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Processo Enichem, Cassazione respinge ricorso parti civili

AUTORE:
Giuseppe de Filippo
PUBBLICATO IL:
16 Marzo 2012
Manfredonia //

Entrata Enichem Agricoltura Manfredonia, anni '80 (ST)
Roma/Foggia/Manfredonia – PROCESSO Enichem Manfredonia: la IV sezione penale della Corte di Cassazione ha ritenuto inammissibili i ricorsi delle parti civili e del Procuratore generale di Bari, che aveva chiesto alla Corte, nell’udienza del 14 marzo di rimettere il processo presso la Corte d’Appello di Bari “ai soli fini civilistici”. La sentenza non è stata ancora depositata. Ora non preclusa la possibilità, per i ricorrenti, di procedere in azioni di risarcimenti in sede civilistica. Fra i costituitisi parte civile in Cassazione: Medicina Democratica, la CUB (Confederazione Unitaria di Base), gli eredi di Nicola Lovecchio (operaio deceduto e dalle cui denunce è partita l’inchiesta della Procura, con legale Liguori/Notarangelo di Foggia), l’avv. F.P.Sisto, Regione Puglia, Provincia di Foggia e probabilmente anche l’INAIL.

La precedente assoluzione in appello dei 12 imputati. Come riferito, il 16 marzo 2011, la III sezione della Corte d’Appello di Bari aveva assolto i 12 imputati nel processo, confermando in modo integrale il verdetto del giudice monocratico Michela Valente della sez. distaccata di Manfredonia del Tribunale di Foggia, emesso il 5 ottobre 2007 (fonte: G.Rinaldi/GC). Una sentenza contro la quale c’era stato il ricorso dell’accusa. La Procura generale, dopo la richiesta respinta di riaprire l’istruttoria dibattimentale per la disposizione di nuove perizie, aveva chiesto di riformare la sentenza di I^ grado e di condannare i 12 imputati, al contrario assolti definitivamente.

La costituzione di parte civile. Nel processo d’appello avevano insistito nella costituzione di parte civile – con la richiesta di condanna di alcuni imputati, fra i quali la Regione Puglia – il ministero dell’ambiente tramite l’Avvocatura dello Stato, Medicina Democratica, la CUB – Confederazione Unitaria di base (rappresentate e difese dall’Avv. Giuseppe Mattina del Foro di Roma, dell’avvocato Umberto Liguori di Foggia, già dall’avvocato Marina Notarangelo di Foggia) e i familiari di Nicola Lovecchio, il dipendente dell’Enichem Agricoltura, addetto al magazzino, deceduto per una neoplasia polmonare il 9 aprile del 1997.

Inchiesta della Procura partita dalla denuncia di Nicola Lovecchio. Fu proprio la denuncia di Nicola Lovecchio – nel settembre del 1996 – ad originare l’inchiesta della Procura con il successivo rinvio a giudizio di 12 imputati nel gennaio 2002. Come riportato dalla Gazzetta di Capitanata, il collegio difensivo (avvocati: Michele Curtotti, Vincenzo Tizzani, Raul Pellegrini, Maurizio e Gianfranco D’Andrea, Angelo Giarda, Mario Russo Frattasi, Antonio Caruso e Giuseppe Carboni) aveva sollecitato la conferma della sentenza di primo grado, del giudice Valente, e in subordine “il non doversi procedere per prescrizione” dei reati.

LA PRECEDENTE ACCUSA A CARICO DEI 12 IMPUTATI. Dunque, in base all’accusa, i 12 imputati avevano omesso di adottare una serie di contromisure per la limitazione dei danni causati in seguito alla fuoriuscita delle 10 tonnellate di arsenico, dopo lo scoppio di una torretta dell’impianto dell’Enichem Agricoltura. La dispersione nell’ambiente della sostanza avrebbe infatti determinato la morte di 17 persone (omicidi colposi, nonchè disastro colposo) a seguito della prolungata esposizione (6 anni – dal settembre 1976 al 1982 – il tempo di permanenza nell’aria) della sostanza. Da qui ai danni degli operai “una serie di tumori a polmoni, laringi e colicisti” con 17 decessi e 6 casi di lesioni. Complessivamente 1900 gli operai che sarebbero stati esposti all’arsenico nell’arco di tempo indicato.

LE ACCUSE – Secondo la Procura gli operai dell’Enichem “non furono informati al tempo dei rischi causati dall’esposizione all’arsenico“. Inoltre “non furono impiegati operai specializzati nelle opere di bonifica dell’area” e “non si assicurò che i dipendenti usassero maschere protettive con filtri cambiati quotidianamente e tute impermeabili a tenuta stagna; non fu monitorato cicliclamente l’ambiente per verificare i livelli di concentrazione dell’arsenico nei terreni“, nè tantomeno “fu ridotto al minimo indispensabile il numero di persone alle quali consentire l’accesso nello stabilimento“. Ma tutte le accuse – secondo la ricostruzione giornalistica – “non hanno retto al vaglio dei giudici di primo grado” ed ora in appello.

Con l’assoluzione in appello ci fu dunque la parola fine per una vicenda partita 15 anni fa (denuncia 1996 Lovecchio), ora anche confermata dal rigetto del ricorso del Procuratore generale in Cassazione che aveva chiesto di rimettere il processo presso la Corte d’Appello di Bari ai soli fini civilistici. Ma, considerando anche la casistica, le possibilità di un annullamento dalla Suprema Corte delle sentenze d’appello – confermanti i verdetti di primo grado – erano state da subito ritenute improbabili.

FOCUS GLI IMPUTATIMario Campelli, 19.08.26, di Piacenza, deceduto, già direttore dello stabilimento Enichem Agricoltura di Manfredonia quando nel settembre 1976 ci fu l’esplosione della torretta con conseguente dispersione di 10 tonnellate di arsenico; Massimo Monti, 11.06.1938 romano, “assistente per la sicurezza” dal 1974 e responsabile della sicurezza, protezione e igiene ambientale dello stabilimento di Manfredonia dal 6 aprile 1976. Paolo Visioli, 22.03.1933 milanese, direttore dello stabilimento dal 2 maggio 1979 al 28 febbraio 1982; Marcello Fulgenzi, 22.07.1942 di Manfredonia, responsabile della sicurezza e igiene ambientale tra il 1979 e il primo dicembre 1982; Mario Lanfranchi,31.10.1923, di Milano, direttore generale Petrolchimico Anic, ad poi presidente dal 23 dicembre 1981. Armando Mortara 28.05.1931 di Milano, già responsabile della gestione produzioni chimica inorganica (cui faceva capo il direttore dello stabilimento di Manfredonia) ed in seguito direttore della divisione agricoltura; Luigi Farris,20.07.1928 milanese, responsabile di sicurezza, igiene ambientale e protezione ecologica; Annibale Del Bue, classe 1910, milanese, deceduto. Amministratore delegato dell’Anic dal 10 maggio 1976; Italo Ragni, classe 1916 deceduto, romano, presidente dell’Anic dal 10 maggio 1976; Gino Pagano, 02.09.1921, presidente dell’Anic dal 12 settembre 1980 al 10 dicembre 1981. Inoltre: Luigi Ambrosi, 02.05.1929 barese, Vito Foà, 02.02.1934 milanese, in qualità di “esperti in medicina del lavoro che prestarono la loro autorevole consulenza sulle misure di carattere sanitario” da adottare nella bonifica secondo quanto recitava il capo d’imputazione iniziale.

2 commenti su "Processo Enichem, Cassazione respinge ricorso parti civili"

  1. Errore di battitura in FOCUS GLI IMPUTATI: Lo scoppio della colonna di lavaggio si ebbe nel settembre 1976 (non 1996). Bell’articolo.

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