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Manfredonia. La Chiesa è contro la Mafia

AUTORE:
Redazione
PUBBLICATO IL:
30 Settembre 2019
Editoriali // Gargano //

L’estate, specie al sud, è ricca di feste patronali, di novene e di riti religiosi che hanno nella devozione popolare un loro appiglio che sembra resistere a quel processo di secolarizzazione che altrove sta dichiarando la fine della religione.

Purtroppo siamo stati per troppo tempo abituati a vedere e a vivere le feste patronali come un fatto puramente religioso. Una sorta di bigottismo sterile e infecondo che tradiva il messaggio autentico del cristianesimo evangelico, solo perché fondato su dualismi anacronistici che si nutrivano della separazione tra vita spirituale e condizioni materiali, tra culto da rendere a Dio e servizio all’uomo in termini di giustizia e carità.
Come se la religione fosse sganciata dalla vita sociale e dai problemi reali della vita quotidiana. Una religione che il filosofo L. Feuerbach vedeva come una forma di “alienazione” e K. Marx definiva “oppio dei popoli”, cioè uno strumento nelle mani dei ricchi e dei potenti per addomesticare le masse ignoranti, per assopire le coscienze in modo da avere campo libero nella gestione del potere senza che nessuno si potesse ribellare.

Era questa una visione della religione che, anche se rifletteva le condizioni storiche di un certo cristianesimo ormai datato, non corrisponde affatto al messaggio evangelico che invece vede un Gesù di Nazareth usare la religione come critica sociale e come risveglio delle coscienze, come un vera propria liberazione interiore dalle radici del peccato che possono essere non solo individuali ma ancor più sociali, e per ridare dignità alle persone, specie agli ultimi, ai diseredati e agli sfruttati.
Su questa linea, e sulla scia già tracciata dal compianto Mons. Michele Castoro, si va ponendo in questi suoi primi mesi di episcopato il nuovo arcivescovo della diocesi di Manfredonia-Vieste-S. Giovanni Rotondo, Mons. Franco Moscone.

Lo ha fatto nel messaggio proclamato alla fine della processione in onore della Madonna di Siponto, quando, invitando la città di Manfredonia a “rialzarsi” ha sottolineato che “Il rispetto e promozione della legalità è un punto focale per il nostro territorio garganico tanto come società civile che ecclesiale”. Per Padre Franco Moscone “Il crescere esponenziale di azioni violente, fino agli omicidi ed alla sparizione di persone … non ci possono lasciare silenti”.

Come a dire che la legalità non è un regalo che dobbiamo aspettarci che venga dall’alto dei poteri, ma è patrimonio di tutta una comunità e si costruisce dal basso. Più che un regalo o una concessione è un impegno che coinvolge tutti a vario livello: culturale, educativo, sociale e vivile, politico ed economico. E anche religioso!
Per questo motivo per Padre Franco Moscone “Denunciare l’illegalità è un dovere”. E ancora di più “lo è il farsi protagonisti di gesti di legalità, partendo da quelli che, scorrettamente, possiamo giudicare meno significativi”.

La legalità comincia dai gesti di vita quotidiana: “Se non rispettiamo la legalità diventa inutile lamentarsi per la carenza di lavoro o per la desolante fuga dei nostri bravi e volitivi giovani in altre regioni italiane ed europee per studio e attività professionali. Al di fuori di un recupero della legalità, infatti, non c’è spazio per lo studio serio ed il lavoro onesto che producono a loro volta ricerca e novità lavorative-occupazionali”.

Da qui la necessità di educare e soprattutto di educarci al rispetto delle regole cominciando da quelle piccole e ovvie. “Educare alla legalità significa innanzitutto prendere coscienza della realtà per quello che è, senza nascondersi dietro false etichette, paure, morosità e sterili lamentele, cercando di innescare processi positivi nelle imprese (che esistono nel nostro territorio e sono capaci di progettare), nelle scuole, nelle associazioni, nei gruppi di riferimento a cui ognuno a titolo diverso aderisce. Manfredonia non perdere la speranza, ri-alzati decisa sul fondamento della legalità”.

Nessuno si aspettava che alla fine di un evento religioso quale un processione si potessero ascoltare parole così forti su questioni sociali che interpellano i cittadini prima che i credenti, ma anche la politica e di riflesso l’impegno di tutte le forze sociali e civili della città.

Lo stesso è accaduto ieri a Monte S. Angelo, durante la festa in onore di S. Michele. In questa occasione Padre Franco ha esordito dicendo che non solo la mafia garganica ha una sua specifica connotazione, ma soprattutto che “Chi è nella mafia pensa di essere libero ma in fondo ha un piede nella fossa e uno legato alla catena…pensa di assoggettare ma in fondo è assoggettato”. Padre Franco ha invitato i mafiosi locali a “convertirsi” on solo a Dio ma anche all’uomo, a quella legge morale che secondo il filosofo Kant si trova ognuno di noi, anche in loro.

Il risveglio è cominciato e ha preso avvio dalla chiesa che promuove nelle coscienze un processo di liberazione dalla paura e dall’omertà, dall’inerzia e dall’indifferenza verso tutto ciò che è pubblico e sociale. Ora, tali coscienze vanno accompagnate in un cammino di maggiore consapevolezza sociale e civile per estirpare le ragioni socio-storiche e culturali che hanno permesso il radicarsi di questo male che in fondo non è così potente come appare, ma che al contrario mostra già segni di debolezza e che pertanto può essere combattuto insieme e con speranza.

A cura di Michele Illiceto,

Manfredonia, settembre 2019

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