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Maizzi: “Come bloccare vendita forzata bene con eccessivi ribassi prezzo d’asta”

AUTORE:
Redazione
PUBBLICATO IL:
30 Aprile 2015
Lavoro // Manfredonia //

Quando il prezzo di vendita del bene pignorato dal creditore subisce un eccessivo ribasso rispetto all’effettivo valore del medesimo a causa di una serie di aste giudiziarie deserte, il Giudice può sospendere l’esecuzione immobiliare o, addirittura, estinguerla, restituendo il bene nella piena disponibilità del debitore pignorato.

Considerando la grave crisi in cui versa il mercato immobiliare, è sempre più frequente che le aste giudiziarie con le quali vengono messi in vendita i beni immobiliari pignorati vadano deserte, determinando, così, un progressivo abbassamento del prezzo di vendita rispetto al valore del bene inizialmente stimato. A seguito del pignoramento ma prima della messa in vendita del bene, il Giudice dell’Esecuzione incarica un perito affinché rediga una relazione di stima sulla base del quale viene determinato il prezzo base d’asta. Nel caso in cui non sia presentata alcuna offerta di acquisto, il Giudice fisserà una nuova asta, partendo da un prezzo base inferiore.

Con tale meccanismo, in un periodo di recessione come quello attuale, non è raro che le aste giudiziarie vadano deserte ossia restino senza formulazione di alcuna offerta di acquisto anche 5,6 o 7 volte, con la conseguenza che un bene inizialmente stimato, ad esempio, per un valore di circa € 250,000,00 possa essere offerto in vendita ad un prezzo pari o inferiore a € 25.000,00.

Secondo alcuni Tribunali (Belluno, Foggia, Roma, Napoli), tale conseguenza deve ritenersi iniqua per il debitore sottoposto a pignoramento il cui bene sarebbe venduto ad un prezzo vile, presumibilmente non riuscendo neppure ad estinguere totalmente i propri debiti e a soddisfare integralmente i creditori.

Al fine di porre rimedio a tale situazione, questi Tribunali hanno fatto ricorso all’art. 164-bis disp. att. c.p.c. il quale prevede la possibilità per il Giudice dell’Esecuzione di disporre la chiusura anticipata del processo quando “risulta che non è più possibile conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese dei creditori, anche tenuto conto dei costi necessari per la prosecuzione della procedura, delle probabilità di liquidazione del bene e del presumibile valore di realizzo”. Tale possibilità è stata introdotta dalla legge in tema di provvedimenti urgenti per la lotta alla criminalità organizzata. Il fine perseguito dal legislatore era quello di ostacolare la prassi con la quale le organizzazioni criminali di stampo mafioso riuscivano ad aggiudicarsi beni immobili a prezzi molto bassi, interferendo nelle vendite immobiliari e facendo in modo che non venissero formulate offerte di acquisto a prezzi più alti.

La giurisprudenza ha chiarito che la sproporzione tra il giusto prezzo e quello offerto affinché si realizzi la condizione richiesta dalla legge per la sospensione della vendita, non deve necessariamente derivare da interferenze illecite ma può, altresì, discendere da fattori fisiologici quali, per l’appunto, da eccessivi ribassi, conseguenza di una serie di aste deserte.

Diversi Tribunali hanno da tempo fatto proprio tale principio, sancendo che costituirebbe una punizione ingiusta per il debitore proseguire un’azione che ha già dimostrato di essere infruttuosa, poiché, in tal modo, sarebbero frustrati gli interessi economici sia del debitore che del creditore.

In conclusione, quando il debitore viva una situazione analoga a quella descritta ossia nel caso in cui, a seguito di una lunga serie di aste andate deserte, il bene raggiunga un prezzo di vendita estremamente basso, potrà presentare, per il tramite di un legale, al Giudice dell’Esecuzione un’istanza tesa all’ottenimento di una pronuncia di estinzione della procedura esecutiva.

L’Avv. Rosa Carbonella, in veste di legale dell’Associazione Movimento Consumatori Capitanata, ha depositato circa un mese addietro, presso il Tribunale di Foggia – Articolazione Territoriale di Lucera, un’istanza ex art. 164-bis disp. att. c.p.c., nell’interesse di due associati, chiedendo al Giudice dell’Esecuzione di pronunciare l’estinzione del procedimento esecutivo in considerazione della conclamata infruttuosità dell’espropriazione forzata, derivante dall’elevato numero di aste andate deserte.

Nel caso di specie, il valore degli immobili, di proprietà degli associati, era stato liquidato dal consulente tecnico, nominato dal Giudice dell’Esecuzione, in € 250.000,00; a seguito di numerose vendite all’asta, andate deserte, il prezzo-base dell’ultima vendita all’asta era giunto ad € 25.000,00. La serie incessante di vendite aveva, perciò, determinato, un eccessivo deprezzamento dei cespiti: di conseguenza, l’eventuale esito positivo della vendita e la conseguente aggiudicazione, assai improbabili in considerazione dell’attuale crisi economica, non avrebbero, comunque, soddisfatto le pretese dei creditori, esponendo, in tal modo, i debitori alla sottoposizione di una successiva procedura esecutiva.

L’Organo Giudicante, a seguito dell’esame di tale istanza e dell’espletamento dell’udienza di comparizione delle parti, ritenendo fondata la richiesta formulata, dichiarava, con ordinanza depositata qualche giorno dopo, l’estinzione della procedura esecutiva, ordinando, nel contempo, la cancellazione della nota di trascrizione del pignoramento. Ciò sulla base del principio del contemperamento degli interessi sia del creditore, i cui debiti non sarebbero integralmente soddisfatti, che dei debitori i quali sarebbero depauperati di un bene, venduto e trasferito ad un prezzo notevolmente inferiore a quello stimato dal consulente tecnico d’ufficio.

Il creditore, in ogni caso, ha il diritto di proporre opposizione agli atti esecutivi nel termine perentorio di venti giorni, decorrenti dalla notificazione dell’ordinanza di estinzione del procedimento esecutivo, instaurando, in tal modo, un procedimento di merito la cui cognizione sarà devoluta ad un Giudice, differente dal Giudice dell’Esecuzione, il quale vaglierà la legittimità delle motivazioni addotte dai legali dell’opponente e degli opposti, anche alla luce della pregressa pronuncia dell’ordinanza di estinzione della procedura esecutiva.

(A cura di Bruno Maizzi , Presidente M.C. – San Severo, 30 aprile 2015)

4 commenti su "Maizzi: “Come bloccare vendita forzata bene con eccessivi ribassi prezzo d’asta”"

  1. Il caso su esposto è proprio il caso dell’illegalità esercitata dalla legge inerente all’esecuzione forzata dei beni messi sotto sequestro per soddisfare un credito derivato da sentenza.
    Ma tale caso riportato nell’articolo è il caso estremo più vile che consentiva la legge prima che si introducesse l’art. 164bis L. n. 162 del 2014.
    Al contenuto dell’articolo suddetto, anche “se avulso e poco comprensibile”, se non trattasi di una “IPOCRISIA” o dell’ennesima” PANTOMINA” lasciando un potere incondizionato al Giudice dell’esecuzione, si può dare una “interpretazione bilanciata”, per far si da non consentire lo schiacciamento della proprietà del debitore togliendogli tutti i diritti sanciti sia dalla carta dell’Ue e dalla carta Costituzionale Italiana,che salvaguardano la prima l’abitazione necessaria per la alla famiglia
    Ciò detto facendo inserisco alcune considerazioni considerazioni di merito che investono l’art. 164bis L. n. 162/2014
    Note interpretative dell’art. 164bis-Legge n. 162 del 12/09/2014.
    Andrea Fantucchio
    Art. 164-bis. Infruttuosità dell’espropriazione forzata. “Quando risulta che non è più possibile conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese dei creditori, anche tenuto conto dei costi necessari per la prosecuzione della procedura, delle probabilità di liquidazione del bene e del presumibile valore di realizzo, è disposta la chiusura anticipata del processo esecutivo.”
    Leggendo fra le righe del contenuto dell’art. 164bis-Legge n. 162 del 12/09/2014 emerge in modo palese che finalmente s’intende porre rimedio alla “salvaguardia del diritto” sacrosanto dell’abitazione che, secondo le precedenti disposizioni in materia, era invece soggetta ad una vendita forzata e veniva in buona sostanza depredata. Si consumava così un atto di ingiustizia che per certi versi definirei criminale, avallando un atto di “locupletazione indebita” che per principio “cardine” non è mai consentito dalla legge.
    Adesso, con l’introduzione dell’art. 164bis della L. n. 162/2014, il giudice è invece obbligato a tenere presente due aspetti che sono il valore di stima e il valore di vendita. Al fine di soddisfare nei limiti della legalità le pretese dei creditori senza però consentire la rapina del bene. Precedentemente, invece, si assisteva ad un atto di arricchimento ai danni dei debitori senza raggiungere l’obiettivo di sanare il debito. In buona sostanza un esempio di “rapina legalizzata”.
    Il giusto prezzo di vendita consente, invece, di pagare il debito evitando di commettere un atto di ingiustizia nei confronti dei debitori. Un modo di agire, quest’ultimo, che in passato è sempre stato messo in essere sventolando il vessillo della giustizia. Stiamo parlando di una giustizia assoggettata ai poteri forti che legiferava a senso unico schiacciando come vermi chi, per fatti contingenti e spesso non dipendenti dalla propria volontà, attraversava un periodo di difficoltà economica che non gli consentiva di sanare il proprio debito.
    La compressione del diritto (alla proprietà) del debitore non può mai pregiudicare in modo irragionevole i suoi diritti della persona. Questo principio è stato ribadito anche dalla Corte di Giustizia Europea che in una recente sentenza ha riaffermato l’importanza di tutelare il diritto alla casa di tutti quei debitori che versino in particolari condizioni di disagio sociale.

    Adesso il giudice ha la possibilità, attraverso l’applicazione dell’art. 164 bis della Legge 162/2014, di chiudere l’esecuzione “infruttuosa” consentendo al debitore di riappropriarsi della sua abitazione, o delle sue cose. “L’infruttuosità” per un fatto di giustizia è riferita al giusto recupero del valore del bene in vendita e non al solo recupero del debito ai danni del debitore.

    Applicare a un bene del valore di € 460.000 un ribasso del 30% è equiparabile alla richiesta di
    “duecento volte gli interessi di usura”. In sintesi, se il debito è di € 30.000 si chiede al debitore di pagare il 30% x 460.000 = € 138.000 + € 30.000 . Cifra che va poi integrata con le spese di giudizio.

    Presumibilmente il costo per il debitore può essere quantificato in € 30.000+138.000+€ 10.000 = € 178.000. Con un interesse quindi pari a 178.000/30000 = i € 593,33%

    Mi domando se questa non è una appropriazione indebita delle cose altrui

    L’art. 2 della legge 24.3.2001 n. 89 (“Legge Pinto”) prevede il diritto ad una equa riparazione a favore di chi abbia subito un danno, patrimoniale o non patrimoniale, per effetto di violazione della Convenzione per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali, ratificata ai sensi della legge 4.8.1955 n. 848, sotto il profilo del mancato rispetto del termine ragionevole di durata del processo di cui all’art. 6, paragrafo 1, della Convenzione.

    Andiamo alle considerazioni dell’enunciato dell’art. 164bis,

    Rifacendoci al testo dell’articolo di legge 164bis, quando si prendono in esame i termini “esecuzione infruttuosa” e il “soddisfacimento dei creditori” non deve mai esserci uno spazio di discrezionalità tale da consentire al giudice di esercitare un potere di schiacciamento del reale valore dell’immobile inducendolo, poi, a commettere un atto di ingiustizia nei confronti del debitore. Un comportamento, questo, in contrasto con la sentenza della Corte Europea e adesso con l’ articolo 164bis, che ha inteso porre rimedio ad una falla della precedente legge riaffermando con rinnovato vigore l’esigenza di una maggiore tutela di quel debitore che versa in condizioni di disaggio.

    In BUONA SOSTANZA se il debito non sparisce da dove gli deriva il diritto esercitato dal giudice dell’esecuzione consentendo ai delinquenti agli sciacalli alle iene ai pescecani di depredare il bene della prima abitazione privandola del suo valore patrimoniale per garantire solo questi soggetti,

    La CORTE DI CASSAZIONE ha stabilito che il prezzo offerto dall’acquirente deve essere adeguato al valore del bene messo in vendita per evitare una locupletazione indebita.

    Si chiede al giudice dell’esecuzione che fine ha fatto il diritto della dignità della persona umana se soppresso dalla libertà di profitto e di impresa che ha sempre esercitato in passato un diritto coercitivo fino all’appropriazione indebita “dei beni” degli altri che gli è stato sempre consentito da leggi che hanno avallato tale potere costrittivo.
    Forse, senza ombra di dubbio, ho una visione diversa della Giustizia, il Palazzo con l’interpretazione di norme che le considero spesso incostituzionali, si trasforma in un vampiro che succhia il sangue alle persone che non possono difendersi per finanziarsi.
    L’art. 164bis L. n. 162/2014 se ben interpretato pone un limite a tale abuso altrimenti nulla è cambiato se interpretato a senso unico a favore dei creditori “consentendo la rapina” del bene del debitore.
    Il diritto all’abitazione, è un diritto fondamentale garantito dall’art.7 della Carta dell’Ue, come sottolineato nella sentenza resa dalla Terza Sezione della Corte di Giustizia Ue nella causa C-34/13,

    NELLA SOSTANZA per la legge “il debito non sparisce,” assicurandosi che il debitore abbia migliori possibilità di vendere successivamente i suoi beni a prezzo di mercato ed estinguendo il proprio debito senza essere massacrato dalla speculazione.

    Con la chiusura del processo esecutivo, ai sensi del nuovo art. 164bis, non si vuole quindi estinguere indebitamente il debito nei confronti dei creditori, ma assicurarsi che la giustizia, in quanto tale, non possa commettere atti illeciti mascherandosi di legalità. Così che sia debitore che il creditore siano finalmente messi di fronte ad un ragionevole compromesso di giusta transazione.
    Che Dio ci salvi dagli atti illeciti e ancor di più se questi sono commessi sventolando il vessillo della giustizia.
    Andrea Fantucchio

  2. Buon giorno,
    vorrei sapere se la cancellazione della procedura secondo questa normativa si può applicare anche in caso di asta per divisione giudiziale.
    Sono un privato proprietario al 50% della mia abitazione, un affarista ha acquistato il 50% di mio marito e ha avviato la vendita all’asta, ci sono stati già tentativi di vendita andati deserti, ora c’è fissata una nuova data ad un prezzo ridicolo, poco più del 50% del valore, si può fare qualcosa per bloccare la procedura?
    Grazie mille.

  3. Mio bene peritato a E.940.000 assegnato a E.67.000. Inutile opposizione. E’ un furto!!!!

  4. Notizie confortanti. Peccato che i giudici non le applicano. Mio bene peritato E. 940000 ceduto a 67000. Inutili opposizioni

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