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CASTELLO Assoluzione per Fabio Manganaro, il maresciallo che bendò Natale Hjorth in Caserma

Il segretario nazionale del Nuovo Sindacato Carabinieri Ilario Castello: “Merita le scuse pubbliche della politica, delle istituzioni e dell’Amministrazione”

AUTORE:
Redazione
PUBBLICATO IL:
26 Luglio 2024
Cronaca // Primo piano //

In merito all’assoluzione di Fabio Manganaro, il maresciallo che bendò Natale Hjorth, uno dei due assassini del vice brigadiere Mario Cerciello Rega ucciso nel 2019, si registra l’intervento di Ilario Castello, segretario nazionale del Nuovo Sindacato Carabinieri, che commenta le motivazioni depositate nella sentenza di assoluzione del 26 aprile 2024 da parte della Prima Corte d’Appello di Roma.

“Con grande felicità – afferma il segretario – abbiamo letto la sentenza, in cui si evidenzia che la condotta tenuta dal nostro collega non è stata accompagnata dalla coscienza e della volontà di determinare un significativo peggioramento della libertà personale o di umiliare il fermato per fini vendicativi”.

Nessuna condotta criminosa, dunque, semmai la volontà di tutelare l’integrità fisica e psichica di Natale Hjorth, nel tentativo di riportarlo alla calma e di compiere al meglio gli atti di polizia giudiziaria, come recita la stessa sentenza.

Come scrivono i giudici d’appello, inoltre, “la scelta del bendaggio degli occhi è stata presa nella immediatezza, certamente non è stata programmata ed è risultata un’azione estemporanea e d’impeto in quanto Manganaro ha utilizzato il primo accessorio che casualmente ha rinvenuto nella stanza ovvero un foulard lasciato in precedenza da qualcuno sull’attaccapanni della stanza stessa. La mancanza di prova certa della durata del bendaggio stesso non può escludere che la stessa privazione del visus del giovane fermato si sia limitata a un numero indeterminato, ma limitato di minuti….deve pure considerarsi che Manganaro, in quel contesto ambientale assai complicato, ha dovuto prendere da solo e senza il supporto delle gerarchie superiori e senza potersi confrontare con altri colleghi, delle decisioni immediate importanti sulla gestione della persona fermata”.

“Questo passaggio, estrapolato dalle motivazioni – sottolinea Ilario Castello –   è meritevole di essere evidenziato e il Nuovo Sindacato Carabinieri, con spirito di orgoglio e di supporto verso il collega coinvolto, ci tiene a enfatizzarlo e a renderlo pubblico, perché esalta la professionalità del collega Fabio Manganaro”.

“Tutto ciò – spiega – ci riempie di gioia ma al tempo stesso non cancella la nostra memoria, fatta di condanne istantanee da parte dell’allora Capo del Governo Giuseppe Conte e dell’allora Comandante Generale, Generale Giovanni Nistri: è quasi paradossale, infine, e lascia l’amaro in bocca, scoprire a distanza di anni, che né il Capo del Governo né il Comandate Generale sono le autorità preposte a giudicare l’operato dei difensori dello Stato”.

Il segretario nazionale di NSC punta il dito anche contro la celebrazione del processo mediatico che ha coinvolto il maresciallo: trasferito in servizio provvisorio, Fabio Manganaro ha avuto pesanti ripercussioni nella sfera privata, familiare ed economica.

“Mi chiedo se sia possibile – aggiunge il segretario nazionale  – dopo una foto che scioccamente è stata fatta girare sui social, ma ricordiamoci sempre che Mario Cerciello Rega è stato assassinato con undici coltellate creando uno stato di agitazione e voglia di giustizia in tutti i carabinieri, che un difensore dello Stato, che con abnegazione e senso di giustizia ha catturato i due assassini del nostro compianto e mai dimenticato collega Mario, possa subire a stretto giro trasferimenti d’ufficio dopo venticinque anni di onoratissimo servizio nell’ambito investigativo, solo perché l’allora premier in quella foto ci vedeva sbrigativamente due reati”.

In merito all’assoluzione di Fabio Manganaro, il maresciallo che bendò Natale Hjorth, uno dei due assassini del vice brigadiere Mario Cerciello Rega ucciso nel 2019, si registra l’intervento di Ilario Castello, segretario nazionale del Nuovo Sindacato Carabinieri, che commenta le motivazioni depositate nella sentenza di assoluzione del 26 aprile 2024 da parte della Prima Corte d’Appello di Roma.

“Con grande felicità – afferma il segretario – abbiamo letto la sentenza, in cui si evidenzia che la condotta tenuta dal nostro collega non è stata accompagnata dalla coscienza e della volontà di determinare un significativo peggioramento della libertà personale o di umiliare il fermato per fini vendicativi”.

Nessuna condotta criminosa, dunque, semmai la volontà di tutelare l’integrità fisica e psichica di Natale Hjorth, nel tentativo di riportarlo alla calma e di compiere al meglio gli atti di polizia giudiziaria, come recita la stessa sentenza.

Come scrivono i giudici d’appello, inoltre, “la scelta del bendaggio degli occhi è stata presa nella immediatezza, certamente non è stata programmata ed è risultata un’azione estemporanea e d’impeto in quanto Manganaro ha utilizzato il primo accessorio che casualmente ha rinvenuto nella stanza ovvero un foulard lasciato in precedenza da qualcuno sull’attaccapanni della stanza stessa. La mancanza di prova certa della durata del bendaggio stesso non può escludere che la stessa privazione del visus del giovane fermato si sia limitata a un numero indeterminato, ma limitato di minuti….deve pure considerarsi che Manganaro, in quel contesto ambientale assai complicato, ha dovuto prendere da solo e senza il supporto delle gerarchie superiori e senza potersi confrontare con altri colleghi, delle decisioni immediate importanti sulla gestione della persona fermata”.

“Questo passaggio, estrapolato dalle motivazioni – sottolinea Ilario Castello –   è meritevole di essere evidenziato e il Nuovo Sindacato Carabinieri, con spirito di orgoglio e di supporto verso il collega coinvolto, ci tiene a enfatizzarlo e a renderlo pubblico, perché esalta la professionalità del collega Fabio Manganaro”.

“Tutto ciò – spiega – ci riempie di gioia ma al tempo stesso non cancella la nostra memoria, fatta di condanne istantanee da parte dell’allora Capo del Governo Giuseppe Conte e dell’allora Comandante Generale, Generale Giovanni Nistri: è quasi paradossale, infine, e lascia l’amaro in bocca, scoprire a distanza di anni, che né il Capo del Governo né il Comandante Generale sono le autorità preposte a giudicare l’operato dei difensori dello Stato”.

Il segretario nazionale di NSC punta il dito anche contro la celebrazione del processo mediatico che ha coinvolto il maresciallo: trasferito in servizio provvisorio, Fabio Manganaro ha avuto pesanti ripercussioni nella sfera privata, familiare ed economica.

“Mi chiedo se sia possibile – aggiunge il segretario nazionale  – dopo una foto che scioccamente è stata fatta girare sui social, ma ricordiamoci sempre che Mario Cerciello Rega è stato assassinato con undici coltellate creando uno stato di agitazione e voglia di giustizia in tutti i carabinieri, che un difensore dello Stato, che con abnegazione e senso di giustizia ha catturato i due assassini del nostro compianto e mai dimenticato collega Mario, possa subire a stretto giro trasferimenti d’ufficio dopo venticinque anni di onoratissimo servizio nell’ambito investigativo, solo perché l’allora premier in quella foto ci vedeva sbrigativamente due reati”.

“Leggiamo che gli avvocati Roberto De Vita e Valentina Guerrisi – osserva Ilario Castello – confidano, per il loro assistito, in un incontro con il Comandante Generale Teo Luzi come gesto simbolico riparativo per tutta la sofferenza patita in solitudine dal sottufficiale e dalla sua famiglia”.

“Io credo che sia d’obbligo un incontro con il nostro Comandante Generale –evidenzia l’esponente del Nuovo Sindacato Carabinieri –  che si deve far carico di ridare la giusta dignità a un uomo che ha solo fatto il suo lavoro, eccedendo in professionalità e pagando un conto fin troppo salato tra demansionamento, sospensione dal servizio, sanzione disciplinare di Stato, separazione familiare, indebitamento per le  spese legali: il collega Manganaro merita ben oltre che un incontro riparatorio!”

“Merita le scuse pubbliche della politica, delle istituzioni e dell’Amministrazione –  conclude – perché certi processi mediatici segnano per la vita e tutti siamo Manganaro, difensore dello Stato, caduto in disgrazia per abuso di processo mediatico e smania di pubblicità e protagonismo: perdonaci Fabio, da lassù Mario ti ringrazia”.

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