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Bonifica dell’amianto, ritardi Regione, Manfredonia e Mesotelioma Maligno

AUTORE:
Girolamo Romussi
PUBBLICATO IL:
27 Aprile 2010
Regione-Territorio //

Bonifiche amianto (www.nuovaecocoperture.it)
Bonifiche amianto (www.nuovaecocoperture.it)
Bari – IN occasione della giornata mondiale delle vittime dell’amianto del 28 aprile e a 18 anni dalla legge 257/92 che mise al bando la fibra killer nel nostro Paese, Legambiente torna a lanciare l’allarme amianto, a causa dell’elevata presenza di materiali contaminati in Italia ma soprattutto per il ritardo con cui si stanno attuando gli interventi di risanamento e bonifica delle strutture contenenti la pericolosa fibra. I dati, raccolti attraverso un questionario inviato alle Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano, sono contenuti nel Rapporto “I ritardi dei Piani regionali per la bonifica dell’amianto”, che l’associazione ha presentato oggi nel corso di una conferenza stampa a Milano. La ricerca, che indaga lo stato dell’arte a livello regionale, aggiorna la situazione fotografata da Legambiente nel novembre scorso quando, per l’apertura della Conferenza nazionale sull’amianto, l’associazione presentò i dati relativi ai grandi siti industriali in cui l’amianto si estraeva o si lavorava, come la Fibronit a Bari. La legge 257/92 Testo normativa obbligava le Regioni ad adottare, entro 180 giorni dall’entrata in vigore della stessa, il Piano Regionale Amianto, un programma dettagliato per il censimento, la bonifica e lo smaltimento dei materiali contaminati.

A PALERMO CONDANNA PER EX DIRIGENTI FINCANTIERI – Omicidio colposo plurimo e lesioni gravissime: questi reati per quali il giudice di Palermo, Gianfranco Crescione, ha condannato tre ex dirigenti della Fincantieri. Secondo la sentenza, Luciano Lemetti, Giuseppe Cortesi e Antonio Cipponeri sono responsabili per le morti da amianto nei cantieri navali di Palermo. Al centro del processo c’è la scomparsa di 37 operai deceduti per tumore ai polmoni determinati dall’inalazione delle fibre di amianto e le lesioni riportate da altri 26 dipendenti che hanno contratto la malattia. Il giudice ha invece dichiarato di non doversi procedere per due ex legali rappresentanti di ditte dell’indotto di Fincantieri – la Blascoanc srl e la cooperativa Rinascita Pizzettini – per intervenuta prescrizione delle accuse a loro contestate: entrambi rispondevano di lesioni gravissime. Lemetti è stato condannato a 7 anni e 6 mesi, Cortesi a 6 anni e Cipponeri a 3 anni. A tutti e tre gli imputati, però, sono stati condonati 3 anni. Gli ex vertici di Fincantieri, inoltre, sono stati condannati a risarcimenti milionari nei confronti dell’Inail, che si era costituita parte civile, insieme agli operai ancora in vita e ai familiari dei colleghi scomparsi, oltre che alla Fiom Cgil, la Camera del lavoro palermitana e Medicina democratica. La quantificazione del danno è stata rimessa al giudice civile, ma gli imputati saranno obbligati a dare provvisionali immediatamente esecutive per centinaia di migliaia di euro alle parti danneggiate (Rassegna.it)

LA PUGLIA IN RITARDO NELL’APPROVAZIONE DEL PIANO – Sono passati oltre 18 anni e solo 13 Regioni hanno approvato il Piano Regionale Amianto, Puglia e Molise non l’hanno ancora fatto e in Abruzzo è in corso di approvazione. Anche laddove il Piano sia stato approvato da tempo, ancora non sono stati attuati tutti gli interventi previsti per una corretta ed efficace azione per la riduzione del rischio amianto. In Italia, secondo le stime di Cnr e Ispesl, ci sono ancora 32 milioni di tonnellate di amianto sparse per il territorio nazionale. Ma siamo ancora lontani dall’avere dati certi e dettagliati su quanto ancora se ne nasconde all’interno di siti industriali, edifici pubblici o privati, cave e reti idriche.Il quadro che emerge non è confortante ed è purtroppo parziale visto che il censimento è ancora in corso in gran parte delle Regioni e solo 5 (Basilicata, Lombardia, Molise, Puglia e Umbria) hanno dati relativi all’amianto presente negli edifici privati. Sommando le informazioni, risulta che ad oggi in Italia ci sono circa 50mila edifici pubblici e privati in cui è presente amianto e i quantitativi indicati solo da 11 Regioni (Lazio, Umbria, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Abruzzo, Molise, Sardegna, Toscana, Basilicata, Piemonte e Liguria) anche se non esaustivi, delineano comunque le dimensioni del problema: 100 milioni circa di metri quadrati di strutture in cemento-amianto, e oltre 600mila metri cubi di amianto friabile. Per quanto riguarda gli interventi di bonifica e di risanamento nel nostro Paese si registra un forte ritardo sia sul fronte dei grandi siti industriali in cui si estraeva e lavorava l’amianto, ma lo stesso si può dire anche per gli interventi minori su strutture pubbliche o private o su piccoli siti in cui è presente il pericoloso minerale. Va evidenziata solo l’esperienza del Piemonte, che sta svolgendo un’intensa attività di bonifica e della Lombardia, dove ad oggi sono stati bonificati oltre 400mila metri cubi di onduline in cemento-amianto e a partire dal 2006 conduce regolarmente e con cadenza mensile, in ciascun capoluogo di provincia, un’analisi della concentrazione di fibre di amianto dispersa in aria.

LA SITUAZIONE IN PUGLIA – In Puglia mancano impianti di smaltimento per l’amianto, sia forni che trasformano di fatto le fibre in cristalli che discariche. I siti e le strutture contaminate sono 2.751 per un totale di 1.140.000 m2 e ad oggi sono state bonificate 400 strutture, ossia il 15% di quelle censite. “Di amianto ce n’è molto e in posti che tanti non sospetterebbero nemmeno, come hanno dimostrato gli ultimi dati dell’Arpa sulla Fibronit – dichiara Francesco Tarantini, Presidente di Legambiente Puglia – Infatti c’è ancora amianto impastato con il cemento nei muri della fabbrica che il Comune di Bari vorrebbe abbattere. Per questo è quanto mai urgente investire risorse pubbliche che permettano di avviare e portare avanti gli interventi di risanamento e pianificare la realizzazione di impianti di trattamento e smaltimento dei materiali, dal momento che in Puglia non abbiamo un sito specializzato e questo è un problema che ostacola la bonifica e fa lievitare i costi”.

LA STRAGE DELL’AMIANTO – La strage da amianto è un rischio per la sicurezza nazionale in cui nessuna regione è esclusa. Secondo il Registro Nazionale Mesoteliomi istituito presso l’Ispesl (che dal 1993 censisce il tumore dell’apparato respiratorio strettamente connesso all’inalazione di fibre di amianto) sono 9.166 i casi riscontrati fino al 2004, con un esposizione che circa il 70% delle volte è stata professionale. Tra le regioni più colpite ci sono il Piemonte (1.963 casi di mesotelioma maligno), la Liguria (1.246), la Lombardia (1.025). In Puglia ci sono stati 478 casi di mesotelioma maligno con una esposizione definita in 458 casi, mentre non è definita nei restanti 20 casi. “I dati del Registro Nazionale Mesoteliomi – continua Tarantini – mettono in evidenza come è in aumento il numero di soggetti ammalati che non hanno svolto alcuna delle attività considerate a rischio. Un dato che testimonia come purtroppo nel nostro Paese l’esposizione all’amianto sia a volte ‘inconsapevole’, proprio per la sua larghissima diffusione”. “Ogni istituzione deve fare la sua parte su questo fronte. – conclude Tarantini – Il Governo deve garantire una continuità di risorse economiche per le analisi epidemiologiche necessarie a monitorare gli effetti sanitari del problema amianto e per nuovi impianti di smaltimento. Inoltre, deve completare quanto prima, attraverso i censimenti regionali, la mappatura nazionale iniziata nel 2003. Alla Regione Puglia chiediamo di approvare finalmente il Piano Regionale Amianto e di procedere ad una capillare mappatura delle strutture interessate per stabilire le priorità di intervento, prevedere le risorse economiche necessarie per facilitare la bonifica delle strutture contaminate di proprietà dei Comuni e dei cittadini.”

PERICOLO ESTESO IN TUTTI I SETTORI – Inoltre le persone colpite da Mesotelioma Maligno non sono solo i lavoratori del cemento amianto o di altri settori industriali a rischio, ma, come emerge dagli studi dell’Ispesl, dal 1993, anno in cui è iniziato il censimento del Registro, ad oggi è diminuita l’influenza dei settori “tradizionali” (tra cui i cantieri navali sono passati dal 15% del 1993-95 al 10% nel 2003-04 e la lavorazione di manufatti in cemento-amianto dal 10% al 3%). Al contrario è aumentato il numero di soggetti ammalati che non hanno svolto alcuna delle attività considerate a rischio. Un dato che testimonia come purtroppo nel nostro Paese l’esposizione all’amianto sia a volte “inconsapevole”, proprio per la sua larghissima diffusione. I dati purtroppo sono destinati a crescere fino al 2020 e le stime indicano alcune decine di migliaia di casi nei prossimi anni.

NEL PASSATO – I dati presenti in questo nuovo dossier integrano la situazione fotografata dalla nostra associazione nel novembre scorso quando, per l’apertura della Conferenza nazionale sull’amianto, avevamo presentato l’aggiornamento delle bonifiche dei grandi siti industriali in cui l’amianto si estraeva o si lavorava (dagli stabilimenti Eternit e Fibronit di Casal Monferrato (Al), a quelli della Eternit di Bagnoli (Na) e Siracusa, e della Fibronit di Broni (Pv) e Bari, fino alle cave di Balangero (To) ed Emarese (Ao)). Uno situazione di grave ritardo causata da una inefficiente gestione da parte del Ministero dell’ambiente di tutto il Programma nazionale di bonifica. Il quadro sull’attuazione dei piani regionali sull’amianto purtroppo è caratterizzato dagli stessi ritardi. Le Regioni, a partire dal 1992, anno della messa al bando della fibra killer in Italia, hanno un ruolo fondamentale per la bonifica dell’amianto, soprattutto di quello presente all’interno di manufatti, edifici pubblici e privati, reti ferroviarie, acquedotti, siti industriali, etc.

A LIVELLO NAZIONALE – Ad oggi solo due Regioni hanno previsto una data in cui arriveranno a completare la bonifica e la rimozione dei materiali contenti amianto: la Lombardia (entro il 2016) e la Sardegna (entro il 2023, ad eccezione di quello ancora presente nelle condotte idriche su cui ancora non si è stabilita una data). Un obiettivo comunque difficile da perseguire se non si applicano tutte le fasi necessarie alla riduzione del rischio amianto, dal censimento alle bonifiche fino alla costruzione dei necessari impianti di trattamento e smaltimento finale.

Il Registro Nazionale dei Mesoteliomi è realizzato sulla base dei registri regionali. Infatti presso ogni Regione è istituito un Centro operativo Regionale (Cor) con compiti di identificazione di tutti i casi di mesotelioma incidenti nel proprio territorio, di definizione delle modalità di esposizione e di analisi della storia professionale, residenziale, ambientale, dei soggetti ammalati allo scopo di identificare le modalità, l’impatto e la diffusione della patologia nella popolazione e le sorgenti ancora ignote di contaminazione ambientale da amianto. I primi registri regionali a nascere alla fine degli anni ’80 sono stati quello toscano, pugliese e piemontese. Nel 1996 grazie alla stretta collaborazione di queste prime Regioni con l’Ispesl, sono state pubblicate le Linee Guida di definizione della malattia e delle modalità di trasmissione dati. I registri esistenti degli Istituti di anatomia patologica e di pneumologia sono stati identificati come le fondamentali fonti informative da cui partire.

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