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Crisi dei partiti ed ‘impoverimento’ della ‘Bella Manfredonia’

AUTORE:
Redazione
PUBBLICATO IL:
29 Dicembre 2009
Editoriali //

politicadell'immagine-benecomune (image by manublog)3) fare progetti, programmare, discutere sul futuro di Manfredonia, delineare obiettivi comuni e condivisi e soprattutto individuare strumenti e meccanismi, risorse locali, regionali, nazionali, europee, per realizzare tali obiettivi. Programmi elettorali, fondati anche su valori ed idealità, oltre che interessi concreti, sono importanti in tal senso, anche se qualcuno, furbo e scettico, li potrà considerare inutili o uno specchietto per allodole, tanto decideranno comunque i soliti potenti. Ma non sempre e necessariamente è così. I progammi potranno essere simili tra loro e forse con quelli passati, potranno essere un semplice elenco di cose da fare, a volte solo promesse, esigenze e desideri, ma se si discuteranno intensamente nei partiti e nella città potranno essere idee guida che, sostenute dai valori incorporati e da strumenti di verifica della loro realizzazione potranno essere mezzi di progresso. Un esempio in tal senso è l’obbiettivo di promuovere lavoro: esso è il contenuto principale di ogni programma e contemporaneamente un valore e pertanto, se si prefigura un metodo per consentirne l’accesso a tutti e non solo ai pochi vicino ai potenti si persegue progresso materiale e morale. 4) necessità di partecipazione e cittadinanza attiva, dentro e fuori i partiti, dentro e fuori le istituzioni, da promuovere non solo con affermazioni di principio ma anche con strumenti specifici istituzionali che consentano vicinanza continua dell’amministrazione comunale ai cittadini e viceversa. Conferenze pubbliche di servizio su temi centrali, giornale on line e a stampa del Comune, siti informatici su cui pubblicare interamente gli atti amministrativi e non i titoli, incontri periodici pubblici e presso singole associazioni, ecc. saranno cose utili. Ma ancora più utile sarà la piena ed incondizionata convinzione che il confronto e la critica, tanto più se costruttiva e plurale personale e comunitaria. D’altra parte sembra che la rete informatica possa offrire a livello locale nuove possibilità in tal senso, specialmente se si sarà attenti a coniugare la realtà virtuale con quella socialmente vissuta. Un ultima cosa: le persone, le persone sono tutto, sono il vero strumento della politica, tanto più oggi, per cui sono necessari dirigenti capaci e competenti, ma soprattutto credibili e coerenti con quanto affermano e scrivono, ed anche pazienti e tenaci; ma ci vogliono anche persone, regole e meccanismi oggettivi ed istituzionali di controllo e trasparenza. Manfredonia, anche se non sembra, si trova oggi ad un bivio, in una situazione di emergenza simile al 1988, c’è fuoco sotto la cenere anche se non scalda e piuttosto infreddolisce i cuori, come una stella oramai spenta. Non c’è mobilitazione come allora ma piuttosto assuefazione e disillusione, non è visibile e collettivamente forte ma piuttosto invisibile, minuta ed interiore, ma è uan situazione dirompente come allora per la vita, soprattutto futura della nostra città. Tocca le coscienze e le stravolge quasi in modo definitivo e può portare ad un senso di disperazione e nullismo. Che senso hanno valori, etica, bene comune se saranno solo una maschera ed una copertura allo status quo ? Che città sarebbe la nostra se venisse costruita e guidata solo e totalmente dagli affari, dagli opportunismi, dalle clientele, e dal familismo ? Per cosa si resterà nella storia di Manfredonia ? Per i soldi e le ricchezze accumulate sfruttando il bene pubblico ? Per il godimento del potere e di decidere sugli altri ? Che senso ha solo un fare senza una visione esplicitata, un progetto, una prospettiva, che susciti speranze ? Ecco perchè chi andrà al Governo della città ha una maggiore responsabilità rispetto al passato. Infatti, al compito di proporre e portare avanti uno sviluppo economico e vivibile di Manfredonia, si aggiunge, forse, quello più grande di non affossare speranze ed idealità, pur presenti nella nostra città, realizzando veramente un nuovo modo di essere e fare politica. Ma questa, un nuovo modo di essere e di fare politica, è un’altra storia da raccontare, con esempi e fatti concreti, ne prossimi articoli, e da scrivere anche nel nostro vivere quotidiano, possibilmente con la partecipazione dei lettori e dei cittadini.

5 commenti su "Crisi dei partiti ed ‘impoverimento’ della ‘Bella Manfredonia’"

  1. Mi permetto di dissentire dagli ovviomi che trasudano dall’editoriale. Una sorta di attesa della provvidenza informa l’intero articolo, una chiamata alla discesa dello Spirito Santo in nome di valori come l’etica sociale in salsa alberoniana (a proposito, chiamare studioso l’editorialista delle sociologiche banalità…). Trasuda soprattutto il tentativo “disperato” di dare ancora un ruolo a ciarpami del passato come i partiti politici e la professione politica, auspicando che questi possano porsi a guida della comunità. Questo auspicio è al cuore del tentativo di mantenimento del disastroso status quo attuale a cui l’editoriale è oggettivamente (quindi al di là delle intenzioni dell’editorialista) servente. Infatti, l’articolo non fornisce nessuna motivazione o dinamica sociale che spieghi perchè una classe politica di livello infimo debba improvvisamente redimersi e diventare motore di sviluppo sociale. L’articolo non da nessuna indicazione di come i partiti politici, ridotti a sfilacciati luoghi dove clientele e benefici individuali si scontrano in una eterna guerra per bande, possano trasformarsi in istituzioni in grado di promuovere classi dirigenti ed identificare progetti e finalità. Senza queste opportune spiegazioni non si comprende come il rospo possa trasformarsi in principe nè chi sia la bella a baciarlo. Anzi resta forte il dubbio che, come avviene a livello nazionale, sia proprio l’editorialista a cercare di essere la bella nel tentativo di accrescere la propria legittimazione nei confronti dei rospi (o sedicenti principi) che infestano Manfredonia.

  2. Al signor lettore ‘Kazzam’ (risposta di Silvio Cavicchia):
    – rispondo in via eccezionale al suo commento anonimo, poichè avevo chiesto espressamente al direttore (con approvazione dell’intera redazione, dato che costituisce una prerogativa inderogabile che vale per tutti nd GdF), fin dall’inizio della mia collaborazione al presente giornale, che i commenti pubblicati, pur fortemente da sollecitare e benvenuti data la loro utilità per un confronto pluralistico e democratico, non fossero coperti da anonimato. Ciò perchè, in coerenza con quanto vado scrivendo e cercando di praticare da anni, ritengo fondamentale l’etica della responsablità personale ma anche perchè l’anonimato, oltre che abitudine malsana e ‘sfuggente’, distorce e quasi distrugge lo stesso mezzo informatico ed Internet nel suo valore di ‘spazio di libertà’. A parte il tono incomprensibilmente astioso ed un pò saputello, ed alcune illazioni gratuite e completamente campate in aria, esprimenti quasi un atteggiamento giudicante, come di colui che sta in alto pronto a lanciare come saette proprie proiezioni e precostituito di rivalsa personale (ci conosciamo ? il lettore ha letto bene il presente ed i precedenti articoli ? ) ritengo le affermazioni di Kazzam in gran parte fondate, anche perchè esprimono molto del senso comune prevalente (ovviomi ? ) e sollecitano riflessioni ed approfondimenti. Pertanto mi piacerebbe (e sarebbe cosa buona e giusta) continuare questo confronto con altre sue ulteriori considerazioni ed analisi su questo giornale e/o in un altro modo, esplicitamente e non in modo anonimo. Punti di vista diversi, specialmente se documentati ed articolati, rappresentano infatti ricchezza, individualmente e collettivamente. Al momento preciso solo due cose, una nel merito e l’altra nel metodo.
    1) l’etica sociale non appartiene a sociologi, a cui solo per formazione, attualità e comodità di ragionamento ho fatto riferimento, ma all’intera umanità. E’ stata progressivamente costruita nel tempo dagli uomini per migliorare la propria condizione di vita e superare la bestiale legge del più forte. In forma sistematica e collettiva appartiene prima alla cultura greca antica (ma anche in forme specifiche ed originali all’Oriente) e poi, ancora di più, al Cristianesimo ed alla cultura dell’Occidente e, perciò, sia pure in forma precaria appartiene ed è dentro ciascuno di noi, anche se messa continuamente in crisi (a proposito del professore Alberoni, delle cui pubblicazioni da anni anche io non condivido quasi niente, è comunque da molti riconosciuto il valore culturale di libri, quali “Movimento ed Istituzioni’ ed ‘Innamoramento ed Amore’.
    2) le mie analisi si fondano su un approccio dialettico ed empirico in base al fatto che la realtà sociale non sia bianca e/o nera ma pluralmente e diversamente colorata, perchè complessa ed articolata e comunque non riducibile ad un modello rigido che si può avere in testa. Pertanto, dette analisi sono per definizione parziali ed incomplete. Non ci sono verità indiscutibili (come il lettore Kazzam sembra invece possedere) ma solo convinzioni, idee e risultati di ricerche da proporre all’attenzione di chi vorrà, in autonomia e libertà, riflettere, dentro e fuori di sè. Nello scrivere non c’è da condannare, assolvere, difendere, offendere od accusare chicchesia, ma solo riportare fatti, porre interrogativi, prospettare punti di vista comunque dubbiosi, fare un pò di luce su problemi sociali della nosrta città. Ciò cerco di fare nei miei articoli, indicando anche alcune proposte che ritengo possano migliorare il nostro vivere, senza per questo rinunciare a precise scelte personali.In attesa della nascita e crescita di un confronto di idee, analisi e proposte pubbliche e non anonime, su questo giornale e/o in altro modo, confronto a cui invito ancora il lettore Kazzam e tutti quelli che vorranno.
    Porgo i miei più distinti saluti e gli auguri di un buon 2010,

    Silvio Cavicchia

  3. Rispondo eccezionalmente alla risposta in via eccezionale al mio commento. Nessun astio personale in quanto non ho il piacere di conoscere il giornalista. La conclusione si riferiva metaforicamente al rapporto tra giornalisti e potere politico. A volte si riesce meno chiari di quanto si creda.
    Nel mio breve commento avevo chiesto quali fossero le dinamiche che consentissero la trasformazione di una classe politica inetta nel motore della crescita ed evoluzione di Manfredonia. Non scorgo risposta nel suo commento, tranne l’ammissione della parzialità dell’analisi. Mi sono limitato a porre un dubbio: quello che i richiami contenuti nell’articolo o non fossero applicabili vista l’inadeguatezza della classe politica o lo fossero solo in quanto tale classe poteva riformarsi e migliorare per non so quale miracolo. Credo che la risposta alle mie domande sia il tema vero del confronto; è utile questa classe politica o il fatto che la classe politica sia così inadeguata mette in crisi il senso stesso degli istituti della rappresentanza democratica (partiti, consigli comunali, etc.)? Serve una democrazia nella quale il ruolo politico sia “occupato” da una classe di soggetti del tutto incapaci di una qualsiasi visione ma estremamente risoluti ad impedire qualunque forma di ricambio e/o di osmosi con la società civile? Ha senso parlare ancora di società civile in contesti degradati come quelli del Meridione? E se sì, per quanto tempo ancora?
    Caro Cavicchia il suo compito è meritorio. Ma credo che i tempi e l’entità del disastro sociale e morale di queste terre meritino uno scatto in avanti in termini di approfondimenti ed analisi. Anche a costo di qualche spigolosità di troppo. D’altra parte, scrivere è anche dare giudizi o fornire opinioni che contengono elementi di giudizio. Se non fosse così, non sarebbe utile scrivere e neanche interessante leggere.
    Ricambio calorosamente gli auguri di un fruttuoso 2010, ma mi permetta solo un ulteriore appunto: l’unica verità indiscutibile che ho riscontrato è quella con cui lei sostiene il valore culturale dei volumi di Alberoni. Tuttavia cultura e scientificità delle conclusioni non si misurano con le edizioni tascabili.

  4. Alcuni brevissimi appunti, da un semplice osservatore:

    – “Ha senso parlare ancora di società civile in contesti degradati come quelli del Meridione? E se sì, per quanto tempo ancora?”: saranno anche ambienti degradati e tesi verso l’assenteismo, il disfattismo, il nullismo, il nichilismo ed altre passività ‘a random’ di tal genere (critico), ma non apporta sicuramente alcuna valida positività, all’ardua impresa di ribaltare questo sistema (malsano), un atteggiamento del tipo ‘so ma non posso, nè tantomeno volevo che le cose cambiassero, perchè io non c’ero e se c’ero non sentivo o dormivo’. Inoltre: allo stadio attuale delle cose, forse non avrebbe senso parlare di società civile neanche in contesti ‘più evoluti’ come quelli del ‘Settentrione’.

    – Il professore Cavicchia aveva posto comunque una prerogativa basilare per qualsiasi tipo di commento ‘postato’ sul ns quotidiano: devono essere firmati, devono essere inderogabilmente riconducibili ad esseri umani qualificabili, anche per poter proseguire queste disamine (acute) tramite confronti diretti (e/o forum, non crede ?)

    – Le auguro, in ogni modo, i miei, i nostri più sinceri auguri per il nuovo anno e La ringrazio per l’interesse mostrato per il nostro giornale, Giuseppe d.F. (Stato)

  5. Vorrei entrare in contatto con Silvio Cavicchia. Sono un suo vecchio amico e collega sociologo (Facoltà di Trento). Da anni sto cercando di rivederlo. L’ultima volta in cui ci siamo incontrati è stato quando lui abitava a Cantù e io a Milano.
    Potrei, per favore, avere il suo e-mail ?
    Grazie e cordiali saluti.
    Gian Mario Giuliani

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“Possiamo scoprire il significato della vita in tre diversi modi: 1. col compiere un proposito; 2. con lo sperimentare un valore; 3. con il soffrire.” VIKTOR EMIL FRANKL

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