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Il Re Sole a Manfredonia e l’esempio di Fitto

AUTORE:
Redazione
PUBBLICATO IL:
31 Marzo 2010
Editoriali //

Angelo Riccardi durante il comizio in Piazza Stella con Massimo D'Alema (image S.De Nittis)
Angelo Riccardi durante il comizio in Piazza Stella con Massimo D'Alema (image S.De Nittis)
Manfredonia – “IL potere corrompe. Il potere assoluto corrompe in modo assoluto“, scriveva Lord Acton. All’indomani dello spoglio delle comunali, spoglio che ha decretato lo strasuccesso a Manfredonia del candidato sindaco Angelo Riccardi, con la percentuale bulgara (imbarazzante, si potrebbe aggiungere) pari al 72,49% delle preferenze, il monito sembra risuonare nella testa comune. Chi auspicava un cambiamento di colore di amministrazione a Palazzo San Domenico è rimasto infatti deluso, ma questo è nella normalità dei fatti. Ciò che invece preoccupa è la conferma, paventata dagli osservatori più attenti, dell’inesistenza di una classe dirigente di centrodestra nel territorio locale.

RICCARDI vantava una coalizione coesa e quindi molto forte, sostenuto com’era da “pezzi da novanta” nelle liste, candidati provenienti da settori chiave della cosa pubblica ( sanità, etc.), oltre che da un feeling ‘lungo quindici anni’, ma non per questo meno decrescente, tra cittadinanza e centrosinistra. E poi, come non ricordare l’appoggio delle testate giornalistiche locali, poco critiche verso le mancanze, e carenze, delle passate amministrazioni targate Pd e verso quello che oggi è definito, dalle stesse, come il “Re” di Manfredonia. Riccardi aveva dunque tutte le carte in regole per vincere la competizione elettorale, e tra di esse spicca l’asso rappresentato dall’alleanza con l’Unione di Centro (Udc), oggi ‘vero fumo negli occhi’ per il centrodestra perdente, che considera il partito di Casini determinante nella emorragia di voti.

Quale sia stato l’elemento più degli altri causa della vittoria riccardiana, è certo in ogni modo che il candidato del centrosinistra aveva in sè dei punti deboli: un eloquio capace di sfigurare al cospetto di qualunque altro relatore (agli annali la gaffe “non avete idea di quante mani ho strinto” -sic!- pronunciata da uno stremato Riccardi durante l’ultima fatica, il comizio di chiusura con un D’Alema accanto, che, magnanimo, finge di non sentire), un fare rude e modi spicci, un fratello rinviato a giudizio. Eppure tutto questo non ha impedito di stravincere a Riccardi, favorito, si ripete, da una stampa per nulla critica nei suoi confronti. Anche quando qualche voce isolata ha cercato di far notare le magagne insite in alcune candidature eccellenti, le critiche sono cadute però nel vuoto, scontrandosi con un muro di gomma impenetrabile ed inscalfibile.

Il popolo sovrano, per dirla con il Premier Berlusconi, ha votato col cuore, o con la pancia (meglio, oltre che più attinente, il Riccardi trionfante perdonerà la facile battuta), senza perdersi in quisquilie quali processi pendenti&storiacce di ricatti e minacce, e ha mandato a Palazzo San Domenico i soliti noti, con poche sorprese rappresentate dai giovani di belle speranze e puri ideali che, si spera, resteranno puri a lungo (Brunetti, Conoscitore, Facciorusso, e pochi altri nomi nuovi). Ma in realtà il vero motivo del trionfo di Riccardi è dato dall’inconsistenza del centrodestra sipontino, già causa dei successi di Campo in passato.

Il primo partito in Italia, il Pdl, a Manfredonia raccatta un misero 14%, cioè poco più dell’Udc ( 11% ); ritenere che ciò dipenda dal fatto che si è in terra “rossa” è semplicistico e assai superficiale come analisi.
Manfredonia è sì terra di sinistra per tradizione, ma lo è perchè nel feudo di Tonio Leone da parecchi anni non ne azzeccano una. Oggi la gente dice che era noto a tutti che Stefano Pecorella non avrebbe vinto: e allora, se si tratta di una verità urbi et orbi conosciuta e da tempo, perchè candidarlo? L’uomo Pecorella era preparato e di eloquio forbito, ma appariva ineluttabilmente freddo, distaccato e assai poco coinvolgente per la platea manfredoniana.

La divisione interna al centrodestra, i coltelli volanti tra la opposte fazioni Leone, Pecorella&C. e la Gatta family erano sotto gli occhi di tutti, come pure la maggiore simpatia ed empatia tra la città e il neo eletto consigliere regionale Gatta. Tra il british avvocato Pecorella e le pance manfredoniane non si è mai creato, invece, nessun feeling, e non si capisce a questo punto come facessero Leone e combriccola ad ostentare speranze e sicumera a pochi giorni dal voto.

Che atmosfera captavano a noi non pervenuta? Mah.

Nell’ora della resa dei conti il vice presidente della Camera Leone, deus ex machina delle strategie del centrodestra sipontino e della candidatura a sindaco dell’avvocato Pecorella, dovrebbe pertanto assumersi le sue responsabilità personali.

Il ministro Fitto l’ha già fatto: si è infatti dimesso, in un Paese dove non si dimette nessuno ( se non qualche ‘sorpassato’ del Pd), all’indomani del clamoroso successo di Vendola sul braccio destro del ministro stesso, quel Rocco Palese noto solo per essere definito il “candidato Cioè“. Il gesto di Fitto deve essere oggi di esempio per il vice presidente della Camera Leone: nell’interesse di Manfredonia, che ha bisogno di una sana alternanza, di un’opposizione forte alla neo-eletta amministrazione.

Un sovrano assoluto non è un bene per nessuno, Manfredonia non deve avere un Re Sole il cui impero spazi da est a ovest, senza veder mai tramontare il sole sull’orizzonte. Lord Acton insegna: i contrappesi, le opposizioni devono essere forti, pena la fine della separazione dei poteri e l’inizio di un dominio incontrastato ed incontrollabile.

3 commenti su "Il Re Sole a Manfredonia e l’esempio di Fitto"

  1. Complimenti per l’articolo che è un preciso ed obiettivo ragguaglio sulla situazione odierna (e forse sempiterna) di Manfredonia e della prevedibilissima sconfitta di Pecorella.

    (si attesta che il commento in epigrafe non riguarda un rappresentante dell’associazione artigiani di Manfredonia. Elemento appurato dalla data di nascita della persona che ha espresso un proprio libero commento – ndGdF).

  2. In fin dei conti il popolo manfredoniano è stato sincero: agli addominali da tavola dell’uno ha preferito la sana e genuina protuberanza adiposa dell’altro…Che dire?Ah si:alla fine il senso di demorcazia che infuriava così tanto nel vincitore ha permesso che lo si chiamasse “Re di Manfredonia”…davvero davvero molto democratico questo nuovo (quasi) inizio di legislatura…Che Riccardi sia con voi e che il suo fare (ed agire) democratico ed egualitario possa fungere da monito alle vostre subdole membra sovversive, del resto, tutti gli animali sono uguali….ma ci sono alcuni più uguali degli altri (G. Orwell).
    PS:complimenti alla giornalista per la discreta quantità di testicoli ostentata nello scrivere questo articolo…davvero brava…

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