Edizione n° 5386

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Manfredonia, ‘Molto rumore per nulla’, Shakespeare per tutti

AUTORE:
Redazione
PUBBLICATO IL:
10 Febbraio 2010
Teatro //

www.chronica.it
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Manfredonia – CONTINUA la stagione di prosa del Teatro comunale, con la presenza di un nuovo prestigioso ospite e di una storia “senza età”. Gabriele Lavia e la Compagnia Lavia Anagni portano infatti in scena, sul palcoscenico sipontino, la commedia shakesperiana “Molto rumore per nulla”, pubblicata per la prima volta nel 1600 e ancor oggi estremamente attuale. Come ogni regista alle prese con un’opera tanto nota, Lavia vuol darne una propria lettura, un punto di vista che sia diverso da quanto veduto finora. Il risultato è una versione energica, briosa e leggera, che sfrutta l’indiscutibile talento del giovanile gruppo di attori della Compagnia. La trama si regge sull’intrecciarsi di due storie d’amore, quella romantica di Claudio e di Ero, e quella, ben più interessante, di Benedetto e Beatrice. La prima deve affrontare e superare gli equivoci e gli inganni tramati da un malvagio, che porteranno all’unico momento “buio”, la finta morte di Ero, in un’atmosfera, altrimenti, di continua festa. Ma indubbiamente a calamitare l’attenzione degli spettatori, e ad aver fatto la fortuna dell’opera, è il susseguirsi di schermaglie verbali (e fisiche) tra Benedetto e Beatrice, protagonisti di baruffe d’amore tutt’altro che convenzionali.
La modernità di “Molto rumore per nulla” è tutta nel continuo battibeccarsi tra i due: il “molto rumore” non è altro che quello del loro schernirsi, dei loro vicendevoli sfottò, strumento che essi utilizzano in realtà per nascondere, a se stessi e agli altri, il reciproco interesse.
Se il tema principale è quello dell’amor cortese e delle astuzie cortigiane, appaiono nettamente agli antipodi rispetto a tale mondo i “protagonisti litigiosi”. Benedetto ostenta indifferenza per il sesso femminile, a cui non concede nulla ‘in senso maschilistico’, e dileggia gli innamorati come l’amico Claudio. Memorabile la sua invettiva contro il matrimonio:”Esiste al mondo un uomo che non voglia passare la vita portando un cappello per nascondere le corna?”. Ancor più moderno e di rottura è il personaggio di Beatrice, una esasperante virago dalla lingua e dal cervello prontissimi, la quale difende strenuamente la propria libertà ed indipendenza, convinta che come ogni donna sia condannata a perdere entrambe sposandosi. “Perchè non posso essere un uomo?”, è l’ossessiva domanda ripetuta dalla giovane, noncurante di atteggiamenti femminili e di strategie di conquista. Nonostante il predominare dei due personaggi (bravissimi gli attori), la struttura corale del testo è ben retta da interpretazioni di buon livello, tra cui quella esilarante della ronda notturna, capace di strappare più di una risata al pubblico. Sul palco una scenografia quasi inesistente fa da contraltare alla ricchezza dei canti, della musica, del vestirsi e svestirsi degli attori mostrato al pubblico come in uno spettacolo amatoriale. L’idea di presentare una versione musicale e brillante della commedia dà pregevoli risultati, consentendo di alleggerire i temi trattati dal Bardo: quello della maschera, del contrasto tra l’essere e l’apparire, quello della ricerca della verità. Il traguardo raggiunto non è da poco: Shakespeare viene servito all’ora di cena in maniera godibilissima anche per chi non ha abbastanza voglia, o pazienza, per leggerlo, e magari non lo farà mai.
Anche lo spettatore più distratto resta conquistato dal ritornello “Dove troverò marito?”, o dalla dichiarazione finale tra Benedetto e Beatrice (“Benedetto, per quale delle mie cattive qualità vi siete innamorato di me?””Per tutte insieme”). Due ore e mezza con Shakespeare in versione Lavia per uno spettacolo forse a tratti stucchevole ma senza dubbio alla portata di tutti.

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