Edizione n° 5386

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Sipontini nel mondo (ricordo di Pasquale Riccardo)

AUTORE:
Ferruccio Gemmellaro
PUBBLICATO IL:
28 Dicembre 2010
Teatro //

Pasquale Riccardo (St)La scomparsa di Pasquale Riccardo l’ho appresa in ritardo, appena giunto da Venezia a Siponto per trascorrere il periodo natalizio in un clima oltremodo mite. Alla sua memoria reitero questi due “pezzi” giornalistici a mia firma pubblicati nel 2003 dall’allora Corriere del golfo, il dignitoso periodico edito a Manfredonia la cui cessazione avrebbe lasciato veramente un malessere da vuoto nell’informazione locale, oggi del tutto risanato merito, tra le altre, di queste qualificate pagine.

Sipontini nel mondo
\…\ Pasquale Riccardo, fin dall’età di 12 anni, riscuoteva un notevole successo di piazza, nonostante le opposizioni create dagli agnostici famigliari, dovute sia per motivi economici sia per una certa mentalità diffusa negli anni cinquanta; infatti, le follie generazionali proiettate nel pidocchietto Fulgor, nelle arene Impero e San Lorenzo e nel più distinto Pesante – i cui fotogrammi del giardino estivo potevano essere carpiti dall’altura della Croce – le maniere italiane diffuse dalla nascente TV, non avevano ancora avuto il tempo di rimodellare gli animi dei genitori, se non quello d’entusiasmo spettacolare ai festival sanremesi e ai Lascia o raddoppia, non ultimo il fortunato Campanile sera, nelle cui competizioni campanilistiche concorse una squadra sipontina.

Da questa generazione, benché cresciuta in un’avversa persuasione occulta e non, sarebbero stati ugualmente proiettati, dentro e fuori Manfredonia, personaggi di richiamo, quali, per citarne qualcuno, Luciano Gatta e, verosimilmente, Lucio Dalla, senza dubbio, in loro aveva trovato sito una forte carica di perseveranza e di coraggio. La passione, le doti e, come dicevo, quella carica erano talmente veri in Pasquale, che decise d’abbandonare lo struscio in Corso Manfredi, i calci al pallone sulla spiaggia, i tuffi dal molo, i balli in terrazza, le socie carnascialesche, il gelato già da Tommasino, il castagnaccio del chiosco di Salvatore alla stazione città, gli amici e la pur sempre comoda casa, per tentare la fortuna al nord, privo di consenso paterno.

Può sembrare un messaggio diseducativo, tuttavia, grandi star pugliesi della stazza di Modugno, Arbore e Albano, avevano o avrebbero dovuto lottare ed imporsi nel rispettivo microcosmo, lasciarlo, per essere quelli che sono. Oggi, il fenomeno è inesistente, i giovani, non abbandonano più le camerette domestiche, dove ritrovano tutto il tempo e l’appoggio possibile, per qualsiasi professione artistica desiderino intraprendere; peccato, però, che, in questi anni, la corsa è affollata e che pochi detengano il talento necessario al raggiungimento del traguardo sui palcoscenici; molti, invece, l’attitudine alle raccomandazioni.

Pasquale si affidò alle sue sole forze, prestandosi anche a lavori umili, allo scopo di pagarsi gli studi di musica e canto. Il destino dei lavori umili accomuna tutti i grandi dello spettacolo agli inizi del loro percorsi; certamente, è sintomo e prova di risolutezza e ardimento, praticamente dissoltisi tra le sedicenti promesse di quest’inizio secolo, il cui motto saranno famosi è oramai entrato nella letteratura dei luoghi comuni e delle grandi illusioni, complice la TV.

Gustave Flaubert, nell’800, già riportava ironicamente che \…\ tutti i grandi uomini sono sopravvalutati. Di grandi uomini non ce ne sono, peraltro. All’età di 17 anni, Pasquale si ritrovò a Torino, una città che già andava a mostrare incomprensione per meridionali e veneti, gli immigrati del dopo guerra; una città intristita che si rispecchiava nello sguardo dei passanti, tutti lontani dalle loro terre, i soli a passeggiare per le strade di sera e lui, minorenne, rischiava d’essere rimpatriato.
Gli fu offerto un lavoro come cantante al Boite, e, appena maggiorenne, ottenne un contratto con la casa discografica milanese Tabù; vi rimase quasi un anno, conquistando una certa notorietà professionale.

Si esibì al Maxime di Como, ravvisato come una vera promessa, donde si guadagnò vari contratti per Bagdad, Beirut, Amburgo, sempre con lodevole critica. L’amore per la musicalità italiana non ha mai smarrito quel fascino che magnetizza l’auditorio internazionale e non è un evento raro che un nostro artista riceva ogni meritata lode fuori casa, vedi Adamo, prima d’essere finalmente riconosciuto in patria. Il fenomeno Pasquale Riccardo forse, sotto tale aspetto, è anomalo, poiché il successo ricevuto altrove non si è riflesso, così prorompente, in Italia. Qui occorre forse fermarci un attimo per una riflessione: sarebbe spettato ai vari conduttori di casa nostra, responsabili della presentazione di una miriade d’artisti internazionali, importare la voce del nostro, il quale, mi risulterebbe, si sia invece molto impegnato per promuovere nelle sue platee le voci dei conterranei.

Tra le tournee più significative del suo progresso, ci fu quella della Spagna, negli anni sessanta, quando la fama di Pasquale si moltiplicò per tutta la penisola iberica. Qui conobbe la compagna di vita, messicana, e con lei si trasferì in essico, per continuarvi la carriera. Nel continente americano gli arrivò il trionfo, con contratti, trasmissioni televisive e incisioni discografiche, che raggiunsero le vette dell’Hit Parade. In Messico, la sua è considerata una delle più belle voci della tradizione melodica (italiana) \…\

Premio Città di Manfredonia e Pasquale Riccardo – Non avrei creduto di trattare ancora il personaggio Pasquale Riccardo, sipontino doc emigrato in Messico, dove aveva coltivato una prestigiosa carriera per le proprie doti melodiche, riconosciute peraltro durante le tournèe in Spagna e negli Stati Uniti \…\ .

Un artista che ha fatto onore all’Italia, ma innanzi tutto a Manfredonia, dove i parenti, gli amici e i vecchi compagni attendevano da sempre che qualcuno, seppure in ritardo, si ricordasse di invitarlo per una serata a godimento esclusivo dei concittadini, ma dal sapore di una prima nazionale. La manifestazione, alfine, c’è stata, nel contesto del Premio Gargano Re Manfredi 2003; ce n’erano molti quella sera in piazza e non potevano mancare Gli indiavolati Vittorio Beverelli, Raffaele Granatiero, Mauro Minervino, reduci disponibili di quel gruppo che a cavallo degli anni cinquanta – sessanta accomunava un clan di ragazzi appassionati di ritmi che mandavano altrove le vecchie cante dei genitori.

Oltre al nostro Pasquale, si molleggiavano nel gruppo, dal ’54 al ’62 circa, Lino Castigliego il vigile,Tonino Berardinetti oggi a Genova, Tonino Ricci in Canada, Tonino Sorbo e Paolo Moscatelli a Firenze, Matteo Riccardo Teuccio prematuranmente scomparso. Studenti del Mozzillo, l’unico plesso allora esistente, appena riconvertito in statale e situato fuori città, che obbligava a lunghe e doppie scarpinate quotidiane chi proveniva, ad esempio, dalle parti della stazione. La serata, però – scusatemi il luogo comune – sotto questo aspetto è stata un’occasione mancata.

Il conduttore Piero Vigorelli ha inaspettatamente ostentato una non comprensibile improvvisazione; addirittura è chiaramente parso ignorare che Pasquale Riccardo avrebbe dovuto esibirsi, dopo il ritiro del riconoscimento Città di Manfredonia. Pasquale s’è dovuto imporre per cantare almeno una volta delle tre previste, per gli amici per la platea in attesa, ed è stato un successone.

E gli spettatori, nel riprendersi dallo sbigottimento si sono ritrovati neri e non per caso. come mi ha ironicamente suggerito Mary Armiento, nipote dell’artista, cogliendo l’evento della compartecipazione allo spettacolo dei bravissimi “Neri per caso”. Molto bello, molto emozionante – ci confida Pasquale in partenza per il Messico – e ringrazio tutti per il calore. Un’emozione speciale, veramente speciale quella che ho provato nel cantare tra la mia gente, nella mia terra… nonostante l’incidente di percorso.

Ringrazio coloro che mi hanno sostenuto – conclude – del Comune, del Corriere, della Gazzetta, Ferruccio ed in particolare l’amico Antonio che ha fortemente voluto consegnarmi di persona il premio.
Una manifestazione, infatti, voluta dall’amministrazione sipontina, uno spettacolo che, incidente a parte, reitera magnificamente e qualifica, grazie agli organizzatori e patrocinanti, la tradizione meridionale per l’arte e la cultura.

Una scenografia suggestiva, inclusa la monumentale piazza e la facciata del Duomo, una carrellata di personaggi nazionali amati dalla popolazione: Massimo Ghini, Vincenzo Mollica, Paola Pitagora, Lunetta Savino “Cettina”, Marcello Veneziani

Una riflessione, comunque, m’è doverosa, che avevo esposto in un servizio sul periodico nazionale Anni Novanta edito dalla già Casa Rebellato di S. Donà di Piave, per il quale curavo una rubrica sui Premi
Letterari.

Il Premio di poesia Arcadia Nova, giunto alla XXII edizione, inserito nel Premio Gargano Internazionale di Cultura Re Manfredi, dovrebbe essere discriminato dal palcoscenico Manfredi, comunque rubricato nel contesto, simile al convegno-dibattito Obiettivo Pace del mattino dopo ai Celestini. Il sogno del poeta, dello scrittore, è aggiudicarsi un prestigioso premio letterario. e qualora ciò si realizzi, meriterebbero tutta l’attenzione; insomma, condurre l’anonimo vincitore su un podio dovizioso di personaggi osannati dal pubblico è come fargli un torto, sminuirgli il successo, ovvero schiacciarne in partenza la notorietà, quando invece dovrebbe essere oltremodo provocata. Durante la manifestazione del Manfredi, l’inserimento dei tre poeti finalisti è stato per molti una sorta d’intervallo pubblicitario, quasi un fastidio per l’interruzione del grande spettacolo, che ha mantenuto il pienone sino alla fine.\…\


ferrucciogemmellaro@yahoo.it

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