo e la new entry Filomena Ferri) è stato densificato, coreografie e giochi di luce ed ombra più brevi, meno battute ma più ficcanti, come l’intervista ad Alice Weiss sul figlio, sigillo schietto, ironico e quasi apodittico al finale dello spettacolo, di certo la scena che più di tutte si lascia ricordare.
Di Lorenzo Milani si apprezza il ritratto profondo, vero e vivo di un uomo “perfetto”, non perché esente da errori, ma perché capace di dare un compimento positivo alla sua vita, rimanendo fedele a se stesso. Non è tuttavia uno spettacolo per tutti, lo sarebbe stato, forse, se la verve sarcastica e dirompente di alcune scene, si fosse diffusa in modo più omogeneo nell’intera piece.