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Pippo Pollina e le sue note vitali (Video)

AUTORE:
Redazione
PUBBLICATO IL:
30 Dicembre 2010
Teatro //

Pippo Pollina (swissinfo.ch)
Pippo Pollina (swissinfo.ch)
Monte Sant’Angelo – CANTARE la sua musica è assaporare godurie culinarie originali. I giorni bianchi e rossi del Natale si stanno avvicinando e, in un clima tutto italiano come quello che stiamo vivendo, così freddo e intriso di rabbie e paure, le sue note ravvivano per davvero. Pippo Pollina è un cantautore italiano e molto di più. Ogni giorno puoi lasciarti andare ai suoi scritti, alle sue melodie, alla sua arte che incanta e sa di familiare in Italia, come in Germania, in Svizzera, dove vive, o in una qualsiasi altra parte del mondo. Sa regalarti momenti che diventano tuoi se ci si perde tra le sue armonie.


PROFILO
– Nasce a Palermo nel 1963, inizia a suonare e a scrivere, contemporaneamente, all’età di sedici anni. Conta collaborazioni con personaggi come Van Morrison, Tracy Chapman, Nada, Konstantis Wecker, Inti Illimani. E’ uno dei fondatori degli Agricantus con cui si esibirà sino al 1985 in concerti nazionali ed esteri. Il libro è un altro dei bei mondi di Pippo, a breve uscirà “Abitare il sogno”. La sua musica, la sua vita, la sua biografia, scritta dal giornalista torinese Franco Vassia, si anima tra le righe. “Questo ottimo compositore, caro agli dei” come lo definisce Franco Battiato, ha una voce calda. E quando canta, conta per due, per tre, quattro voci assieme dando ad ognuna toni dalla elegante particolarità. E’ bello ascoltarlo. Entra dentro gli animi e scalda il cuore. Alla fine di uno dei suoi preziosi concerti, ho il piacere di conversare con lui. E’ molto pacato nel parlare e mette tranquillità.

Gli chiedo subito di Palermo.


In una parola la tua città natale?

Non mi risponde, sembra cercarla con gli occhi nei suoi pensieri. E dopo qualche secondo mi dice che gli viene in mente“la parola che usò Leonardo Sciascia: irredimibile”.

Un aggettivo per l’Italia?
La chiamerà “la sua ex patria”, perchè non ne ha un’ altra” e “povera non materialmente ma poveraccia, ridotta male, tradita dalla sua gente”. Pippo sembra adombrarsi e si percepisce quel suo guardare all’Italia con preoccupazione. Così come i genitori della mia generazione guardano e vorrebbero poterci accompagnare a lungo perchè sanno che non avremo un futuro certo.

Il passato invece è intriso di ricche esperienze come quella con il direttore Giuseppe Fava, ucciso dalla mafia. Con lui collaborerà da studente universitario, come giornalista, diffondendo così a Palermo, anche nei quartieri a rischio, il giornale catanese con l’aggiunta delll’inserto palermitano “i siciliani giovani”.

Mi parla di Fava come “un romantico, una persona che amava molto la Sicilia e l’ha idealizzata nel bene e nel male. Era uno a cui piaceva molto raccontare storie di Sicilia. La conosceva talmente bene e amava farlo. Nel leggere i suoi articoli questo amore trasudava immagini che riusciva a forgiare attraverso le parole. E’ questa la cosa bella che mi è rimasta di lui:la percezione chiara dell’amore che lui aveva di questa terra, della sua storia”. Io sto zitta e mi godo questa poesia. L’amore per la Sicilia “si amplifica” a toni alti nei suoi occhi. Credo la stesse immaginando nel parlarmi.Così ne approfitto e a voce tiepida nomino: “versi per la libertà”.

Quando scrivi abitualmente? Era giorno o notte quando hai composto questa canzone. “Non c’è una regola. Tendenzialmente però prima le scrivevo di notte. Oggi invece lavoro preferibilmente di giorno, sono più lucido, più presente, più creativo di giorno. Nel pomeriggio, dopo pranzo inizio a carburare”.

Si sorride dopo il mio: ah, dopo l’espresso?
Su “Versi per la libertà” invece mi dice che “era un periodo in cui ascoltavo molta musica latino-americana” e bene in mente è la critica di un giornale che scrisse: “il concerto si è concluso con una bella canzone dal vago ricordo latino-americano”.

Dal ’85 Pollina tuttavia non l’ha più cantata, è stata ripresa nel 2000 quando il suo discografico gliela sente canticchiare con grande riscontro. Uscirà con l’album “Elementare Watson” solo in Svizzera, Germania e Austria e ad un anno di distanza, in Italia, con l’album dall’omonimo titolo “Versi per la libertà”.Nel giro di poco tempo questa canzone ha assunto “la sua centralità” se si pensa che è stata “riscoperta dall’oblio”, dice l’artista. E nella mia vita ha di sicuro preso un posto in prima fila, è stata una pedina che si è fatta avanti, facendo scacco matto o un pezzo di puzzle che mancava, come input, ad un nuovo quadro di vita. Il mio. Circa due anni fa, infatti, si è finalmente scoperto che sono celiaca. Finalmente perchè non è stato facile convivere con i suoi sintomi, erano troppo insistenti e indiscreti. E finalmente, soprattutto perchè tornare a star bene e fare quello che vuoi, senza limiti di forze che venivano a mancare prima, bè è qualcosa di semplicemente grande. A pelle non mi stava granchè simpatica, troppo fastidiosa, puntigliosa da seguire. Per dirla tutta: pesante.

Ma ho voluto fare la ospitale e ho cercato di conoscerla e conoscermi insieme a lei. I sapori del cibo senza glutine s’impongono. Non c’è un ma, un se. Sono così e basta. O li accetti per come sono o, come me e tanti altri, per i primi mesi, stai lì a parlarci come se loro ti sentissero. E gliene dici quattro ogni giorno che passa, finchè non ti stanchi, la fame avanza e decidi che in fondo puoi sempre aggiungerci un ingrediente, a piacere, ma fondamentale. Chessò una spruzzata di sorrisi che addolciscono il tutto o pepe nero che ravvivi. Ad ogni modo io consiglio sempre della buona musica, piatto forte in ogni occasione.

Versi per la libertà è il piatto in questione. Mi ha stuzzicato, troppo. Le sue parole, la sua melodia, i messaggi di libertà sovrastano ma con garbo. Io ero alla disperata ricerca della mia di libertà! E fame chiama fame di cose buone, genuine. Insomma il pranzo è stato servito. Registrai con un amico, Giuseppe Totaro dei Tarantula Garganica, “Versi per la libertà”, spronata da mio padre, riprendendola quest’anno in una mia fase di riflessione riguardo ad un esame: storia dell’arte cristiano ortodossa, la storia del III sec d.C e delle lapidazioni che furono. Al telegiornale danno la notizia della lapidazione di cristiani. E’ tutta storia moderna, mi dico. Qualche giorno prima c’era Sakineh e i diritti umani lapidati da salvare. Il sindaco Vassallo ucciso dalla mafia e la libertà presa a sassate in ogni sua forma. E’ scattata la rabbia da placare ed un video da creare. La musica è un ottima spezia, ci sta su tutto.

E’ anche un ottimo “antimafia”. E’ Peppino Impastato che ha ispirato, tra gli altri pesronaggi inseriti, il mio video. A Pippo Pollina è piaciuto e dopo alcuni giorni mi ha proposto di cantare la sua “Versi per la libertà” ad un suo concerto in Germania. Tre mesi prima il cantante è invitato da Giovanni Impastato a Cinisi per festeggiare i 10 anni del film “I cento passi”. Il comune dava le chiavi della casa di Tano Badalamenti al fratello di Peppino. E lì nella sala in cui fu decisa la sua morte, a 100 metri da quella di Peppino, il cantautore siciliano intonerà questa sua canzone sicula che ha reso liberi i pensieri di chi ha conosciuto gli ideali, i principi ed i valori di un uomo troppo presto andato via.

“Una grande emozione” per l’artista, quella che regala anche a noi con le sue altre canzoni. Luntanu, Chiaramonte Gulfi, Leo, Il cameriere del principato e i suoi altri più di 150 brani arricchiscono una discografia di oltre 15 album.

Salto la domanda, mi viene in mente Sambadiò al alta voce e comincia dicendomi: “Sambadiò sai che cos’è, è una canzone che ho scritto quando ci fu nel 2002 la guerra in Bosnia. Ho conosciuto una famiglia bosniaca di esuli che chiesero asilo politico in Svizzera e mi raccontarono tutta la loro storia. Ed io mi sono immaginato questo padre che cantava una ninna ninna ai propri figli sperando di riuscire a farli dormire mentre cadevano le bombe. Ed io ho scritto questa canzone e per anni non l’ho mai cantata per il pubblico ma solo come ninna nanna per i miei figli. A loro piaceva. Poi un bel giorno siccome gliela cantavo sempre prima di dormire, crescendo loro mi dissero: e basta papà di nuovo Sambadiò, basta. Ah, allora la canto per il pubblico”.

Io scoppio a ridere. Me lo racconta quasi in siciliano e non si accorge di come si stia lasciando andare agli affetti e del gran sentire che regala. Sorride quando racconta.

Io irrompo con le mie domande. E lui mette a tacere la mia curiosità dicendomi: “adesso ti spiego”. Così mi parla di “Canzone Quarta” collegata alla strage di Ustica. “E’ un grido di dolore, un lamento di chi ha perso una persona amata in quel tragico evento. L’ho pensato in siciliano. Perchè è in siciliano che quel tipo di grido di dolore può essere espresso. Questo è un genere di…non so come dirti…” e si ferma per qualche secondo. Riprende con un tono più duro quasi si risvegli quel dolore passato che ha fatto anche suo. Questa fortissima lacerazione gridata, secondo me può esssere espressa meglio nel proprio dialetto che non in italiano, ecco. Perchè non è una canzone che prevede una elaborazione intellettuale ma è una cosa molto di pancia e quindi andava fatta così. E’ forse una delle più belle canzoni in siciliano che abbia scritto”.

I versi più belli di “Canzone quarta”che ti rappresentano? E lui: “ma non c’è un verso in particolare”. E qui irrompo di nuovo, quasi stupita. Cerco di pronunciare come merita quel “ ti vulissi dare na stizza”.La intona per bene in siciliano: “na stizza di munnu ti vulissi dari”! “Vorrei regalarti una goccia di questo mondo perchè tu non puoi più percepirlo, anche solo una goccia di mondo per me sarebbe già abbastanza fartela sentire perchè possa testimoniare che tu sei ancora qua ed invece non ci sei più”. Avendo conosciuto i parenti delle vittime della strage di Ustica che sono in misura per il 70/80 per cento siciliani ho avuto modo di sentire sulla pelle, da parte loro, tutta quella disperazione. Sia pur passati 30 anni quelli stanno lì con la faccia di chi sta aspettando che la porta si apra e sia tutto uno scherzo”.

Si crea del silenzio e io gli faccio l’unica domanda che mi ero preparata davvero se avessi avuto modo di chiacchierare con lui. Quale dei cantanti italiani ritieni rappresenti di più l’Italia e quale rappresenta l’Italia migliore? “La canzone d’autore è un fenomeno che comincia ad essere abbastanza vecchio. Siamo nel 2010, negli anni sessanta iniziava questa avventura artistica. E ancora oggi c’è qualcuno che vive. Prendi per esempio Gino Paoli. Ha una settantina d’anni ed è uno dei cantautori della prima generazione. Rappresenta una certa Italia che non c’è più. Qual è l Italia di cui stiamo parlando, l’Italia degli xfactor? Allora ti dico: non ho idea. Se l’Italia è quella, io non la conosco. La canzone italiana è talmente variegata. Va da Paolo Conte a Toto Cutugno. E’ come l’arco costituzionale dell’estrema destra e dell’estrema sinistra, cioè di che stiamo parlando? Quindi è difficile poterne discutere in pochi minuti. Posso dirti quelli che piacciono a me o quelli che non mi piacciono affatto ma è una cosa del tutto personale, non vale niente”.

L’ultima domanda io non ce l’ho. Ma gli chiedo: sei contento che io abbia cantato con te? “Molto. Sono contento che sei venuta, che hai fatto questa esperienza, che hai cantato per altro oggi molto bene, devo dire. Chiaramente se questa esperienza non terminasse oggi, se andasse ancora avanti potremmo fare due canzoni.
Banneri, interrompo io. “Oppure Canzone quarta visto che ti piace” risponde lui.

Se dovessi elencarle tutte la lista sarebbe lunga, ma ho saputo contenermi. Non smetterò mai di dire invece che questa “avventura tedesca” nata così per caso, grazie alla musica, ai mezzi moderni e a chi per un attimo ha voluto credere in me, è stata semplicemente stupenda. Mi voglio tanto più bene ed è una bella sensazione.La celiachia me la son fatta amica e la Musica ci accompagna.

stefania.gue@libero.it

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