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8 detenuti in 6 metri quadri

AUTORE:
Redazione
PUBBLICATO IL:
24 Ottobre 2010
Editoriali //

Detenuti Torino sul set del Film di D.Ferrario (torino.blogosfere)
Detenuti Torino sul set del Film di D.Ferrario (torino.blogosfere)
Roma – CONDIZIONI di vita “intollerabili” per i detenuti italiani, costretti a subire infatti “gli effetti di un sovraffollamento mai visto nella storia nazionale”: 68.527 i detenuti per 44.612 posti letto, quasi 30mila soggetti in carcere per droga, 113 morti nel 2009, 72 suicidi. Arresti in calo ma a causa del “tutto esaurito. Sono i dati riportati nella relazione ‘”Oltre il tollerabile”, nome del sesto rapporto sulle carceri e della prima relazione del difensore civico dell’Osservatorio Antigone.

TRE le normative fondamentali, per il rispetto dei soggetti sottoposti a restrizione della propria libertà personale, citate nella relazione Antigone: 1) la non attuazione della sentenza n. 26 del 1999 della Corte Costituzionale che dichiarò l’illegittimità costituzionale degli artt. 35 e 69 dell’ordinamento penitenziario nella parte in cui “non prevedono una tutela giurisdizionale nei confronti degli atti della amministrazione penitenziaria lesivi di diritti di coloro che sono sottoposti a restrizione della libertà personale”; 2) la non attuazione di quanto previsto nella Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura che impone a tutti gli stati membri di introdurre nel proprio ordinamento il crimine di tortura; 3) la non attuazione dei contenuti del Protocollo opzionale alla Convenzione Onu contro la tortura.

DETENUTI, MISURE ALTERNATIVE, RISORSE – Secondo il rapporto, i detenuti italiani hanno raggiunto il numero record “dall’amnistia di Togliatti in poi”: ad oggi sarebbero 63.460, ben 20mila in più rispetto alla capienza regolamentare, perfino oltre la cosiddetta “capienza tollerabile”. Ci sono regioni dove il numero di detenuti è quasi il doppio di quello consentito: in Emilia Romagna il tasso di affollamento è del 193%. In Lombardia, Sicilia, Veneto e Friuli è intorno al 160%. Tra il primo maggio e il 15 giugno i detenuti sono cresciuti di 1.340 unità. Dal primo gennaio 2009, di 5.500. Ossia aumentano di poco meno di 1.000 unità al mese. Se la tendenza dovesse continuare, a fine anno avremo 70 mila detenuti. Nel giugno del 2012 si dovrebbero raggiungere le 100 mila unità, con tassi di detenzione paragonabili ai paesi dell’est europeo. In 19 anni sia i numeri percentuali che quelli assoluti sono raddoppiati. Nel 1990 i detenuti erano poco più di 30 mila. Gli ingressi in carcere nel 2008 sono stati 92.900, ossia 15 mila in più nel giro di dieci anniCOSTI – Nonostante il costo medio giornaliero di un detenuto sia di 157 euro, poco più di 3 euro sono destinati ai tre pasti giornalieri e circa 5 euro alla salute. Tutto il resto va in spese fisse: manutenzione dei fabbricati, personale e gestione ordinaria. Dal 2000 al 2008 vi sono stati 34 milioni di euro in meno nella sanità penitenziaria. Non è tollerabile inoltre che siano solo 9.406 i detenuti in misura alternativa. Solo 42 (ossia lo 0,45%) hanno commesso reati durante l’esecuzione della misura.

IL PERSONALE PENITENZIARIO, a BARI SOVRANNUMERO NELL’ORGANICO AMMINISTRATO – Sono 42.268 i poliziotti penitenziari in organico. 39.482 sono i poliziotti che lavorano effettivamente per l’amministrazione penitenziaria al netto di distacchi e assenze di vario tipo. Tra le situazioni regionali di maggiore disagio vanno segnalate quelle del Piemonte, Veneto, Emilia Romagna e Sardegna. Posto che circa 1500/1800 agenti svolgono compiti anche di natura contabile, che circa 700 agenti lavorano negli spacci, che circa 4/5000 uomini sono giornalmente impegnati nei servizi di traduzione e piantonamento dei detenuti fuori dalle strutture penitenziarie, che circa 500 agenti lavorano al Ministero della Giustizia, che circa 1600 agenti lavorano al Dap, che varie migliaia sono impegnate nei Provveditorati regionali, nelle Scuole di formazione, con annessa la sezione relativa al Servizio Polizia Stradale. Fuori dall’Amministrazione penitenziaria (Corte dei Conti, Presidenza Consiglio dei Ministri, C.S.M., ministeri diversi) ne restano a spanne 16 mila che si sobbarcano il lavoro atto a garantire la sicurezza complessiva nelle carceri. Per un sud che non ha carenze di organico (a Bari l’organico amministrato è superiore di 30 unità a quello previsto dalla pianta organica; Lazio e Campania sono in sovrannumero) vi è un nord dove la situazione è drammatica (a Padova nuovo complesso mancano 78 unità, a Tolmezzo 38, a Torino 187, a Brescia 155). I dirigenti in servizio effettivo sono invece 512, ossia uno ogni 123 detenuti. Gli educatori sono 777 di cui più o meno 400 lavorano effettivamente nelle carceri (è in corso una assunzione di altri 80 educatori) ossia uno ogni 157 detenuti. Gli assistenti sociali sono 1140 di cui circa 900 lavorano negli Uepe (Uffici per l’esecuzione penale esterna), ossia un assistente sociale ogni 70 detenuti.


CASI DI BUONA E CATTIVA VIVIBILITÁ NELLE CARCERI SECONDO “RISTRETTI ORIZZONTI” – “Difficile parlare di recupero e reintegrazione sociale quando non ci sono le condizioni minime per il rispetto della dignità delle persone recluse. Più che parlare di vivibilità, si tratta di individuare le situazioni nelle quali è
possibile almeno una “sopravvivenza” decente.

Fra gli esempi di carcere vivibile citati nella relazione: Casa di reclusione di Bollate (Milano): 450 detenuti seguono un programma lavorativo interno ed esterno al carcere. Sono numerose anche le cooperative che operano con crca 200 gli operatori volontari che operano. Inoltre: Casa di reclusione di Padova, casa circondariale “Lorusso e Cotugno” di Torino, Casa circondariale Rebibbia nuovo complesso di Roma, l’Istituto di pena femminile della Giudecca di Venezia.

ESEMPI DI CARCERI MENO VIVIBILI: Casa di reclusione di Favignana (Trapani), una piccola struttura con una “capienza tollerabile” per 148 detenuti. È tutto sotto terra: gli uffici, l’infermeria, le celle, Casa circondariale di Poggioreale (Napoli), forse il carcere più affollato d’Europa, infatti i detenuti sono 2.700 a fronte di 1.300 posti-detenuto. 4 suicidi nel solo 2009, dall’inizio dell’anno al primo maggio. Carcere di Brescia: un vecchio carcere afflitto da sovraffollamento. È’ composto da due raggi, cioè due enormi corridoi, scuri e con le mura scrostate, sui quali si affacciano celle piccole di 8 metri quadri, occupate da 6 o 7 detenuti e celle un po’ più grandi, con dentro fino a 12 detenuti,il carcere di Belluno, di Bolzano; “Dodici uomini stipati in un’unica cella. Ho domandato se ci fosse il bagno. Certo, mi hanno risposto, indicando una tendina in fondo alla stanza. L’ho scostata, nascondeva lavandino e water”(testimonianza raccolta da un quotidiano il 10 novembre 2008). Infine: il carcere Regina Coeli di Roma: “Regina Coeli (otto Reparti più un Centro Clinico) è sempre oltre la soglia delle 800 presenze (900 i posti letto regolamentari) e gli sfollamenti dei detenuti sono frequentissimi (…). I più fortunati alloggiano nelle tre sezioni ristrutturate; gli altri vivono in celle sovraffollate, con soffitti e pavimenti scrostati, mura ammuffite, impianti elettrici vetusti”. Ma anche l’Ucciardone di Palermo, dove i posti letto sono 378, i detenuti nel 2008 sono arrivati ad essere anche 718, quasi il doppio. In alcune celle da quattro dormono anche in 12, in grappoli di quattro letti a castello. Per dormire si fanno i turni tra il giorno e la notte. I bagni alla turca sono spesso tappati con bottiglioni di vetro per evitare che i topi che escono dalle fognature fatiscenti invadano le celle. I lavandini sono rotti e senza lo scarico. L’acqua piove dai rubinetti sul pavimento o in alcuni bidoni che vengono svuotati dagli stessi detenuti. Per i colloqui i parenti fanno anche 10 ore di attesa.

LA PENA DA SCONTARE E GLI ECCESSI DI CUSTODIA CAUTELARE – Sono 30.186 detenuti con sentenza passata in giudicato presenti nelle carceri italiane al 15/06/2009: delle 63.460 persone oggi detenute in Italia la maggioranza (52,2%) è in carcere in custodia cautelare, ovvero in una condizione teoricamente eccezionale, che implica la privazione della libertà a danno di persone per cui ancora vige la presunzione di innocenza. Questa condizione rappresenta una anomalia tipicamente italiana. La percentuale delle persone in carcere in attesa di una condanna definitiva nel paese è sempre stata molto elevata anche se, pur restando tra le più alte d’Europa, era leggermente scesa negli anni antecedenti all’indulto, fino al 36,4% della fine del 2005. Questa percentuale è oggi nuovamente a livelli inaccettabili, e “difficilmente tornerà a scendere a breve”, complici tra l’altro la crescente percentuale di stranieri tra i detenuti (per gli stranieri il ricorso alla custodia cautelare è molto più frequente che per gli italiani) e il numero crescente delle condanne brevi. Al 31/12/2005 infatti, prima dell’indulto, le persone detenute sottoposte a una condanna definitiva inferiore ai 3 anni erano il 30,7% dei definitivi (9,1% inferiore a un anno). Nel caso dei detenuti tossicodipendenti (il 26,8% dei detenuti), l’accesso all’affidamento terapeutico è possibile anche con un residuo di pena che arriva fino a sei anni. Ebbene, nonostante tutto questo, e in un quadro di sovraffollamento delle carceri senza precedenti, più di due terzi dei detenuti definitivi, e dunque più di 19.000 detenuti, scontano un residuo di pena inferiore ai tre anni, e sono quindi potenzialmente nelle condizioni per accedere ad una misura alternativa, ovvero ad una modalità di esecuzione della pena che tutti sostengono garantire migliori risultati in termini di prevenzione della recidiva. A fronte di tutto questo, va preso atto che il sistema delle misure alternative in Italia si è ”sostanzialmente inceppato”, come si legge nel rapporto. Come era prevedibile dopo l’indulto il numero delle misure alternative è crollato, e un “ripartenza” lenta del sistema era prevedibile. Ma che, a distanza di tre anni dall’entrata in vigore del provvedimento, quando il numero dei detenuti ha ormai superato quello della metà del 2006, il numero degli affidamenti sia ancora fermo al 20% di quelli che erano in corso nello stesso periodo, è un dato più che preoccupante. “Una miope e disinformata campagna a favore della “certezza della pena” (per molti detenuti nelle carceri la pena è fin troppo certa), ed alcuni “roboanti e mirati interventi normativi – v. leggi ex Cirielli, Fini-Giovanardi e Bossi-Fini – stanno contribuendo ad affossare il sistema delle misure alternative, ovvero l’unica alternativa all’odierno sovraffollamento compatibile con le finalità della pena e con i valori espressi dalla Carta Costituzionale”. A Caltanisetta vi è la magistratura di sorveglianza più severa nel concedere la semilibertà. “A Bari quella più disponibile”, si legge nella relazione.

TOSSICODIPENDENZE E CARCERE – Nel 2008 oltre 21 mila persone sono entrate in carcere per violazione della normativa italiana sugli stupefacenti, responsabile di quasi il 40% del totale dei detenuti. Tale normativa, contenuta nel D.P.R. n. 309/1990, il “Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope”, ha subito notevoli modifiche nel tempo, privilegiando recentemente l’approccio repressivo, in particolare attraverso le modifiche introdotte dalla legge n. 49/2006, la cosiddetta legge Fini-Giovanardi. “Il nuovo assetto normativo – secondo il rapporto – si caratterizza per l’inasprimento delle sanzioni per le condotte di produzione, traffico, detenzione e uso di sostanze stupefacenti, e soprattutto per l’abolizione di ogni distinzione tra droghe leggere, come la cannabis, e droghe pesanti, come eroina o cocaina”. Secondo la relazione, “la nuova normativa non ha esplicitamente previsto la sanzione penale per la semplice condotta del consumo, ma all’art. 73 del T.U. è tuttavia stato aggiunto il comma 1-bis, che disciplina le condotte di importazione, esportazione, acquisto, ricezione a qualsiasi titolo e detenzione di sostanza stupefacente, tutte condotte che possono essere compiute tanto dallo spacciatore quanto dal consumatore”. Spetta quindi al giudice stabilire se le condotte in esame costituiscano uso ersonale o se configurino la condotta di spaccio. “Una tale configurazione della norma, in cui il criterio quantitativo assume un ruolo fortemente indiziario del reato di spaccio, accompagnata da prassi orientate verso un atteggiamento di condanna morale e di rigido divieto del consumo di droghe, può facilmente dare vita a un contesto in cui le condotte di solo consumo, e non di spaccio, possono cadere sotto i colpi della sanzione penale, di fatto punendo con la reclusione il mero consumo di droga, specie quando commesso da soggetti che non hanno gli strumenti economici e relazionali in Italia necessari per esercitare pienamente il diritto alla difesa”. Da tempo il numero di tossicodipendenti che annualmente transitano dalle carceri italiane (24.646 nel 2006, 24.371 nel 2007, per fare un esempio) è decisamente superiore a quello di coloro che transitano dalle comunità terapeutiche (17.042 nel 2006, 16.433 nel 2007). Diminuisce infatti da tempo il numero delle persone che annualmente vanno in comunità, mentre cresce il numero delle segnalazioni all’autorità giudiziaria per reati previsti dal Testo Unico sugli stupefacenti, cresce il numero delle sanzioni amministrative irrogate e la loro durata, aumentano le condanne ex art. 73 e aumentano in maniera impressionante i procedimenti pendenti per l’art. 73 (+31,5% nello stesso intervallo, +93,6% per i minorenni). Aumenta inoltre la percentuale dei tossicodipendenti tra quanti entrano in carcere (+8,4% rispetto a prima dell’indulto). I tossicodipendenti in carcere sono il 26,8% del totale dei detenuti.

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“Possiamo scoprire il significato della vita in tre diversi modi: 1. col compiere un proposito; 2. con lo sperimentare un valore; 3. con il soffrire.” VIKTOR EMIL FRANKL

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