L’INCHIESTA: QUASI 2 ML DI PAGINE DI ATTI – Il Dc9 partito da Bologna e diretto a Palermo, esplode in volo. Le indagini che raccolgono circa 2 milioni di pagine di atti, sono state svolte dal giudice Rosario Priore che in una sua sentenza ordinanza asseriva che l’aereo fu abbattuto in una vera e propria battaglia tra francesi e libici. All’inizio dell’agosto 1980, oltre a vari relitti vengono ritrovati in mare anche due salvagenti e un casco di volo della marina americana; a settembre, presso Messina, si rinvengono frammenti di aerei bersaglio italiani, che sembrano però risalenti a esercitazioni terminate nel gennaio dello stesso anno. Questi dati evidenziano che nell’area tirrenica si svolgeva un’intensa attività militare.
Una fatalità? Così ha deciso l’Aeronautica Militare. Lo denuncia la relazione finale della Commissione Parlamentari Stragi, presieduta dal senatore Gualtieri, “L’orientamento del Sios (servizio segreto) Aeronautica andò nel senso di privilegiare la tesi del cedimento strutturale. A questo orientamento furono improntati tutti gli atti compiuti dall’Aeronautica nelle prime fasi dell’inchiesta, anche se sin dai giorni immediatamente successivi all’incidente, vi erano informazioni che avrebbero potuto indirizzare le indagini in tutt’altra direzione”. Il verdetto di cedimento strutturale già pronunciato priva l’azione della magistratura di ogni mordente: si perdono reperti, non si fanno svolgere perizie, non si interrogano i militari in servizio, non si ascoltano registrazioni. Il 15 maggio 1992 i generali, ai vertici dell’Aeronautica all’epoca dei fatti, sono incriminati per alto tradimento, “perché, dopo aver omesso di riferire alle Autorità politiche e a quella giudiziaria le informazioni concernenti la possibile presenza di traffico militare statunitense, la ricerca di mezzi aeronavali statunitensi a partire dal 27 giugno 1980, l’ipotesi di un’esplosione coinvolgente il velivolo e i risultati dell’analisi dei tracciati radar, abusando del proprio ufficio, fornivano alle Autorità politiche informazioni fuorvianti.
L’attenta lettura dello scenario radar della sera del 27 giugno 1980 rivela che il volo del DC9 era affiancato da un velivolo nascosto, il cui inserimento è avvenuto nella fase iniziale del volo, sopra la Toscana. In cielo è anche segnalata la presenza di un aereo-radar AWACS impegnato in una missione non identificata sull’Appennino Tosco-Emiliano, mentre i radar continuano a registrare attività aeree intorno al DC9 nell’area di Ponza e, pochi secondi dopo l’incidente, la rotta dell’aereo civile è attraversata da uno o due velivoli militari. Dall’esame dei tabulati agli atti, dalle conversazioni telefoniche e dalle dichiarazioni NATO, nell’imminenza dell’incidente risulta inoltre un’intensa attività aerea militare sui cieli del Tirreno, sempre negata dall’Aeronautica Militare italiana.
La Francia e gli Stati Uniti dislocavano portaerei e mezzi aeronavali nel Mediterraneo per la forte conflittualità dell’area. Venerdì 18 luglio 1980, a tre settimane dal disastro, in agro di Castelsilano, sulla Sila, viene rinvenuto un MiG 23 monoposto delle Forze Armate libiche: un costone di rocce è disseminato di rottami, il cadavere del pilota, dall’apparente età di 25-30 anni, è a mezza costa, a circa 60 metri vi sono tre grossi tronconi di aereo. Anni dopo, il 14 ottobre 1989, l’Agenzia libica Jana diffondeva il seguente comunicato riguardo al disastro di Ustica: “Si è trattato di un brutale crimine commesso dagli USA, che hanno lanciato un missile contro l’aereo civile italiano, scambiato per un aereo libico, a bordo del quale viaggiava il leader della rivoluzione colonnello Mohammer Gheddafi.” Nel 1997 il sottosegretario di Stato Usa per gli affari europei e canadesi, John Kornblum, in una conferenza stampa, ammise che “è vero, c’erano aerei e navi americane in quell’area”, ma gli Stati Uniti non sono coinvolti in questa brutta faccenda.
Le ultime dichiarazioni del Presidente Napolitano non celano i misfatti del passato, le false piste ipotizzate per sviare i segnali di una verità rimasta al buio ancora per troppo tempo. Napolitano invia un messaggio forte a Daria Bonfietti, presidente dell’Associazione dei Parenti delle Vittime della Strage di Ustica:«Il dolore ancora vivo per le vittime si unisce all’amara constatazione che le indagini svolte e i processi sin qui celebrati non hanno consentito di fare luce sulla dinamica del drammatico evento e di individuarne i responsabili». Un dolore che urla nel silenzio e graffia le coscienze.