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Test psicoattitudinali ai docenti perché insegnare non è un mestiere per tutti

AUTORE:
Maria Teresa Perrino
PUBBLICATO IL:
22 Luglio 2019
Editoriali // Gargano //

Il Presidente dell’Associazione Nazionale Presidi si dice favorevole ai test psicoattitudinali, come riferito in un articolo de ‘La Tecnica della Scuola’.

Il motivo è semplice: l’insegnante è il mestiere che più si avvicina a quello del genitore-educatore e sappiamo bene, perché lo sperimentiamo sui media ogni giorno, che in questo campo difficile e di grande delicatezza ci sono molti dilettanti allo sbaraglio.

Test psicoattitudinali

Test che valutino la capacità di un docente di rapportarsi ai suoi allievi non sono mai stati eseguiti fino ad oggi nei concorsi della scuola, dalla primaria alla Università.
Si tratterebbe di sottoporre ai futuri docenti test, ad esempio, con domande a rispost
a chiusa, a crocette, valutabili dagli esperti delle scienze psicologiche secondo scale scientifiche, per avere la conferma della bontà della scelta fatta in questo campo lavorativo.
Vige infatti sulla scuola un equivoco di fondo.

Si pensa comunemente che il docente sia la persona che trasmette alle nuove generazioni la cultura, intesa come informazioni, somministrata per gradi, a partire dalla più tenera età, fino ad abbracciare la prima e la seconda adolescenza.
Niente di più sbagliato: il buon docente è quello che sa ricercare nel suo studio personale le informazioni sicuramente da trasmettere, ma informazioni che acquistano un senso solo all’interno di un sistema comunicativo dove fondamentale è la relazione fra educatore e allievo.
Una relazione che diventi finalmente chiara nei suoi scopi: non si tratta di spingere lo studente a studiare sulla base della semplice buona volontà, spesso richiamata con minacce e punizioni che lasciano il tempo che trovano, ma che attragga lo studente al piacere dello studio attraverso la testimonianza che l’insegnante riesce a dare della bellezza di quel particolare studio, di quel preciso argomento, di quell’attività.

“L’erotica dell’Insegnamento”
E’ l’erotica dell’insegnamento, di cui parla in maniera molto chiara lo psicoanalista Massimo Recalcati, nel suo libro L’ora di lezione.
L’ora di lezione è quella ora irrinunciabile ma senza costrizione, nella consapevolezza della sua carica rivoluzionaria nel cambiare aspetti stantii e abitudinari della vita e delle cognizioni.

L’ora di lezione è quella nella quale il docente testimonia ai suoi allievi che egli in quel momento desidera essere là e in nessun altro posto.

Si impara per imitazione, la mimesi, appunto, ci dice articolatamente Aristotele in una opera sul ruolo della cultura, che non vale solo per i Greci antichi – che andavano a teatro “come a scuola” – ma che spiega i meccanismi mentali universali di noi fruitori di testi teatrali, letterari, artistici.
Ci immedesimiamo totalmente nelle storie che ascoltiamo o leggiamo. Nelle quali sempre si dibatte il tema del Bene e del Male, riconoscibile attraverso i Personaggi che sono chiamati a rendere evidenti nei gesti e nelle parole i problemi etici.

Ne facciamo una certa esperienza grazie a loro.

E dopo usciamo “cambiati” dalla lettura o dalla rappresentazione teatrale.

La scuola è formazione
Nessun semplice travaso dunque di informazioni tra docenti e allievi, ma la scintilla della comprensione che attraverso l’imparare ci forma alla vita.
Come si dice oggi: formazione alla cittadinanza consapevole.
La nostra vita, infatti, si svolge sempre a contatto con gli altri e perché questo contatto sia il meno dannoso possibile occorre essere preparati alla vita in genere e alla vita sociale.
L’alunno impara essenzialmente un metodo di lavoro, che poi spenderà nella sua vita da adulto, in qualsiasi campo lavorativo.

Insegnanti all’altezza e insegnanti mestieranti
Difficile ma non impossibile trovare insegnanti all’altezza. Un bravo docente di qualunque grado di scuola ora si avvale delle sue doti naturali, dell’istinto, della intelligenza oppure comprende che la naturalezza del suo agire va integrata con studi mirati.
Chi agisce integrando attitudini naturali e studio difficilmente sarà un cattivo maestro.
Ma la pratica quotidiana ci rivela l’esistenza anche di mestieranti che dopo la laurea si aggiornano poco o niente; che, se si aggiornano perché obbligati dalla scuola, non portano novità positive nel loro stile di vita; che in percentuale da non sottovalutare sono persone che non sarebbero adatte per insegnare.
Il rancore latente delle frustrazioni accumulate nella vita e mai superate spesso si abbatte sugli ignari scolari, indipendentemente dalla bravura di costoro.
A volte è sufficiente anche la sola superficialità con cui si tranciano giudizi che segnano per sempre la vita degli allievi con il marchio della disistima, difficile da togliere, come ogni tatuaggio esteriore.
A volte paradossalmente l’incontro con un cattivo docente alimenta forze che si credeva di non possedere. Più spesso però si contano i danni, che coinvolgono l’allievo e la famiglia e il gruppo sociale di riferimento.
E allora non si forma più la persona affidata, ma la dis-informa e talora la si distrugge, con danni notevolissimi, i cui effetti si faranno sentire anche da adulti.

Spiare il lavoro degli insegnanti con videocamere?
Anche questo aspetto sarebbe stato valutato non negativamente in tempi recenti.
Si avrebbe un’arma di intervento verso quei docenti che maltrattano fisicamente e psicologicamente i bambini.
Videocamere che sarebbe opportuno estendere anche nelle scuole superiori.
Certo, mancherebbe di fatto la libertà.

E ci ritroveremmo di fronte all’eterno problema se sia più importate “la libertà senza sicurezza o la sicurezza senza libertà”, su cui argomentava già lo storico latino Tacito sul finire del I sec. A.C. In attesa di sciogliere l’arcano, la presenza di videocamere potrebbe essere vista una scelta più di transizione che definitiva.

In attesa, cioè, di una maggiore estensione di quella cittadinanza consapevole che al momento le esperienze personali delle famiglie e i fatti di cronaca registrano come manchevole negli adulti e persino negli adulti che hanno la pretesa di educare.

Maria Teresa Perrino

4 commenti su "Test psicoattitudinali ai docenti perché insegnare non è un mestiere per tutti"

  1. Concordo, ma anche i dirigenti scolastici andrebbero ugualmente selezionati. Dirigere, come insegnare, non è per tutti!

  2. Polvere insegnanti. Le frustrazioni sono inevitabili visti gli stipendi da fame. Però di sicuro da chi non cominceranno certo

  3. Questo articolo, in verità, non meriterebbe alcuna risposta: è un rilancio di argomenti triti, di considerazioni ormai scontate, nutrito di pregiudizi, screziato di riferimenti culturali sui quali tornerò in seguito. Ma è offensivo e pericoloso: sono un’insegnante e devo ribattere.
    Con tono diretto, persuasivo, la giornalista ammaestra, semplifica, dispensa soluzioni piene di buonsenso …. Un bell’abito retorico che non copre il livido rancore, il disprezzo profondo, la pervicace intenzione di screditare i docenti; un discorso ipocrita orientato a colpire la dignità professionale e umana degli insegnanti, a togliere credibilità alla Scuola. Non valgono a nobilitarlo i pensierini tratti dalla lettura di un libro di Recalcati di qualche anno fa, né il riferimento fuori contesto a Tacito, il quale quando si interrogava su sicurezza e libertà pensava alla salvezza dello Stato, dell’impero romano. Faccio inoltre notare che Tacito è da collocare nel 1° secolo dopo Cristo e non avanti Cristo, come erroneamente indicato: brutta svista. Ai miei studenti consiglio sempre di rileggere i testi che producono.

    1. Che la scuola debba fare degli studenti non teste farcite di nozioni ma teste pensanti, in modo corretto, in autonomia, mentre la giornalista lo scopre oggi, nella scuola lo si sa già, da un pezzo. Sappiamo il valore, nella relazione educativa, dell’ ”intelligenza emotiva”, siamo consapevoli del compito maieutico dell’insegnante. Dirò di più: studi e ricerche su questi temi, attualmente, sono già oltre. Quando si affronta un argomento sarebbe opportuno farlo in modo aggiornato. A questo proposito, ricordo che a “minacce e punizioni” nella scuola non vi si ricorre almeno dal ’68 in poi. Semmai sono i docenti, oggi, ad essere sovente minacciati e aggrediti.

    2. I docenti
    “Dilettanti allo sbaraglio”, “cattivi”, “mestieranti” con “la pretesa di insegnare”, che “fanno danni alla persona affidata, alla famiglia, al gruppo sociale di riferimento”, che “segnano per sempre la vita degli allievi”, che “dis-informano e distruggono la persona affidata”, animati da “rancore latente per le frustrazioni accumulate nella vita e mai superate che si abbattono sugli ignari scolari” ecc…
    Ma ci rendiamo conto dell’enormità di queste a affermazioni? Forse la giornalista non sa che per insegnare occorrono titoli di studio, anni di esperienza “sul campo”, aggiornamento e formazione pressoché continui, superamento di concorsi e selezioni; non immagina neppure a quanti giudizi si è costantemente sottoposti: degli studenti, delle famiglie, dei dirigenti, dell’intera comunità scolastica, della società, e di… opinionisti, vari e variopinti. Dunque nessuna pretesa, nessuna improvvisazione da mestierante, ma preparazione professionale curata e rinnovata nel tempo, quotidianamente verificata. I docenti studiano sempre, i giovani docenti anche di più.
    Certo i cattivi maestri ci sono, non si può negare. Sono quelli ingombranti, gli “insostituibili”, quelli che non permettono agli allievi di diventare autonomi, che raggirano gli studenti con la cattiva retorica, che in modo subdolo li fanno diventare conformi alle loro aspettative, che instillano viscidamente distorte convinzioni in menti ancora immature. Incontrarne uno è una vera calamità.
    I bravi insegnanti, invece, irradiano la loro luce quanto basta a “segnare ” la via ai giovani, a dar loro fiducia e strumenti per farli fiorire: raggiunto lo scopo, in modo naturale, si fanno da parte.

    3. Le frustrazioni e i danni.
    Ma l’autrice dell’articolo che ne sa della vita delle persone? Gli insegnanti, tutti frustrati? E lei come fa a saperlo?
    E quale vita può dirsi del tutto priva di sconfitte e frustrazioni? Nessuna, temo, forse solo quelle costruite ad arte sui social, fra foto posate e aforismi sagaci, in rete, dove chiunque sappia mettere tre parole in croce può pretendere di proporsi come opinionista, influencer, giornalista, tuttologo … nientologo!
    Con le frustrazioni, poi, si comincia presto: un cattivo voto, un rimprovero, possono turbare un adolescente non avvezzo ad essere messo di fronte ai suoi limiti e alle sue responsabilità; subentra la frustrazione e così il docente diventa “un mostro”, un odioso persecutore da cui difendersi perseguitandolo a propria volta. Se questo succede la comunità educante, gli adulti adeguati e responsabili che sono vicini ai giovani, intervengono a supporto di entrambe le parti in impasse, favorendo il pacato confronto, l’ascolto, la comprensione reciproca. Se questo non accade è la comunità-scuola che non funziona e non saranno certo videocamere o mezzi atti a “spiare” i docenti al lavoro a sanare la situazione.
    Ma la cronaca? Con i casi di maltrattamento di bambini indifesi, come la mettiamo? In realtà , quando pure vengano oggettivamente riscontrati e non siano solo titoloni sui giornali e orrende gogne mediatiche, questi casi non rappresentano la norma ma una triste eccezione, sanzionata dalla Legge.
    La cronaca del resto ci racconta anche di genitori abusanti e assassini: rappresentano forse la realtà di tutte le famiglie? No. Sono casi gravi ma isolati, certo fanno rumore ma non cambiano il fatto che la stragrande maggioranza dei genitori è amorevole e affidabile. Ugualmente i giovani: tutti bulli, picchiatori di malcapitati docenti, teppisti che danneggiano le strutture scolastiche, psicotici criminali come sembra suggerire l’orrore di Manduria? Certo che no. Forse eroi negativi di questi tempi senza bussola: allarmano, spaventano ma non sono la regola; giovani buoni, belli, seri, sani, morali, ce ne sono eccome, tantissimi.
    Quel che voglio dire è che le scuole non sono l’inferno sulla terra come rappresentato dall’articolo della giornalista Perrino, il maltrattamento non è all’ordine del giorno né mai potrebbe esserlo, vista anche la partecipazione dei genitori stessi alla vita della scuola; davvero, voglio rassicurare i lettori, fra i quali ci saranno studenti e genitori che trovo ingiusto allarmare con paure e sospetti.

    4. I test psicoattitudinali
    Beata semplicità! Come si può pensare di verificare attitudini e competenze in un ambito così delicato e complesso come l’educazione con un test “a crocette”? Test di questo tipo le effettuano i rappresentanti delle forze dell’ordine, ma i casi Cucchi, Aldrovrandi, Uva, Magherini, la tragica fine di Marco Vannini dimostrano in modo evidente che questi test non garantiscono nulla. Coloro che hanno stroncato queste giovani vite, non solo erano stati addestrati all’uso legittimo della forza, ma avevano sicuramente superato anche i test psicoattitudinali.

    5. Le videocamere per “spiare” i docenti.
    Se ne è discusso per mesi: si è concluso che esse sono impraticabili, costose, eccessive, immotivate, pericolose per la libertà d’insegnamento, attualmente in pericolo, come dimostra l’assurda vicenda dalla professoressa Rosa Maria Dell’Aria. Ma soprattutto sono inutili: nelle scuole si sta insieme, si dovrebbe lavorare insieme per qualcosa, e non contro qualcuno; si collabora, si condivide, si allena l’intelligenza critica, si educa anche al dissenso: che c’entra in questo contesto il controllo poliziesco?
    (https://www.orizzontescuola.it/docenti-intercettati-come-criminali-metodi-dindagine-da-utilizzare-a-scuola/?fbclid=IwAR2fEGCnAphbgMfd0VFzVTiCWnHrIARThh-O4YBA_dZZvvCVbfrIlmYvCpI)

    In quest’articolo si danno tanti consigli: voglio ricambiare dandone anch’io qualcuno. Quello di non giudicare prima di conoscere. Quello di non essere distruttivo nei giudizi. Quello di non diffondere odio e disprezzo.
    Si corre il rischio di finire come Edipo, l’uomo saggio, che crede di sapere tutto, che pensa di giovare alla sua comunità e che finisce, cieco e reietto, a maledire Apollo, il dio della luce, per non aver illuminato le tenebre della sua ignoranza.

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