Uno dei due vincitori del premio Nobel per la pace 2018 è un ginecologo congolose, Denis Mukwege, famoso oltre che per aver denunciato nel 2012, con un discorso alle Nazioni Unite, il dilagare della violenza sessuale in Congo durante i 16 anni della Repubblica democratica, anche per aver letteralmente ricucito migliaia di queste donne, arrivate nel suo ospedale in Sud Kiwu, in condizioni disumane, con corpi abusati, lacerati, stuprati e nel peggiore dei casi distrutti dalle torture. Violenze che non hanno risparmiato neanche l’innocenza delle bambine, violate e mutilate.
Il premio nobel, Denis Mukwege, con le sue dichiarazioni, ha avuto, tra i tanti meriti, quello di portare sulla ribalta mediatica internazionale una pagina raccapricciante che racconta come in soli tre anni, dal 2013 al 2016, 46 bambine, dai 2 agli 11 anni, sono state rapite di notte e violentate dalle truppe armate guidate dal deputato provinciale Frederic Batunike, adesso tutti condannati all’ergastolo. Ancora oggi, però, in Congo, migliaia di donne vengono utilizzate come armi da guerra o relegate alla schiavitù sessuale.
La violenza ha assunto dimensioni sproporzionate, l’utilizzo “politico del corpo” femminile è un cancro in metastasi che non trova la sua cura, e in questa parte di Paese, dove la povertà e le malattie sono costanti che non sempre trovano una soluzione, anche lo stupro diventa una lotta impari. Proprio per questo, Denis Mukwege non ha esitato a scagliarsi anche contro il governo congolese che a suo parere non ha fatto nulla per fermare il dilagarsi di questo orrore. Dall’autorevole tributo del premio Nobel non sono mancate parole dure verso il presidente del Congo, Joseph Kabila, accusandolo che in vent’anni di potere non ha mai fatto qualcosa per proteggere le donne.
A cura di Francescapaola Iannaccone