IMPATTO AMBIENTALE MIGLIORATO MA NON TROPPO – Il progetto della società di proprietà del trevigiano Roberto Grigolin (Superbeton spa), riguardante la costruzione di un impianto per la produzione di semilavorati (clinker) per l’industria del cemento utilizzando scarti calcarei dei bacini estrattivi di Poggio Imperiale, Apricena e Lesina, fu presentato per la prima volta in data 17 marzo 2009 per poi essere rivisto da un Tavolo Tecnico con lo scopo di apportare nuovi elementi per “ridurre l’impatto ambientale sul territorio”. Nonostante questi miglioramenti si legge che “particolare attenzione deve essere dedicata ai sistemi di monitoraggio ambientale, in particolar modo alle emissioni, così come indicato nello studio di impatto ambientale.” I risultati del monitoraggio delle emissioni dovranno, infatti, resi pubblici con cadenza trimestrale. Inoltre, al fine di minimizzare l’emissione di polveri sottili si raccomandano anche doppi filtri di depolverizzazioni.
NUOVA LINEA FERROVIARIA E 2 INCROCI – Come materia prima per il cementificio è già stata calcolata dal progettista dell’impianto una quantità pari a circa 30 milioni di materiale di scarto delle case e per tale ragione si raccomanda nel foglio di VIA di ripristinare la vecchia linea ferroviaria e di costruire un secondo binario per ridurre il trasporto in gomme nella zona che risulta già essere di 221 camion al giorno. E’ in progetto, comunque, anche l’edificazione di due incroci a rotatoria atti a minimizzare i rischi di incidenti stradali nella zona. A meno di 1 km della zona è situato, tra l’altro, anche un conservificio di generi alimentari in scatola.
LE ECOBALLE ANCHE FUORI DELLA PROVINCIA – Dato che il ciclo di lavorazione del semilavorato richiede notevoli quantità di calore è previsto l’utilizzo fino al 40% di biomasse per la produzione di energia ma, così come si sottolinea nello stesso documento, in caso di diminuita produzione in zona, le “ecoballe” potranno essere importate anche fuori la Provincia, rendendo così il processo energicamente sfavorevole. Altre fonti energetiche proverranno dal metano e da parco eolico e fotovoltaico, anch’esse in costruzione nella zona che potranno incidere solo per circa il 15% dell’energia totale necessaria. Sembra quindi profilarsi un caso simile all’inceneritore “Marciagaglia” attualmente in costruzione in località Paglia, al confine tra Manfredonia e Foggia.
IL CASO PRECEDENTE DELLA ITALGEST – Con la legge regionale 31/08 la Puglia “disincentiva la realizzazione di grandi centrali a biomasse in zone agricole perché determinano un forte impatto ambientale, tranne che non si utilizzi la filiera corta”. Così il vicepresidente pugliese Loredana Capone, aveva motivato il parere negativo della Regione sull’impianto a biomasse Heliantos 1 da 25 MW dell’impresa Italgest, che doveva sorgere nei pressi di Lecce.
IMPIANTI A BIOMASSE SOLO CON COMBUSTIBILE LOCALE – In un comunicato la vicepresidente della Regione Puglia aggiunge, inoltre, che “gli impianti diffusi aventi piccole dimensioni sono interessanti per la filiera agricola e lo dimostra l’attenzione ad essi giustamente rivolta dai piccoli imprenditori agricoli e da alcune associazioni di categoria. Mentre, è evidente che – quando si tratta di progetti che superano i 20 MW in aree agricole – il rigore richiesto dalla legge e volto a contemperare gli interessi dell’agricoltura e del territorio, è notevolmente più forte. Perciò l’art.2 della legge 31/08 prescrive che: ‘E’ vietata la realizzazione in zona agricola di impianti alimentati da biomasse salvo che gli impianti medesimi non siano alimentati da biomasse stabilmente provenienti, per almeno il 40 percento del fabbisogno da ‘filiera corta’, cioè ottenute in un raggio di 70 chilometri dall’impianto”.
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