BARI – Sei anni di reclusione per concussione e violenza sessuale aggravata nei confronti di una studentessa, oltre al risarcimento all’Università degli Studi Aldo Moro di Bari: è quanto rischia il docente di diritto civile Fabrizio Volpe. Ieri, il pm Marco D’Agostino ha chiesto la condanna del professore per fatti risalenti al 2014-2015.
Secondo l’accusa, Volpe avrebbe richiesto prestazioni sessuali e denaro per il superamento degli esami, minacciando la presunta vittima.
Il processo si avvia alla conclusione, a quasi tre anni dall’inizio del dibattimento e più di un decennio dai fatti contestati. Volpe, assistito dagli avvocati Elio Addante e Angelo Loizzi, ha sempre negato le accuse, sostenendo la correttezza dei suoi comportamenti. Nel processo si erano costituiti parti civili l’Università e la studentessa, ma quest’ultima ha recentemente ritirato la costituzione.
Le indagini rivelano che Volpe avrebbe costretto una studentessa di 23 anni a subire atti sessuali nel suo studio privato, minacciando di ostacolare il proseguimento dei suoi studi se non avesse acconsentito. Avrebbe inoltre chiesto 500 euro per esame e 1.000 euro in contanti per superare Diritto Civile, dopo aver tentato nuovamente di abusare della ragazza.
Durante il processo, sono state ascoltate le presunte vittime e vari testimoni, tra cui colleghi di Uniba, rappresentanti degli studenti e collaboratori dello studio privato, oltre all’ex preside della Facoltà, Massimo Di Rienzo, inizialmente coinvolto nell’inchiesta per mancata denuncia ma poi scagionato.
In una delle ultime udienze, è emerso uno scambio di messaggi tra il professore e la studentessa e un audio registrato dalla ragazza di una loro conversazione.
Tre anni prima dei fatti per cui ora Volpe rischia sei anni di reclusione, nel 2011, avrebbe tentato di ottenere prestazioni sessuali da un’altra studentessa di 20 anni, minacciandola implicitamente di conseguenze negative durante l’esame di Istituzioni di Diritto Privato. Questa vicenda è stata dichiarata prescritta dopo tre richieste di archiviazione e la prima richiesta di rinvio a giudizio nel 2019.
Lo riporta Lagazzettadelmezzogiorno.it