La formazione della mucillagine è stata attribuita a una combinazione di fattori ambientali e climatici, tra cui l’aumento delle temperature del mare, la bassa salinità dell’acqua e l’eccessiva presenza di nutrienti come azoto e fosforo, derivanti principalmente dalle attività agricole e dagli scarichi dei fiumi, in particolare il Po. Questo processo di eutrofizzazione ha portato a un boom di fitoplancton, con conseguenze devastanti per l’ecosistema marino: la mucillagine riduce drasticamente la quantità di ossigeno disciolto nell’acqua, soffocando la vita marina e danneggiando pesantemente le attività di pesca, in quanto intasa le reti e rende difficoltosa la cattura di pesci e molluschi.
Il fenomeno, sebbene noto da secoli, ha mostrato negli ultimi anni un andamento ciclico, con periodi di apparente assenza seguiti da ritorni massicci. Negli anni ’80 e ’90, episodi simili hanno causato gravi disagi, ma la situazione attuale sembra essere ancora più preoccupante, con la mucillagine che si estende fino alle porte di Ancona, rendendo problematico il turismo balneare e allarmando le comunità locali.
Gli esperti sottolineano che la soluzione a lungo termine per contrastare questo fenomeno deve passare attraverso una gestione più sostenibile delle risorse naturali e un monitoraggio continuo delle condizioni ambientali. Tuttavia, l’impatto del cambiamento climatico e delle attività umane rende difficile prevedere quando e come la mucillagine possa essere definitivamente contenuta.
Questa situazione rappresenta un chiaro segnale di allarme per la salute del mare Adriatico, richiedendo interventi urgenti per preservare l’ecosistema marino e proteggere le economie locali dipendenti dal turismo e dalla pesca.
Fonti: Rivista Geomedia, TGCom24, L’Unita.
