Sorprende la “stecca” all’indomani di un evento di danza, che ha visto il palcoscenico barese accomunato a quelli di Roma, Milano e Parigi nell’omaggio internazionale al celebre coreografo francese. Attraverso la partecipazione di Eleonora Abbagnato, etoile dell’Opera Garnier, Massimo Murru, etoile della Scala, Alessandro Riga, primo ballerino del Teatro Comunale di Firenze e Qimin Wang, prima ballerina del National Ballet of China.
E grazie al ritorno a Bari di un protagonista proprio di quell’aurea stagione, Micha Van Hoecke. Un vero e proprio concentrato d’arte. L’alter ego di Maurice Bejart, curatore delle coreografie del suo Bolero nella versione cinematografica di Claude Lelouche, che con l’omaggio al primo maestro, Roland Petit, avvia un percorso sinergico tra il Teatro dell’Opera di Roma e lo stesso Petruzzelli. A guardar troppo all’indietro c’è da trasformarsi in aride statue di sale. L’ambizione orgogliosa di una rinascita deve far leva sul proprio passato, ma liberandosi della spocchia del “Se Parigi avess lu mer . . .”, per vestire l’umiltà ricca e consapevole di una competenza da ricostruire, soprattutto in un pubblico rimasto a lungo orfano di un patrimonio particolarmente eterogeneo.
Il Teatro ricostruito con i soldi, le ambizioni e lo spirito civico dei baresi e dei cittadini italiani è un “nuovo teatro”. Un teatro da terzo millennio, che guarda al futuro e si appresta a muoversi in contesti e ritmi decisamente più contemporanei. E’ un investimento fatto per la generazione dei propri figli, cresciuti in regime di privazione di un tale scrigno d’offerta culturale. Il Teatro di tutti, non va dimenticato, nasce e resta “Politeama” ovvero Teatro per tutti, inteso come proposta di generi vari. La sua stessa conformazione architettonica, con palchi, balconate e platea lo testimonia. Pertanto, il Petruzzelli resta ben altra cosa rispetto alla Scala, alla Fenice, al Bolshoi.
Un posto dove il tempo non si ferma. Perché il teatro non è un museo, dove il passato può essere “visitato” e “ricostruito” (Mons. F. Cacucci). Il teatro è azione, che si rinnova incessantemente su quell’altare laico rappresentato dal suo palcoscenico e attraverso quella rituale liturgia codificata nei suoi copioni. Premessa indispensabile per entrare in sintonia con i segmenti larghi di nuove generazioni, abituate più agli scaffali di Zara o H&M, che alle vetrine ordinatissime di Hermes.
E va proprio in tal senso la scommessa di lungo respiro della Direzione Artistica e della Sovrintendenza della Fondazione Petruzzelli, giocata tutta sul fronte della Contemporaneità e del Novecento, per spostare l’asse del racconto nel melodramma dall’800 al 900. Riuscendo, dopo decenni, a riportare a Bari, nonostante la penuria di risorse, l’intera tetralogia di Wagner e preparando, per esempio, il pubblico levantino alla prima grande opera commissionata per il politeama pugliese: “Lo stesso mare” composta da Fabio Vacchi e tratta dal romanzo dello scrittore israeliano Amos Oz, per la regia di Federico Tiezzi e le scene di Gae Aulenti.
O ancora, inserendo il Petruzzelli nelle celebrazioni per il centenario della morte di Gustav Mahler con un concerto sinfonico diretto da Boris Brott, e affidando alle musiche di Arvo Part il ritorno di Eleonora Abbagnato e Benjamin Pech, le etoile dell’Opera di Parigi, nella Medea coreografata da Davide Bombana. Avvalendosi sempre dei tecnici e dell’Orchestra della Fondazione Petruzzelli.
Né pennacchio né bandiera. Il Nuovo Teatro Petruzzelli è tornato ad essere cuore pulsante per la città. Un cuore che batte per tutti. E che è giusto che ciascuno senta un po’ suo. In tal modo, riuscirà a difenderlo meglio e a promuoverlo certamente con più passione.
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