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‘Veleni di Stato’: armi di distruzione di massa nelle acque della Puglia

AUTORE:
Giuseppe de Filippo
PUBBLICATO IL:
26 Novembre 2009
Manfredonia //
pilaatomicahaigerlochapril1945
L'atomica di Hitler (image by digilander.libero.it)

Manfredonia – INUTILE recarsi in Iraq per cercare le armi di distruzione di massa quando sarebbe stato sufficiente perlustrare le acque pugliesi. Comprese quelle di Manfredonia. Questo in sintesi il pensiero di Gianluca Di Feo, giornalista del settimanale L’Espresso, recente autore del libro “Veleni di Stato”. “Abbiamo invaso l’Iraq per cercare le armi di distruzione di massa, mentre sarebbe bastato tuffarsi nelle acque di Molfetta o di Ischia per trovarne a migliaia – dice De Feo – fuori arrugginite, dentro micidiali”. Quelle di cui parla il giornalista de L’Espresso sono “migliaia di tonnellate di bombe letali” prodotte durante l’egemonia del regime fascista. Bombe letali finite in mare “davanti Ischia e anche alla Puglia”. Bombe che proprio in questi territori continuerebbero “a seminare i loro veleni”. Il volume di Di Feo ricostruisce la storia delle armi segrete italiane, “le bombe con virus e batteri sperimentate durante il fascismo e gli ordigni chimici”. Ma nel suo testo, ‘Veleni di Stato’, Di Feo non fa solo riferimento alle armi utilizzate dalle squadriglie del Duce[1], dato che i mari e le coste italiane continuerebbero ad “ospitare ancora le bombe chimiche degli alleati che a fine guerra sono state affondate”, la maggior parte nel basso Adriatico. Gli ordigni, scrive Di Leo, sarebbero “sempre piu’ arruginite e cariche di iprite, fosgene e miscele a base di arsenico”. A queste si aggiungerebbero “le oltre 4300 grandi bombe tossiche”, per le quali si è saputo, grazie alla documentazione storica degli archivi tedeschi, che erano pari a quasi 1.316 tonnellate di veleni -principalmente iprite- ”gran parte delle quali si trovano ancora nei fondali a sud di Pesaro”. Gli americani, scrive Di Feo citando fonti documentali americane, inabissarono molte decine di migliaia di ordigni chimici ”in una ‘discarica chimica’ nel Golfo di Napoli, davanti all’isola di Ischia” (fonte: Asca). Stessa procedura utilizzata dai militari statunitensi anche in Puglia, “partendo da Manfredonia”. ”Ministri eletti dal popolo italiano e generali delle nostre forze armate hanno deliberatamente taciuto, coprendo con il silenzio -scrife Di Feo- gli arsenali nascosti nei boschi della Tuscia, dell’Umbria, della Maremma, occultando gli stabilimenti proibiti della provincia di Roma e di Milano. Una storia infinita, perche’ ancora oggi le scorie di questi arsenali non hanno trovato una tomba sicura e continuano ad accumularsi in un bosco di Civitavecchia”. Per Di Feo, la situazione messa in evidenza nel sul testo, con l’inabissamento di migliaia di ordigni chnimici nei golfi italiani, non farebbe parte di un problema passato, né tantomeno remoto, dato che le armi chimiche sarebbero state progettate “per essere immortali”, oltre al fatto che sono “cancerogene e possono anche causare mutazioni genetiche”. Ma in primo luogo, scrive Di Feo, le armi chimiche hanno la capacità di sopravvivere a   (continua nella pagina successiva)


cw_dumping (discariche sottomarine nel mondo)
Mappa discariche sottomarine del pianeta (cw_dumping)

[1] Ancora oggi, come scrive Di Feo nel suo libro, non si è riuscito a stabilire con esattezza quante armi chimiche siano state prodotte in Italia tra il 1935 e il 1945. Il piano varato da Benito Mussolini all’inizio della guerra prevedeva la costruzione di 46 impianti per distillare 30 mila tonnellate di gas ogni anno; i documenti britannici analizzati in questo libro – decine di file con rapporti segreti, relazioni diplomatiche, verbali di riunioni del governo, minute di interventi di Winston Churchill e altri atti riservati che riguardano un periodo dal 1923 al 1985 – sostengono che si possa trattare di una quantità «tra le 12.500 e le 23.500 tonnellate » ogni anno, ancor di più durante l’occupazione nazista del Nord. Si trattava di iprite, che divora la pelle e uccide togliendo il respiro. Di fosgene, che ammazza provocando emorragie nei polmoni. Di miscele a base di arsenico, che entrano nel sangue fino a spegnere la vita. A questo arsenale sterminato si sono aggiunte le armi schierate al Nord dai tedeschi e quelle importate al Sud dagli americani e dagli inglesi. L’ultimo saggio pubblicato negli Usa da Rick Atkinson sostiene che solo gli statunitensi dislocarono negli aeroporti del Sud 200 mila bombe chimiche. Fu proprio durante uno di questi trasferimenti nel porto di Bari, scrive Di Feo, che nel dicembre 1943 una nave piena di iprite esplose, contaminando acqua e aria: il disastro, “il più grave mai avvenuto nel mondo occidentale”, venne tenuto nascosto. Winston Churchill in persona ordinò di tacere, e in tal modo i feriti non hanno potuto ricevere cure adeguate. Ma dei cittadini baresi aggrediti dal gas non si è mai saputo nulla. “Quanti hanno ereditato leucemie, tumori, devastazioni ai polmoni? L’inferno di Bari è stato un danno collaterale nell’equilibrio del terrore”. Come è accaduto con le testate nucleari durante la Guerra fredda, tutti gli eserciti dovevano possedere armi chimiche per impedire che i nemici le usassero, temendo la rappresaglia. E come è accaduto per le atomiche, solo i capi di governo decidevano la sorte di queste armi che non dovevano cadere in mano agli avversari. Così fu Hitler a dare il via libera alla prima di tante operazioni nefaste: affondare nell’Adriatico oltre 4.300 grandi bombe tossiche. Grazie ai documenti degli archivi tedeschi sappiamo che si trattava di 1.316 tonnellate di testate all’iprite, gran parte delle quali si trovano ancora nei fondali a sud di Pesaro. Dopo il 1945 gli Alleati si liberarono del loro arsenale di gas e di quello catturato agli sconfitti. I files dell’US Army – documenti in parte ancora segreti – rivelano che molte decine di migliaia di ordigni chimici vennero inabissati in una «discarica chimica» nel Golfo di Napoli, davanti all’isola di Ischia. Lo stesso è accaduto in Puglia, partendo da Manfredonia, dove altre decine di migliaia di testate con veleni made in Usa furono annegate.

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