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Caso Cerciello: “Non poteva sparare alle spalle di un uomo in fuga”

AUTORE:
Maria Teresa Perrino
PUBBLICATO IL:
30 Luglio 2019
Editoriali //

Si è da poco conclusa la conferenza stampa tenuta dal Procuratore Sostituto di Roma, dal Procuratore Aggiunto di Roma e dal Comandante Provinciale dell’Arma dei Carabinieri.
I tre protagonisti hanno ricostruito le parti di loro competenza, anche con una testimonianza personale, ricostruendo cronologicamente sia i fatti sia la posizione dei vari personaggi che si sono avvicendati nel tragico accoltellamento del vicebrigadiere Cerciello.

Tutti e tre sono addirittura partiti dalla foto del complice del reo confesso, che lo mostrava ammanettato con le mani dietro la schiena e bendato. Hanno confermato che la prima denuncia per questo comportamento non previsto è venuta dai vertici dell’Arma dei carabinieri. Il Procuratore Aggiunto, presente con il Procuratore di turno in quella notte, ha visto i due incriminati in buone condizioni fisiche, senza segni di alcun genere . Alla domanda di un giornalista se i due fossero ubriachi, ha risposto che da subito non sono state fatte le analisi, ma che era evidente in loro uno stato di prostrazione, confermato, oltre che dalle analisi successive, anche dal racconto che i due americani avevano voluto rendere.
Infatti, prima dell’interrogatorio, non indispensabile ma volto solo a dare la possibilità ai due giovani di esporre la loro versione dei fatti, l’avvocato difensore nominato d’ufficio si è consultato da solo con il giovane affidatogli, per verificare l’intenzione di rendere testimonianza. E così è stato.

Essere in borghese

Dunque si sono chiariti tanti aspetti che in questi giorni hanno suscitato domande un po’ ovunque. Essere in borghese è una delle modalità di pattugliare territori che tra l’altro ne fanno richiesta, soprattutto dove si verifica la cosiddetta movida, dove ci sono tantissime persone e dove si consumano reati sul patrimonio: rapine, scippi, con annesso spaccio e consumo di droghe.
I due carabinieri sono stati invitati ad intervenire nella vicenda dalla centrale operativa che aveva registrato la richiesta di ricevere assistenza da parte di una persona cui era stato sottratto lo zainetto, per riottenere il quale doveva pagare un contributo in danaro.
Tutti e tre, i due carabinieri e il richiedente aiuto, si sono recati sul luogo dell’appuntamento; il civile è stato messo al riparo. I due carabinieri si sono avvicinati a due ragazzi incappucciati, che senza alcun preavviso hanno scaraventato a terra il carabiniere Varriale e ferito con 11 fendenti il vicebrigadiere; i colpi sono stati inflitti con una violenza che ha consentito alla lama di attraversare organi vitali giungendo fino all’elsa. Il carabiniere sopraffatto si è preoccupato di soccorrere il suo compagno che grondava sangue e alla domanda di un giornalista sul perché non avesse sparato ai due in fuga, il Comandante Provinciale ha risposto secondo due indicazioni: non poteva sparare alle spalle ad un uomo in fuga, altrimenti sarebbe stato a sua volta indagato; non ha nemmeno pensato di fare altro che accudire il più possibile al collega riverso a terra nel sangue.

Altre pattuglie sono accorse quasi in contemporanea ma l’albergo dove i due americani si sono rifugiati dista solo 80 metri dal luogo del delitto, per cui sono sfuggiti agevolmente anche ai nuovi arrivati in soccorso dei colleghi feriti.
Di ogni fase c’è la registrazione a disposizione di tutte le parti che ne faranno richiesta.

Le ricerche difficili in mezzo ai turisti

Il Procuratore Aggiunto, presente a quasi ogni momento della permanenza nella stazione dei due americani, ha detto che non ringrazia i carabinieri per senso di dovere ma per un senso di forte partecipazione perché bisogna immaginare, senza difficoltà, che era praticamente impossibile risalire agli autori del delitto in poche ore, fra migliaia e migliaia di turisti e di turisti di giovane età a Trastevere.
Un gioco di squadra perfetto, in cui si incastona l’episodio del giovane bendato che è già oggetto di indagine rigorosa e severa e per nulla di parte.
L’accusa che fossero nordafricani era stata formulata da chi aveva subito il furto dello zainetto, presumibilmente per non dare ai carabinieri la notizia che conosceva i due soggetti ricercati< Le videocamere e le testimonianze attendibili, sicure e chiare, hanno consentito di sciogliere presto l’equivoco volutamente introdotto nelle indagini. L’impressione che si ricava in questi contesti delle conferenze stampa è che i giornalisti, che hanno sicuramente avuto tutto il tempo di conoscere anche prima lo svolgimento dei fatti ora ufficializzati, abbiano poste domande che prevedevano uno scenario di tempi lunghi, di razionalità, di gente in piedi.
Non è così, è stato il senso del sottotesto che con poche parole chiave è stato illustrato in particolare dal Comandante Provinciale: c’erano due persone ferite, una in modo che è apparso subito in tutta la sua gravità; il carabiniere sopraffatto in pochi attimi ma ferito in modo meno grave ha giustamente e correttamente pensato al suo collega riverso in un pozzo di sangue.

Forze dell’Ordine contro il volto peggiore dell’umanità

Una delle frasi che non si possono dimenticare è quella, sempre del Comandante Provinciale, sulla “impossibilità di sparare alle spalle perché in tal caso il carabiniere avrebbe risposto lui di un reato”. Poche parole. Pesanti come macigni.
Esiste una disciplina che guida i gesti ordinari di comportamento che fanno parte del protocollo con cui ci si muove fra le forze dell’ordine. Ivi compreso l’uso delle armi.
Dal tono usato dal Comandante nel ricordare questo protocollo non si evince nessuna accusa precisa e nessuna difesa particolare. E’ così e basta.
Questa è la realtà con cui le forze dell’ordine si confrontano quotidianamente con il peggiore volto della umanità.
Ma è impossibile che non sia scattata in noi ascoltatori la domanda, cui non potremo certo rispondere, se non sia talvolta decisamente impari, di fronte ad un accoltellamento di questa ferocia, la proporzione fra le armi a disposizione delle forze dell’ordine e quelle nelle mani, di fatto senza limiti, dei delinquenti che si spingono fino all’assassinio.
I social, dove la legge del filtro dei messaggi è meno forte rispetto agli altri media, non hanno avuto dubbi: troppo è lasciato nelle mani dei potenziali assassini.
Insieme anche alla consapevolezza del grande equilibrio con cui sono stati trattati i due giovani e soprattutto all’apprezzamento di indagini rivolte alla persona che aveva abusato, sia pure per quindici minuti, di forme di detenzione naturali in altri Paesi ma non evidentemente in Italia.

Maria Teresa Perrino

1 commenti su "Caso Cerciello: “Non poteva sparare alle spalle di un uomo in fuga”"

  1. La cosa più CRUDELE di questa triste storia, è la CATTIVERIA più assoluta di scagliarsi verso un’altro ragazzo e infilzare 12 coltellate e dire ” non credevo che era un CARABINIERE “.
    Perché, nel caso fosse stato un’altro soggetto, si può sprigionare una simile cattiveria diab…..?????
    Speriamo che almeno in queste tragedie la legge faccia giustizia.

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