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‘Emersioni clan trasversali’, 35 fermi nel gruppo Frattolino

AUTORE:
Girolamo Romussi
PUBBLICATO IL:
13 Maggio 2010
Cronaca //

Carabinieri, ricerche (immagine d'archivio)
Carabinieri, ricerche (immagine d'archivio)
Foggia – SONO stati 35 i provvedimenti di custodia cautelare (fra carcere e domiciliari ) emessi dalle prime ore di stamane, 12 maggio, dai carabinieri del comando provinciale di Foggia, nei confronti di 35 persone residenti o dimoranti in San Nicandro Garganico, luogo teatro da anni della Faida del Gargano, lotta fratricida con clan predominanti le famiglie dei Tarantino e dei Ciavarrella (oltre naturalmente al ruolo dei Romito di Manfredonia, dei Libergolis e degli Alfieri e Primosa di Monte Sant’Angelo – cosche che hanno prodotto complessivamente, nel corso di una trentina d’anni, circa cento omicidi, con 15 omicidi riconducibili alla lotta fra i Ciavarrella e i Tarantino). Coinvolte, nell’operazione di stamane, anche i centro di Apricena e Foggia, con persone “tutte gravemente indiziate” di far parte di un’associazione “finalizzata” al traffico di sostanze stupefacenti, del tipo cocaina e marijuana. Sequestrati complessivamente un chilo di marijuana, oltre a 100 grammi di cocaina. Le indagini, coordinate dalla direzione distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Bari, con ordinanze emesse dal Gip del Tribunale di Bari Dott.ssa Jolanda Carrieri, hanno riguardato dei provvedimenti emessi nei confronti di persone legate al clan dei Frattolino di San Nicandro Garganico, persone accusate di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti (art. 74, commi I, li, III e IV — art. 80 comma 2) attività delittuosa svoita in concorso e con il vincolo della continuazione (art 81, 110 cp, art.comma 1, 1/bis lettera a) DPR 309/1990), per totali 270 capi d’accusa. Fra gli arrestati, oltre ai componenti della famiglia Frattolino, anche Michele Ciavarrella, zio di Matteo, condannato all’ergastolo dopo le udienze del processo Iscaro-Scaburo.

INDAGINI PARTITE CON L’ARRESTO DI DI MONTE – LE indagini culminate con i 35 arresti di stamane, eseguiti da
i militari del comando provinciale dei carabinieri di Foggia, sarebbero partite in seguito all’omicidio del giovane trentenne di Monte Sant’Angelo Michele di Monte, raggiunto da cinque colpi d’arma da fuoco, il 12 settembre del 2007 a Sannicandro Garganico, mentre era alla guida della sua auto. Di Monte era stato accusato di appartenere al clan mafioso dei Tarantino, in opposizione, come detto, da 20 anni a quello dei Ciavarella, per il controllo del territorio e che aveva provocato 12 morti dal 1980. La vittima aveva precedenti penali per associazione a delinquere, possesso e spaccio di droga e detenzione illegale di armi da fuoco. Michele Di Monte (30enne di San Nicandro), fu condannato nel 2006 per 4 anni e 4 mesi per 3 episodi di armi, estorsione e furto; assolto da associazione per delinquere -clan Tarantino, con accuse anche di spaccio, 6 episodi di armi e 2 furti. Le numerose indagini del comando provinciale dei carabinieri di Foggia, relativamente all’omicidio di Di Monte, hanno consentito dunque ai militari del comando provinciale di Foggia di rilevare l’emersione di un clan trasversale, nella piccola cittadina garganica, riconducibile a numerose persone sodali al dan Valentino Frattolino, cd operaio (ma con un ruolo di spicco) della manovalanza del clan dei Ciavarrella. Un clan trasversale, quello capeggiato da Valentino Frattolino, emerso pertanto successivamente al vuoto “mafioso’ generatosi a Sannicandro Garganico dopo gli arresti e le condanne definitive subite dai clan locali, dei Ciavarrella e dei Tarantino, in seguito al procedimento, fusione di due indagini, Iscaro-Saburo, la prima nota come Iscaro, e la seconda appunto Saburo, con scopo di fare luce sulla cosiddetta faida del Gargano tra i Li Bergolis e i Primosa-Alfieri. Il clan trasversale con a capo Vincenzo Frattolino si era dunque strutturato negli anni per la gestione di ingenti quantità di sostanze stupefacenti da immettere sul mercato locale.

FU DUNQUE IL BLITZ ISCARO-SABURO (che avrebbe originato pertanto una riconfigurazione nel tempo delle logiche delle famiglie criminali del Gargano) a determinare l’arresto, il 23 giugno del 2004, di oltre cento persone presunte affiliate ai clan della Faida del Gargano, che si concluse con l’udienza del 7 marzo 2009 presso la corte di assise del Tribunale di Foggia. Il procedimento in questione fu il risultato della fusione di due indagini, la prima nota come Iscaro, e la seconda come Saburo. Scopo delle indagini fu quello di fare luce sulla cosiddetta faida del Gargano tra i Li Bergolis e i Primosa-Alfieri. Inizialmente erano 107 gli imputati del maxi- processo per i quali la Dda aveva chiesto in rinvio a giudizio nella primavera del 2005. Un imputato fu prosciolto; due patteggiarono; 80 scelsero il rito abbreviato (già celebrati i giudizi di primo e secondo grado); mentre in 24 furono rinviati a giudizio per essere processati a Foggia. Il maxi-processo iniziò in corte d’assise il 6 novembre del 2005; in quattro anni sono state celebrate 133 udienze, nel corso delle quali sono stati interrogati 700 testimoni (in molti casi peraltro si è trattato degli stessi investigatori interrogati decine di volte sui singoli capi d’imputazione oggetto del processo). I tempi così lunghi furono motivati dalla necessità di trascrivere migliaia di intercettazioni telefoniche e ambientali che rappresentano il cuore delle indagini: otto periti furono incaricati dalla corte delle trascrizioni. I tempi lunghi causarono la scarcerazione, tra giugno e luglio del 2009, di 10 imputati – tra cui Armando e Franco Libergolis e Giovanditto, elemento di spicco e considerato il trait-d’union le famiglie dei Ciavarrella e dei Tarantino – in quanto erano trascorsi tre anni dal rinvio a giudizio senza essere giunti alla sentenza di primo grado.

LA FUSIONE DELLE INDAGINI – Nell’occasione si sarebbe scelto di raggruppare i procedimenti allo scopo di dare una lettura dei fenomeni investigati come relativi alle vicende di un unica associazione di stampo mafioso definito dall’accusa come “una associazione mafiosa, armata, (…) formata da numerosissimi soggetti con legami anche con pezzi della ‘ndrangheta calabrese, e con altre mafie territoriali, operante nei comuni di Manfredonia, San Nicandro, Monte S. Angelo, Apricena, Cagnano Varano ed in generale nella Provincia di Foggia, avente la finalità di controllare il territorio dal punto di vista economico e (…) militare, facendo ricorso alla violenza ed alla intimidazione, creando una struttura gerarchica con vincoli di assoggettamento, con ruoli ben delineati, volta a realizzare (…) omicidi, di tentati omicidi, di attentati alla vita altrui, di estorsioni, di detenzione e possesso di armi, anche da guerra, di detenzione e cessione di ingenti quantità di sostanza stupefacente (…), reati contro il patrimonio, colludendo, al fine di garantirsi l’impunità, con esponenti compiacenti e consapevoli delle forze dell’ordine, garantendosi ed assicurandosi protezioni contro l’attività investigativa” (studio legale Vaira). Si ipotizzò che i Li Bergolis, noti anche come i montanari erano capeggiati da Armando Li Bergolis e Franco Romito e operino sull’intero territorio garganico, con un centro di comando stabilito nella masseria Orti Frenti in Manfredonia. Con posizioni direttive coperte da Gennaro Giovanditto, Franco Li Bergolis, Matteo Li Bergolis e Giovanni Prencipe ed altri associati Andrea Barbarino, Leonardo Clemente, Giuseppe Tomaiuolo, Rosa Lidia Di Fiore, Nicandro Ferrandino, (cf) e Carmine Grimaldi (Studio legale Vaira). Secondo l’accusa, la mafiosità dell’associazione sarebbe dimostrata dalla forza d’intimidazione derivante dal vincolo associativo e dsll’omertà che ne deriva e dai forti vincoli familiari che caratterizzerebbero i componenti del gruppo. Le componenti dell’associazione sarebbero strutturate su basi familistiche, con i Li Bergolis, capeggiati da Armando che si avvarrebbe della collaborazione dei fratelli Franco e Matteo, e, fino al giorno del suo omicidio, nel settembre 2003, di Michele Santoro. A un livello più basso ipoteticamente i Ciavarrella, legati ai Li Bergolis-Romito da figure di riferimento quali il Giovanditto, e storicamente contrapposti ai Tarantino (Giovanditto ritenuto dagli inquirenti il presunto serial killer nell’ambito della faida del Gargano ed accusato di ben 13 omicidi, arrestato nel corso del mega blitz condotto dei carabinieri denominato ‘Iscaro-Saburo’ del giugno del 2004, con richiesta dell’ergastolo ma scarcerato in seguito per decorrenza dei termini di custodia cautelare, con obbligo di dimora proprio a San Nicandro Garganico. Giovanditto fu ritenuto dall’accusa il trait d’union tra la faida Ciavarrella-Tarantino di San Nicandro Garganico e quella tra i Libergolis e i Primosa-Alfieri di Monte Santangelo. Inoltre il due marzo del 2009, mentre stava tornando a San Nicandro Garga­nico dopo aver partecipato a Foggia ad un’udienza del processo alla Faida rimase coinvolto in un agguato mes­so a segno nelle campagne del centro garganico: l’uomo – rimasto incolume – era a bordo con Michele Scanzano, ritenuto il vero obiettivo dei killer). In sede di giudizio contro le famiglie della Faida del Gargano sembrò prevalere l’ipotesi che i Ciavarrella continuavano a mantenere una loro indipendenza dai montanari, con posizione ambigua dei Romito, usati dai carabinieri come confidenti o agenti provocatori.

L’OPERAZIONE ODIERNA – NEL CORSO dell’operazione sono state sequestrare numerose dosi di cocaina e marijuana destinate alla vendita al dettaglio, nonchè di certificare diverse centinai di episodi di spaccio in un lasso di tempo di 8 mesi (settembre 2007-maggio 2008). Infine, l’autorita giudiziaria competente ha disposto l’esecuzione del sequestro preventivo di beni immobili (abitazioni, capannoni, magazzini, garages, fondi per fabbricati rutali) e mobili (autovetture) riconducibili direttamente o meno alla titolarità di alcuni indagati, del valore complessivo di oltre 650mila euro. L’operazione ha visto l’impiego di oltre 200 carabinieri, unità cinofile ed un elicottero dell’arma.

Custodia Cautelare in Carcere
Valentino Frattolino di anni 35;
Riccardo Frattolino di anni 33;
Pietro Tarantino di anni 39;
Piergiorgio Di Salvia di anni 48;
Giuseppe Frattolino di anni 40;
Graziano Pizzarelli di anni 29;
Vincenzo Gualano di anni 46
Ivano Frattolino di anni 31;
Severino Bonfitto di anni 28;
Angelo Foschi di anni 40;
Antonio Frattolino di anni 45;
Michele Mastrovalerio di anni 48;
Giuseppe Emanuele De Cato di anni 20;
Michele Murano di anni 44;
Ciro Rizzelli di anni 30
Fabio Ripoli di ann 23
Enzo Martiradonna di anni 23;
Fabio Ciccone di anni 25;
Sebastiano De Angelis di anni 28;
Matteo Di Monte di anni 24;
Angelo Mininno di anni 29;
Michele Ciavarella di anni 41;
Matteo Esposito di anni 40;
Matteo Migliore di anni 30;
Michele Pio Montemitro di anni 21;
Massimo Di Summa di anni 39;
Saverio Gaggiano di anni 24.

Arresti domiciliari
Nicola Vocale di anni 32;
Carmime Grana di anni 39;
Luciano Biscotti di anni 38;
Matteo Di Gennaro di anni 30;
Piera Russi di anni 27
Giuseppina Campanozzi di anni 27;
Tatiana Bieling di anni 23

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