L’obiettivo che la scuola “Trediciocchio Arte” si è proposto, è quello di unire artisti con esperienze già maturate e artisti in fase d’apprendimento, così unendo la didattica al compiuto. Il laboratorio-scuola di pittura è una realtà molto interessante presente sul territorio di Capitanata, sia per impegno sia per formazione di nuovi artisti e pittori che, avvalendosi del prezioso contributo formativo degli insegnanti Magda d’Elia, Cecilia Ferrante e Salvatore Larocca, ha già esposto nella sua città natale: San Severo (FG), luogo molto attivo e prolifero di eventi artistici pittorici. Cagiano Luigi, Canestrale Alessia, Chiariello Giovanni, Cicerale Martina, Ciuffreda Nicola, Ciuffreda Roberta, D’Addato Emanuele, D’Amito Nicole, Di Pasqua Chiara, L’Annunziata Francesca, L’Annunziata Marianna, Larocca Priscilla, Mazzeo Francesca, Mazzeo Sara, paolino Marco, Pazienza Antonio, Pazienza Francesca, Pellegrini Tommaso (gli artisti bambini) e Combarau Efisio, Conga M.Pia, De Pasquale Annarita, De Sandi Iole, Di Luzio Martina, Di Spirito Maria Rosaria, Grittani Dora, Lo Conte Ciriaco, La Gala Pina, Maratea Alessia, Meola Rosa, Moffa Antonietta, Pagano Lucia, Pepe Alessandro, Tamalio Adriano, Tamalio Roberto, Ventriglia Michele (gli adulti), si sono messi in gioco innanzi alla platea, non solo cittadina, per rendere omaggio all’arte e confrontarsi fra loro.
Belle opere, a parer mio e per quanto possa valere; belle da rifletterci su, non solo per le tecniche eseguite ma per il significato interiore che ogni artista ha esternato con pennelli, matite, colori, spatole. Colori cangianti, ordinati, schemi ben definiti nel vissuto fiabesco e dei cartoni animati, la proposta dei più piccoli: un’espressione visiva cha ha rappresentato i loro eroi quotidiani e i loro sogni per viverli. Personaggi della televisione e dei libri, contrapposti a paesaggi naturalistici colorati e al grigiore cementato della città, fanno dei disegni osservati, il corollario che identifica l’espressione della psicologia infantile. Fra gli adulti, sempre a parer mio con nessuna pretesa di criticità ma di osservazione per passione, spiccano le personalizzazioni, le tecniche, i messaggi visivi che nascondono, quasi celano, l’ego dell’artista. Preciso che nella mia spiegazione, non citerò gli autori delle opere prese in considerazioni: una forma di pura neutralità verso tutti e per rispetto verso l’arte, non essendo, appunto, un esperto critico. Osservare due quadri con egual titolo, “l’Urlo”, e trarne il significato, fanno ben capire la soggettività degli esecutori. In un quadro si scopre la paura, l’insicurezza, un volto ceruleo dagli occhi semiumani, avvolti nell’ombra quasi a raffigurare l’animale che è in noi, che poi è quello che ci spaventa. Nell’altro, una donna sofferente, dal volto asciutto, che si sfoga, che protesta, che diventa simbolo di libertà. Fra stili e tecniche diverse per alcuni, colori e accostamenti diversi per altri, s’insidia quasi a rottura l’impiallacciatura di legno con geometrie intersecate perfettamente fra loro e con colori contrapposti, tenui e caldi; nell’osservare il lavoro prodotto, si scorgono figure fantastiche a secondo dell’angolazione e profondità d’osservazione: molto interessante, oserei dire cosmico. Contrariamente, con studi agli albori e con forte esperienza nella fotografia, è la presentazione dell’incompiuta opera (per ragioni di studio pittorico dell’artista che la propone), della ‘Madonna del Granduca’ (di Raffaello): una rielaborazione, a parer mio e con il massimo rispetto per l’artista, un po’ azzardata come primo lavoro figurativo ma ottimo cavallo di battaglia per sperimentare ciò che ha acquisito.
Forti e ricchi di sentimento è l’olio su tela con i colori vivi di una campagna ‘distratta’ dallo sbatter d’ali di volatili sopra una palizzata rotta di un recinto fiorito, quasi a rappresentare la rottura dell’odierno, del consueto, quella voglia di evadere, di esser liberi a tutti i costi. Inquietante, invece, è il volto segnato di un uomo; una matita su cartoncino che segna il tempo dell’uomo, dove si scorgono la fatica vissuta e nel frattempo la rassegnazione a ciò che è diventato. Osservandolo negli occhi si percepisce la sofferenza, la paura di essere diventato vittima del suo stesso male: mistico. Dal volto mistico, ai volti luminosi in carta di riso. Un’opera che ritengo, nel mio piccolo appassionato giudizio, l’espressione tangibile della voglia di esserci, di comunicare l’un l’altro, quasi a formare un soggetto unico pensante ma diviso dal corpo che si proietta verso l’universalità. Riflessivo, unico, da ricordare.
Per terminare, mi soffermo su una tela che mi ha destato curiosità nel descrivere lo stato d’animo percepito. Una donna semplice, di spalle alla visuale, dalle curve vestite di abiti casalinghi e con i capelli sciolti ma all’indietro, che, poggiata sulla mensola di una finestra ampia e piena di luce con un panno al suo lato sgualcito e grigiastro, osserva nel golfo una barca in transito: voglia di libertà perché rinchiusa fra le mura domestiche? O semplicemente in attesa del suo principe azzurro? Forse si riposa dagli stremanti lavori casalinghi? Il messaggio, comunque, lo racchiude chi l’ha raffigurata e, secondo me, vuole che sia lasciato a libera interpretazione, come se fosse un anagramma sempre in evoluzione. Ma son solo mie considerazioni, da osservatore appassionato per l’arte, sensazioni che percepisco nell’osservare un’opera ascoltando dentro di me e analizzando le percezioni terminali. L’invito è di visitare la collettiva e soprattutto di far continuare questo laboratorio-scuola sperimentale, per certi versi, molto interessante e propedeutico per chi vuole avvicinarsi all’arte compiuta.
(testo di Nico Baratta, image by www.culttime.it)