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“Rispetto per Federico. E per Riccardo, Giuseppe, Stefano e tutti gli altri..”

AUTORE:
Antonio Gabriele
PUBBLICATO IL:
25 Ottobre 2018
Editoriali // Manfredonia //

QUESTO si.

Rispetto. Rispetto per i morti, come ci hanno insegnato i nostri nonni, le nostre madri.

Non fosse altro che per questo, per l’umanità che dovrebbe appartenerci congenitamente, per quella corrispondenza di amorosi sensi che lega per l’eternità un figlio ai propri genitori, un fratello ad una sorella, due amanti, un cane al proprio padrone.

Ancor più se a esigere rispetto è la memoria di un ragazzo diciottenne fatto ignobilmente passare per un energumeno in preda ad una violenta ed incontenibile furia psicotica ma che in realtà sarebbe stato letteralmente massacrato da quattro agenti della polizia di stato (rigorosamente con la s minuscola) fino alla morte, in perfetto stile “macelleria messicana”.

Era l’alba del 25 settembre 2005, me lo ricordo bene, ero a venti minuti da li, ed il ragazzo ucciso si chiamava Federico Aldrovanti (scritto tutto maiuscolo), ferrarese sui 75 chili che a stento superava il metro e ottanta. Un ragazzo come tanti.

A certificare inequivocabilmente la tragedia sono le foto di Aldro (così lo chiamava chi lo conosceva) appena deceduto, i manganelli spezzati dapprima scomparsi e poi fatalmente rimaterializzatisi, le coraggiose testimonianze capaci di baipassare minacce ed inaccettabili pressioni psicologiche, le sentenze di condanna emesse dai processi e persino gli insulti reiterati nei confronti di una madre che lotta per la verità, per la memoria di suo figlio perso in un attimo, perso troppo presto.

Lo ribadiscono l’omertà e la sconcertante complicità (di cui si è macchiata persino un’agente donna)emerse dalla ricostruzione dei fatti in sede di dibattimento e pure l’unico calcio sferrato goffamente da Federico a spazzare l’aria, a colpire il nulla nel freddo di quell’alba maledetta.

Ora basta però, è stato già dato! Si restituisca ad Aldro, alla sua famiglia, ai suoi cari il dovuto rispetto; in nome dell’umanità.

Quell’umanità di cui hanno clamorosamente difettato i poliziotti in servizio allo stadio Olimpico di Roma sabato scorso. C’era la SPAL a Roma, squadra estense di cui era tifosissimo Aldro, ed il servizio d’ordine  all’entrata del settore ospiti ha tassativamente vietato l’ingresso allo stadio al bandierone storico raffigurante il volto di Federico che gli ultrà portano ovunque con loro ed alcune t-shirt con l’effige del ragazzo.

In materia di sicurezza negli stadi i regolamenti parlano chiaro: divieto assoluto di introdurre oggetti atti ad offendere, petardi, fumogeni, striscioni razzisti, vessilli ideologici, cori offensivi e discriminanti. Vietata dunque la politica, vietata ogni forma di apologia del male,vietato persino introdurre un accendino, un tappo di plastica. E va bene così, ci sta. Il passato non si dimentica, cantano spesso i tifosi giallorossi.

L’inattesa prescrizione ha indotto molti tifosi spallini a restare fuori dei tornelli, a non entrare, disertando l’incontro di calcio. Quattrocentoventidue chilometri di strada per poi non assistere alla gara, in nome di Federico.

Fa davvero riflettere la farsa andata in scena sabato pomeriggio all’Olimpico dove, di fatto, è stato decretato un totale  divieto di memoria.

Divieto di portare Aldro sul cuore, di sventolare liberamente la sua faccia pulita di ragazzo in mezzo alla sua gente, tra chi gli ha voluto bene e non dimentica.

A Roma è stato posto in atto un divieto totale d’amore senza precedenti ed in sfacciata chiave fascista!

All’improvviso, dalla curva sud, tra i tifosi romanisti spunta il volto di Federico… Ce l’hanno fatta! Federico c’è. Non lotta insieme a loro, è stato ammazzato Federico ma niente e nessuno riuscirà mai a cancellare la sua triste vicenda, men che mai la sua memoria di ragazzo. Roma e SPAL condividono questa battaglia di civiltà per la verità, ma anche questo è secondario, è un’altra storia.

Quegli agenti hanno perso la partita più importante, oltre che l’ennesima occasione di dimostrare di non essere tutti uguali, di non confondersi con quei quattro. Voi che dovreste ergervi a baluardo di legalità e buon senso, civiltà e protezione e che a volte assumete le sembianze di vendicatori della notte; prendendo vite in ostaggio e restituendo troppo spesso alle famiglie solo cadaveri su cui piangere e vegliare per un’ultima notte.

Rispetto per Federico Aldrovanti.

E per Riccardo Magherini, Giuseppe Uva, Stefano Cucchi e tutti gli altri…

Forza Roma, forza SPAL, Viva Aldro!

A cura di Antonio Gabriele,

25 OTTOBRE 2018

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